Il dossier Trenitalia fermo al palo, Salvini in ritardo pure sulle nomine

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Matteo Salvini non riesce a far arrivare in orario né i treni né le nomine. Il dossier Ferrovie è l’ennesima dimostrazione di una gestione che somiglia più a un assedio che a un’amministrazione. La partita delle nomine nelle aziende partecipate si gioca sulla solita scacchiera della destra italiana: scontro di potere e ripicche.

Il ministro dei Trasporti aveva il suo piano ben delineato: Gianpiero Strisciuglio, attuale amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), sarebbe dovuto passare alla guida di Trenitalia, mentre Aldo Isi, oggi ad di Anas, avrebbe preso il suo posto in Rfi. Uno schema semplice, studiato a tavolino per consolidare l’influenza della Lega nel settore ferroviario. Ma c’era un ostacolo: la legge. Il decreto legislativo 112/2015, che recepisce una normativa europea, vieta il passaggio diretto tra un’azienda che gestisce l’infrastruttura (Rfi) e una che la utilizza (Trenitalia). La regola esiste per un motivo banale: evitare conflitti di interesse.

Il blitz leghista e il muro della burocrazia

Il problema è che il blitz leghista non è passato inosservato. Il ministero dell’Economia, che controlla Ferrovie dello Stato, ha bloccato tutto e chiesto il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Anche i funzionari del ministero guidato dallo stesso Salvini si sono rifiutati di avallare una scelta che violerebbe la normativa. Il deputato del Partito democratico Andrea Casu ha portato la questione in Parlamento, mettendo in difficoltà il governo.

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Lo stallo ha creato un fastidioso contrattempo a Salvini, che vede vacillare i suoi piani. Se la nomina di Strisciuglio salta, crolla l’intero castello: Isi resterebbe ad Anas, e Trenitalia rischierebbe di finire nelle mani di un nome più gradito a Fratelli d’Italia, come Sabrina De Filippis, attuale ad di Mercitalia Logistics. Per Salvini sarebbe una disfatta: perdere un pezzo di potere nelle partecipate significa perdere peso politico dentro la maggioranza.

A rendere la situazione ancora più ingarbugliata c’è la figura dello stesso Strisciuglio. È l’uomo che ha guidato Rfi in quello che è stato forse il periodo più disastroso per la rete ferroviaria italiana: ritardi cronici, infrastrutture in affanno, intere tratte bloccate da problemi tecnici. Eppure, secondo il ministro, sarebbe l’uomo giusto per guidare Trenitalia.

Le ripercussioni politiche e l’eterna lotta per il potere

Ma le nomine nelle aziende di Stato non sono mai semplici esercizi di strategia partitica. Hanno ricadute concrete sull’efficienza dei servizi pubblici, sulla competitività del settore e sulla percezione dell’affidabilità del governo. Un’azienda come Ferrovie dello Stato, che gestisce un’infrastruttura fondamentale per la mobilità nazionale, non può permettersi una paralisi gestionale causata dalle solite lotte intestine. Il rallentamento decisionale genera incertezza, e l’incertezza si traduce in inefficienza. Nel frattempo Ferrovie ha verificato che non ci sia il superamento del vincolo. La norma non vieta che questo passaggio si possa fare, bisogna solo accertarsi che la persona che passa alla società che gestisce il traffico ferroviario non abbia preso determinate decisioni che sono previste dalla norma come vincolanti. La norma non parla di ruolo, parla delle decisioni, dell’attività in concreto, ed è questo che è stato verificato.

Le altre nomine

Nel frattempo, il braccio di ferro tra Salvini e Meloni si gioca anche sulle altre nomine strategiche. Il rinnovo dei vertici di Fincantieri, Snam, Invitalia e Ansaldo Energia è all’orizzonte, e ogni posizione conta. Per la Lega, mettere le mani su Trenitalia significa mantenere un piede saldo in un settore che muove miliardi di euro l’anno. Per Fratelli d’Italia, frenare Salvini su questo fronte è una questione di leadership e controllo della macchina statale.

Fratelli d’Italia osserva e attende. Nel gioco delle partecipate, ogni nomina bloccata diventa un’opportunità per piazzare una pedina più vicina alla premier. Il ministro Francesco Lollobrigida preferirebbe una soluzione diversa, e il pantano creato da Salvini potrebbe finire per favorire proprio il partito della premier. Perché se c’è una cosa che la destra italiana ha imparato è che le poltrone, come i treni, quando passano vanno prese al volo. E nel frattempo, i treni continuano ad accumulare ritardi. Così come le nomine.



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