rotoloni, caffè, ghiaccio, pesce. La mafia fa affari

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PALERMO – Rotoloni di carta, piatti e bicchieri di plastica, caffè, pesce, frutti di mare e ghiaccio. Nei nostri negozi e nelle nostre case è altissima la probabilità di avere merce venduta da Cosa Nostra. I boss – tra un’estorsione e l’arrivo di un carico di droga – hanno diversificato gli affari e impongono i prodotti della mafia a molti commercianti di Palermo.

Gli affari della mafia

Giuseppe Di Maio e Antonino Seranella, due dei 181 arrestati nell’ultimo blitz dei carabinieri, avevano la delega a gestire gli affari della famiglia di Palermo Centro. Con le buone o con le cattive. Chi non era d’accordo veniva portato al cospetto di chi comanda. All’inizio lavoravano solo nel mercato Ballarò ma, giorno dopo giorno, si sono spinti in altre zone della città. “In tutto Palermo”, diceva Di Maio.

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La città è piena di rotoloni di carta. Si trovano nelle bancarelle abusive piazzate ad ogni angolo di strada o nei negozi. Non solo quelli di articoli per la casa e l’igiene. Dietro c’è la regia della famiglia di Palermo Centro, mandamento di Porta Nuova. L’attività serve a finanziare la cassa comune.

“Prendi il ragazzo e lo metti qua”: Seranella non solo imponeva a tale Francesco l’acquisto ma dettava anche le regole per la vendita. Il commerciante protestava perché aveva già cento rotoloni in deposito. Risposta chiara: “Io te li sto portando quello che vuoi fare fai ora… non lo so… dobbiamo lavorare come i tempi antichi… l’educazione non serve a niente… ricordatelo”. Era una minaccia, neppure troppo velata.

Rotoloni, piatti e bicchieri

Per vendere bene i prodotti bisognava eliminare la concorrenza, soprattutto quella dei cinesi. “Poi ce la sbrighiamo noialtri”, diceva Di Maio. Da una conversazione in cui Seranella e Di Maio facevano l’elenco di chi non aveva ancora pagato la merce si capiva che l’imposizione riguardava anche la fornitura di piatti e bicchieri di plastica. Seranella ammetteva che gli affari andavano a gonfie vele (“Che fa, non se li prendono? Tutti”. In quindici giorni avevano piazzato 1.500 rotoloni.

Intercettato a febbraio 2024 Di Maio ha allargato il campo delle indagini. “Noialtri stiamo parlando di rotoloni e caffè”, diceva parlando con il titolare di un bar nella zona della Vucciria. “Carmelù, ti sto mandando tre pacchi di caffè, baracca, lui subito e l’altro… te lo sto portando qua, a me non mi interessa… più tardi passa e gli dai i soldi”, diceva Seranella. Un tale Angelo aveva provato a ribellarsi. Non poteva vendere quel caffè di pessima qualità. Era “acqua”. Niente da fare, “nessuno si è mai lamentato”.

Altri indagati hanno deciso di puntare sulle forniture di pesce, settore che già negli anni passati aveva visto spiccare la figura del reggente del mandamento di Porta Nuova, Paolo Calcagno. Le indagini hanno ricostruito l‘ascesa sul mercato di Francesco Paolo Putano grazie, annotano gli investigatori, “all’appoggio di autorevoli espoennti mafiosi come Francolino Sopadaro” della Kalsa.

Spadaro aveva indicato a Putano la strada per il commercio dei ricci congelati provenienti dal Marocco, sfruttando la sua amicizia con un fornitore di Porticello. Gli affari iniziarono a funzionare. “A tutti gliele ho date qua. Qua tutte cose io. Pure alla pescheria li porto”, diceva Putano con soddisfazione nell’agosto del 2023.

Putano si era allargato in altre zone della città, creando malumori fra i concorrenti. Ad uno di essi faceva capire che avrebbe dovuto rassegnarsi: “Le ho detto: “Zu Pinù, ormai mi sto allargando”. Con la scarcerazione di Tommaso Lo Presti, il pacchione, di Porta Nuova, il più influente fra i boss arrestati nel blitz, pensava di espandersi ancora di più imponendo i suoi prodotti non solo alle pescherie ma anche ai ristoranti: “Lui è fuori basta che a noialtri ci abbina cinque-sei ristoranti, siamo a posto. Siamo a cavallo”.

Nel frattempo proseguivano il giro di consegne nei mercati Ballarò e Capo, a Villa Tasca, in corso Calatafimi e pure a Brancaccio. Le microspie hanno intercettato Putano mentre discuteva di affari con un grosso fornitore di Sciacca: “Io mi sto affidando a te. Devi mangiare tu e devo campare io… noi qua a Palermo possiamo fare tutto quello che vuoi… qua arrivi con un tir di pesce, qua la minchia non te la caca…” .

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La scarcerazione di Tommaso Lo Presti sarebbe coincisa con la sponsorizzazione dell’impresa del genero che commercializza ghiaccio. Si era fatto il giro in “tutta via Maqueda” e le persone, i commercianti, si erano “messe a disposizione”.

C’è un capitolo attualissimo nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Pochi mesi fa si discuteva dell’apertura di una discoteca in un paese costiero della provincia. Lo sapeva anche Nunzio Serio, reggente del mandamento di San Lorenzo, a cui sarebbe stato chiesto il permesso visto che il locale ricade nella zona di sua competenza.

A proposito di Nunzio Serio. Il boss avrebbe dato il via libera per imporre ai ristoratori di Mondello e Sferracavallo il pesce e i frutti di mare da Giuseppe Lo Coco e il ghiaccio da Salvatore Randazzo.

Le microspie hanno intercettato Amedeo Romeo, influente mafioso di Tommaso Natale, mentre faceva il giro dei ristoranti per parlare con i titolari: “Ora vengo con il ragazzo (Lo Coco ndr) cozze, vongole, che c’ha tutte cose”; “Stiamo venendo con cozze, vongole, fasolari, cannolicchi”.

“Ma a noi altri per ora non ci serve niente… due chili di cozze, tre chili di cannolicchi”, diceva uno dei ristoratori. La risposta di Romeo sapeva di imposizione: “… e vabbè ti prendi per ora una minchiata…dobbiamo cominciare adagio, adagio”.

“La mattina ci alziamo… si leva il sole… ci dobbiamo guadagnare il pane tutti… sta ripartendo con le cozze e vongole… il ragazzo… massima educazione”, spiegava Romeo ad un altro ristoratore molto più malleabile. “Siamo tutti sulla stessa barca”, diceva.



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