Milano, Lombardia – A dicembre 2022, la Regione Lombardia ha approvato una delibera che stabilisce le procedure di emergenza per il rischio radiologico e nucleare. Un atto che potrebbe sembrare una semplice misura di prevenzione, ma che solleva interrogativi inquietanti: perché proprio ora? Perché includere riferimenti a scenari di terrorismo o incidenti industriali?
A due anni dall’approvazione, il piano regionale ha portato alla creazione di depositi di ioduro di potassio e a corsi di formazione per operatori sanitari. Ma cosa c’è dietro questa strategia? Di fronte a esercitazioni, protocolli di emergenza e persino aziende pronte a vendere kit di sopravvivenza da oltre mille euro, la domanda diventa sempre più urgente: stiamo davvero entrando in un’era in cui il rischio nucleare non è più solo una minaccia astratta, ma una possibilità concreta?
Lo abbiamo chiesto a Vittorio Agnoletto, politico, medico e attivista per la pace: «Il testo – ci spiega – non nomina ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere particolarmente furbi per notare che questa delibera è stata approvata esattamente dieci mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e riprende una direttiva dell’Euratom che esisteva già da tempo: la numero 59 del 2013».
Quali sono le caratteristiche di questo atto e quali effetti ha avuto a due anni dalla sua approvazione?
Questa è una delibera a 360 gradi, tant’è vero che contiene quattro allegati. Il primo allegato è relativo alla “Linee di indirizzo regionale per la gestione delle emergenze radiologiche nucleari” e dà tutte le indicazioni agli ambiti sanitari su come devono muoversi. Il secondo allegato tratta delle “Indicazioni per il campionamento di matrici alimentare di origine vegetale e acque destinate al consumo umano, nel caso di emergenze radiologiche e nucleari” e il terzo contiene le “Indicazioni per la protezione e il controllo degli animali produttori di alimenti e il controllo degli alimenti per animali e di quelli di origine animale destinati al consumo umano”.
Il quarto e ultimo allegato dà le “Linee di indirizzo regionali per la gestione ospedaliera di persone esposte a irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ed eventuali emergenze radiologiche”. Vengono presi in considerazione tutti gli aspetti che possono verificarsi in caso di una contaminazione nucleare e sono fornite indicazioni precise alle ATS, alle ASST, agli ospedali e all’ARPA; in ogni ATS si precisa chi deve coordinare l’azione da un punto di vista sanitario e i diversi ruoli che dovranno svolgere gli operatori di queste strutture.
Alla fine di ottobre del 2023 subentra una seconda delibera – “Approvazione di schema di intesa tra regione Lombardia e Ministero della Salute per la custodia e messa in disponibilità di antidoti nei depositi regionali di regione Lombardia” – che istituisce 30 micro depositi sparsi nel territorio regionale dedicati allo stoccaggio di milioni di compresse di ioduro di potassio.
È così. Lo ioduro di potassio dovrebbe proteggere la tiroide dell’assorbimento di iodio radioattivo emesso in seguito a un incidente nucleare, però chiunque sa che le conseguenze sul corpo umano in caso di un’esplosione nucleare non si fermano certo alla tiroide e non dipendono solo dallo ioduro di potassio: vi possono essere problematiche che riguardano anche cesio, plutonio e altri isotopi. Le conseguenze causate da alcuni isotopi radioattivi possono coinvolgere anche uno spazio situato a centinaia di chilometri di distanza da dove si verifica la tragedia nucleare.
Come procede in seguito la direzione generale del welfare della Lombardia?
Passa ancora un anno e arriviamo al novembre del 2024, quando la direzione generale del welfare della Lombardia organizza un corso intitolato “Procedure regionali per l’emergenza radiologiche e nucleari” che è rivolto agli operatori di Regione Lombardia, dell’ARPA e dell’ATS; inoltre la Regione invita tutte le ATS a organizzare un corso simile. Non è un caso che il primo incontro venga organizzato dall’ATS di Brescia attorno a metà dicembre e sia rivolto sempre al personale delle istituzioni citate prima.
Attenzione perché se andiamo avanti così emerge un rischio di guerra nucleare con tutto quello che comporta
Perché non è un caso?
Perché in provincia di Brescia vi è la cittadina di Ghedi, dove sono stoccate delle bombe nucleari che non sono oltretutto neanche gestite dall’Italia, ma dagli Stati Uniti nel quadro di una collaborazione NATO.
Che cosa vuol dire questo?
Questo significa che, in caso di guerra nucleare, Ghedi diventa immediatamente un obiettivo.
Sono state poi individuate le strutture capofila?
Certo. E per quanto riguarda Milano, la struttura capofila per gestire soggetti potenzialmente esposti alle radiazioni, nonché soggetti provenienti da zone limitrofe, è l’ospedale di Niguarda. In questo caso non ho nulla da criticare rispetto all’azione dell’assessore al welfare. È compito delle istituzioni provvedere alla protezione di chi abita il territorio e quindi da questo punto di vista la regione sta prendendo le precauzioni che è in grado di assumere. Noi sappiamo che nel caso di una guerra nucleare servono a poco, ma non critico la scelta di attivare questo tipo di interventi di protezione. Siamo comunque di fronte a un’indicazione nazionale proveniente dal governo, non è una scelta unicamente della regione Lombardia.
Significa che chi ci governa ha messo in considerazione che uno degli scenari del prossimo futuro possa essere quello del conflitto nucleare?
Certamente. Perché altrimenti non si sarebbero mossi immediatamente dal dicembre del 2022. Infatti le armi nucleari a Ghedi ci sono da ben più che due anni. Queste delibere lombarde sono la conferma di quello che noi pacifisti continuiamo a dire, ossia “attenzione perché se andiamo avanti così emerge un rischio di guerra nucleare con tutto quello che comporta”. Ricordiamo quanto diceva Einstein: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre».
Quindi questo che cosa vuol dire?
Significa che non siamo solo noi pacifisti a dire che sussiste il pericolo di un conflitto nucleare. Anche chi ci governa ne è consapevole e mette in conto questo possibile rischio. Solo che tale rischio è dovuto anche alle scelte che stanno facendo e che hanno fatto e che faranno quelli che stanno governando. Quindi loro sono una delle cause di questo pericolo e anziché fermarsi e modificare le loro scelte politiche danno indicazioni per attivare precauzioni che, tutti sappiamo, sarebbero comunque insufficienti.
In questa situazione quasi contemporaneamente è avvenuto un altro fatto.
Il 16 dicembre 2024 un’azienda ha comprato una pagina intera del Corriere della Sera – quindi ha pagato una bella cifra – per annunciare che, a partire dal febbraio 2025, quindi adesso, metterà a disposizione un kit per i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari al modico prezzo di 1200 euro. La paura della guerra diventa strumento per moltiplicare i propri profitti attraverso una pubblicità destinata a sua volta ad aumentare la paura del conflitto.
Dunque morte, profitto, paura sono tre elementi fondamentali dell’attuale narrazione dominante?
Questo è lo scenario. Vi è anche chi alimenta la paura per specularci sopra politicamente e/o economicamente. Ho riflettuto molto se rendere pubblico tutto questo, perché io non voglio diventare a mia volta uno strumento per creare paura. Poi però ho pensato che era un dovere civile spiegare quello che sta accadendo, perché questo può aiutare il movimento pacifista.
Oggi possiamo dire “non accusateci più di raccontare delle storie e non accusateci di creare falsi allarmismi, infatti la situazione è talmente seria che voi stessi, che siete al governo, avete dato ordine di fare tutto quello che ho raccontato fino adesso”. La mia scelta di rendere pubblica questa vicenda ha come obiettivo quello di cercare di aumentare la consapevolezza dei rischi che stiamo correndo e quindi di dare uno strumento in più al movimento pacifista.
Aggiungiamo che a Brescia si è formato ed è attivo da tanto tempo un comitato che lavora su questi argomenti, che ha mandato una lettera al prefetto di Brescia per sapere quali piani di prevenzione a livello territoriale sono stati presi per proteggere la popolazione così come previsto dalla legge. Qual è la risposta?
Il comitato ha chiesto di ricevere i piani di prevenzione territoriale attuali aggiornati o in mancanza di essi almeno quelli precedenti. Non è arrivato nulla. Le istituzioni hanno invece il dovere di preparare la popolazione su come ci si deve comportare in caso di un incidente nucleare. Questo in generale; nella zona di Brescia a maggior ragione per gli ordigni nucleari che sono presenti e quindi questi piani di protezione e di evacuazione dovrebbero essere pronti da tempo.
Aggiungo che oggi è ancora più importante dare queste informazioni di quanto lo poteva essere anche solo un mese fa, perché oggi il nostro governo ha scoperto le carte e ha detto chiaramente che ha intenzione di rilanciare il nucleare e i rischi, seppure differenti, ci possono essere anche con un utilizzo del nucleare civile.
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