così il governo ostacola i soccorsi

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Il decreto Piantedosi, il decreto flussi e la pratica di assegnazione dei “porti lontani” sono i tre modi con cui l’esecutivo ha reso più complicato per le navi delle organizzazioni della società civile pattugliare il Mediterraneo. “Un porto lontano è un soccorso negato” mostra il costo umano ed economico delle misure di criminalizzazione introdotte

Prima dell’applicazione del decreto Piantedosi, titolato “disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”, la nave di Sos Mediterranée Ocean Viking soccorreva in media 278 persone a missione. Dall’inizio del 2023, la media è scesa di oltre la metà: 128 persone, di cui 143 nel 2023 e 114 nel 2024. Nei due anni di applicazione del decreto 4.225 persone sono morte nel Mediterraneo Centrale: «Il costo umano della politica sconsiderata di disimpegno dalle attività di ricerca e soccorso da parte degli stati costieri – Italia e Malta – e della continua criminalizzazione degli attori della società civile».

Sono solo alcuni dei numeri raccolti dall’ong Sos Mediterranée nel rapporto “Un porto lontano è un soccorso negato”, presentato il 12 febbraio alla Camera dei deputati. Oltre «all’investimento in accordi vergognosi con paesi terzi come la Libia e la Tunisia, per bloccare le migrazioni nel Mediterraneo centrale», scrive la ong, il governo ha affiancato «una politica di attacchi e criminalizzazione contro gli attori della società civile».

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Con quali strumenti? Primo tra tutti il decreto Piantedosi (1/2023), il decreto flussi e la pratica di assegnazione dei “porti lontani”. Cioè la prassi delle autorità italiane di assegnare alle navi della flotta civile di salvataggio in mare non il porto sicuro più vicino, ma porti che «possono trovarsi fino a quattro giorni di navigazione» dalla posizione della nave. Ravenna, Ancona, Ortona, Genova, Livorno, sono alcuni dei porti assegnati.

Distanze e costi

«Non sappiamo quante vite abbiamo perso», ha detto alla Camera la direttrice generale dell’ong Valeria Taurino, «ma possiamo dire che la prassi di assegnare alle navi delle ong attive nel Mediterraneo porti di sbarco lontani» ha portato a «un totale di 63mila chilometri inutilmente percorsi solo per la Ocean Viking, 135mila in totale, tre volte e mezzo quasi il giro del mondo. L’obiettivo è chiaramente tenerci lontani dalle zone di soccorso».

Più di due anni «di navigazione inutile»: le navi delle ong, secondo i dati del rapporto, sono state obbligate a navigare da e verso porti lontani per 735 giorni, tolti ai salvataggi, per un totale di 275mila chilometri dal luogo di salvataggio. Una prassi che si pone in conflitto con il «diritto marittimo internazionale che impone di portare le persone in un luogo di sicurezza non appena sia ragionevolmente possibile», sottolinea l’organizzazione, «con la minima deviazione dal viaggio della nave». Solo la Ocean Viking, negli ultimi due anni, ha speso 171 giorni di navigazione da e verso porti lontani. 

Essere costretti su un’imbarcazione per più giorni rispetto a quelli strettamente necessari, dopo un salvataggio, ha «un effetto dannoso sulla salute fisica e mentale di persone già stremate dal viaggio», continua il rapporto. 

In una missione del marzo 2024, l’equipaggio della Ocean Viking si è trovata a soccorrere 25 persone in fin di vita, che hanno raccontato di essere partite dalla Libia una settimana prima in circa 85. In attesa dei soccorsi sono morte 60 persone. Dopo altre due operazioni, la nave della ong ha salvato un totale di 361 persone in due giorni, costrette a sopportare altri quattro giorni di navigazione a causa del porto di sbarco assegnato: Ancona. Solo le pressioni politiche hanno permesso di far sbarcare i naufraghi del primo salvataggio a Catania, ricorda il rapporto, mentre gli altri, compreso un bambino di 8 anni che viaggiava da solo, sono stati costretti a «ulteriori difficili e stancanti giorni in mare». 

Questa prassi ha però un ulteriore effetto: aumenta i costi di gestione delle operazioni in mare. Sbarcare in un porto lontano rispetto al luogo di salvataggio «ha comportato un costo aggiuntivo di 1,3 milioni di euro per la Ocean Viking nell’arco di due anni», denuncia l’ong, che si riferisce solo al costo del carburante. Risorse che «avrebbero potuto essere impiegate per finanziare ulteriori missioni di soccorso».  

I fermi amministrativi

C’è un altro modo con cui il governo ostacola la capacità di salvataggio delle navi delle organizzazioni della società civile: il fermo amministrativo. Dall’introduzione del decreto Piantedosi, nei confronti delle ong sono stati emessi 26 provvedimenti di fermo, che hanno interessato dieci navi (14 nel 2023 e 12 nel 2024) per un totale di 640 giorni di detenzione alle navi. Di questi, precisa Sos Mediterranée, 535 sono stati effettivamente scontati, mentre in quattro casi è stato revocato prima del decorso dell’intera durata del fermo.

Tra i principali motivi dei provvedimenti amministrativi, l’accusa da parte delle autorità italiane di non aver rispettato le istruzioni della cosiddetta Guardia costiera libica, un attore, sottolinea il rapporto, «le cui violazioni dei diritti umani sono ampiamente documentate». Ha evidenziato l’Alto rappresentante Onu per i diritti umani: l’autorità libica è «collusa con il traffico di migranti nel paese», che – continua Taurino – «non è un paese sicuro» e per questo l’ong non riconosce l’autorità della sedicente Guardia costiera libica.

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Un secondo elemento con cui viene motivato il fermo è il salvataggio multiplo, per la prima volta vietato dal decreto. Un obbligo che contraddice un altro obbligo del capitano «di prestare assistenza alle persone in difficoltà, come sancito dalla convenzione Onu sul diritto del mare». 

Di fronte alla «formalizzazione dei procedimenti amministrativi», ha spiegato l’avvocata Francesca Cancellaro, «bisogna difendersi in tribunali lontani» con i relativi costi. Nei tribunali però, ha sottolineato l’avvocata, ci sono stati buoni risultati: diversi provvedimenti stanno annullando i fermi disposti. Cancellaro e l’ong confidano «nella pronuncia della Corte costituzionale» (l’udienza sarà a fine maggio), adita dal tribunale di Brindisi, dopo aver sospeso il fermo amministrativo inizialmente disposto contro la Ocean Viking. 

«La sanzione del fermo amministrativo», ha spiegato Cancellaro, «così come è concepita, è una sanzione sproporzionata». E aggiunge: «Il decreto Piantedosi è una legge criminalizzante dell’attività delle ong come non si era mai vista».

Propaganda 

La narrazione del governo che vede la guerra alle ong come strumento per fermare il flusso di migranti «è assolutamente falsa», conclude Sos Mediterraneé. A provarlo il fatto che nel 2023 e 2024 solo l’11 per cento delle persone arrivate sulle coste italiane è stato salvato da una nave delle ong.

Ma «la propaganda del governo» ha come unico obiettivo quello di ridurre la presenza in mare, anche rendendo insostenibili le operazioni sul piano economico, e pian piano eliminare gli occhi che hanno ancora la possibilità di testimoniare quello che accade nel Mediterraneo.

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