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Provocatorio, dissacrante, eretico, spregiudicato: e straordinariamente geniale, di almeno vent’anni sempre in anticipo sui tempi e le tendenze. Ti presentavi al telefono dichiarandoti giornalista e lui: nessuno è perfetto. Bussavi alla porta annunciandogli un problema e ti rassicurava: cosa sarebbe la vita senza problemi? Una noia mortale.
Per questo Oliviero Toscani disprezzava gli adulatori, preferendo le chiassose tavolate dalla Clemy, sulle colline trevigiane, con persone capaci di fargli cambiare idea, di fargli vedere un punto di vista ancora diverso dal suo. Un occhio capace di individuare sempre un quadrifoglio nel prato di Fabrica: «Ancora non sappiamo come facesse» raccontano i suoi collaboratori di allora.
«Ero asino a scuola – spiegava – ma sono sempre stato un ragazzo un po’ eccentrico, uno che voleva vedere le cose da un’angolazione diversa, sempre fuori dai binari, dalla normalità, dagli stereotipi».
Lui e i manager, un rapporto difficile
Per questo suo carattere non aveva vita facile con i manager che, nei quasi vent’anni trascorsi alla direzione creativa delle pubblicità Benetton, si sono alternati. «Costa troppo» sibilavano questi «mona-ger», ma Luciano Benetton taceva e dunque dovevano lasciarlo fare. Così il fotografo-creativo ha potuto fare ciò che ha voluto, dando le ali al brand dei maglioni e trasformandolo in un fenomeno mondiale.
Con il Signor Luciano si erano sentiti anche pochi giorni fa e la conversazione, con un filo di voce, lasciava trasparire la sua voglia di uscirne fuori, magari con uno dei suoi geniali colpi di scena.
Ma questo creativo che usava la fotografia quale messaggio, nato a Milano e cresciuto in Toscana, non è stato soltanto il geniale creativo delle campagne Benetton.
Le campagne storiche di Oliviero Toscani per Benetton: la fotogallery
Che carriera, partendo da Don Milani
Giovanissimo, dopo gli studi a Zurigo all’Università delle arti, va a conoscere nel 1963 don Lorenzo Milani e la Scuola di Barbiana: in una canonica isolata tra i monti del Mugello, senza luce e senza acqua, si affeziona a questo sacerdote eretico, allontanato dalla Chiesa. Offre lezioni di fotografia agli allievi, portando quest’esperienza nel suo cuore per sempre.
Dieci anni dopo, non ancora così affermato, firma la pubblicità dei Jeans Jesus: il tondeggiante lato B della modella Donna Jordan avvolto negli attillatissimi shorts e il claim «Chi mi ama mi segua». Farà arrabbiare Pasolini.
«Quando ho iniziato non ero sicuro che avrebbe funzionato» dichiarò molti anni dopo. «Non puoi essere sicuro quando fai una cosa che è veramente creativa. La creatività non ha sicurezze».
Benetton, via Fiorucci
Dieci anni dopo Elio Fiorucci gli presenta Luciano Benetton e tra i due è autentico colpo di fulmine. La prima pubblicità firmata Toscani, con l’agenzia francese Eldorado, è «Tutti i colori del mondo» (1984) e ritrae un mondo multirazziale: un messaggio che incarnava perfettamente lo stile a colori introdotto dai maglioni democratici. Il brand viene battezzato United Colors of Benetton e diventa uno dei dieci più conosciuti al mondo.
Le sue dissacranti campagne fotografiche fanno discutere e piacciono. Soprattutto, fanno vendere tanti maglioni in tutto il mondo.
A Treviso si trova benissimo: le serate alla Colonna, da Nano a Visnadello o da Nino a Fonte Alto aiutano a creare quel clima straordinario che fa di Treviso una delle capitali mondiali della creatività, anche se la città se ne accorge pochissimo.
Per Fabrica, il centro di ricerche inventato nel 1993 da Toscani e sostenuto da Benetton, passano creativi da tutto il mondo, incoraggiati dal primo direttore, il visionario regista americano Godfrey Reggio.
Fabrica e la campagna trevigiana
Sembra di stare in una Manhattan immersa nella campagna trevigiana. Gente come Jaime Hayon, Adam Broomberg, Carlos Casas, Francis Kuipers, Marco Morosini, Renzo di Renzo: musicisti, designer, registi, creativi s’incontrano in questo luogo extraterritoriale e terminano le serate nelle osterie sulle colline. Memori di quell’esperienza si fanno chiamare, ancor oggi che bazzicano il mondo, “fabricanti”.
Le campagne di Toscani irrompono nel mondo della pubblicità, facendo impallidire i benpensanti e le grandi agenzie internazionali, che non capiscono come da una piccola città di provincia possa uscire questa roba, coraggiosa e irriverente: il sacerdote che bacia la suora, il palestinese abbracciato all’ebreo, il chicco di riso nel palmo di mano nero, il condom gigante (ventidue metri) che avvolge l’obelisco di place de la Concorde nella giornata mondiale contro l’Aids, i detenuti condannati a morte nelle carceri americane, il bimbo bianco allattato al seno di una donna bianca, il malato di Aids morente sul letto.
Le battaglie civili
«Io mi sono battuto per i diritti umani, per l’uguaglianza, contro il razzismo e il conformismo: se tutto questo ha scatenato polemiche, sono contento di averlo fatto» confida Toscani nel 2012 a Luca Sommi in un libro intervista. E a proposito del suo andare controcorrente: «Io faccio il contrario di cioè che le tendenze, le mode, le ricerche di mercato ti dicono di fare per ottenere il consenso. Credo che sia molto più interessante andare sempre dalla parte opposta di dove vanno tutti, almeno lì sarai solo. Quindi molto più interessante e visibile. Non sarai uno dei tanti pecoroni del gruppo che seguono le mode e si conformano con la mediocrità di chi è così. Non sono mai stato condizionato dalla ricerca ossessiva del consenso, che porta diritto alla mediocrità». E ai giovani: «Domandati veramente se hai qualcosa di nuovo da dire. E se non ce l’hai, devi cercarlo e devi trovarlo. A tutti i costi. Perché tutti noi abbiamo qualcosa di nuovo da dire».
Anche quando nel 2000 lascia una Benetton che non sente più innovativa, non manca di suscitare l’ira funesta: «I veneti sono un popolo di ubriaconi» dirà in una trasmissione. Apriti cielo. Denunce, polemiche, interrogazioni parlamentari. Ma viene assolto.
Lucianone e l’amico geniale
Nel 2018, in una Benetton profondamente diversa da allora, Luciano Benetton lo richiama in servizio per una breve stagione, che non produrrà gli effetti della prima. Viene messo alla porta dopo una frase sul crollo del ponte Morandi («Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola»). Il rapporto di amicizia con il Signor Luciano, tuttavia, è nel messaggio per gli 80 anni del fotografo, un paio d’anni fa.
«Al mio amico geniale, quello che mi ha convinto a mettere un preservativo su un obelisco in Place de la Concorde, a spogliarmi nudo per una campagna sul riciclo dei vestiti, ad aprire un centro di ricerca per artisti, a fare una rivista dedicata esclusivamente alla cacca e a usare la foto d’un prete che bacia una suora come pubblicità per un brand di moda. Ma soprattutto quello con cui per anni ho lottato contro tutte le forme d’intolleranza, favorendo un dialogo globale su temi come l’Aids, la guerra, il razzismo, l’ambiente».
Formidabili, quegli anni.
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