Veneto, l’allarme dell’Ance: «Mancano ventimila alloggi per i lavoratori, un rischio anche per le Olimpiadi»

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Il presidente regionale dei costruttori Alessandro Gerotto: «Dobbiamo far entrare più lavoratori stranieri e dar loro casa e integrazione»

«Oltre ai lavoratori, in Veneto mancano e mancheranno sempre più anche le case per i lavoratori, parliamo di almeno 20 mila alloggi. Problema che coinvolge anche le Olimpiadi di Cortina. E nessuno fa nulla, mettendo a rischio tutta l’organizzazione dei Giochi». Ad urlare forte e chiaro uno «sveglia Veneto» ci ha pensato ieri Alessandro Gerotto, presidente di Ance Veneto (Associazione Nazionale Costruttori Edili), intervenendo a Treviso, a Santa Caterina, al convegno «I lavoratori del futuro. Manodopera e migrazioni: governare il cambiamento demografico», promosso dal Partito Democratico.

Integrazione e buone pratiche

Di fronte ad una platea gremita, Gerotto non è andato per il sottile invitando a più riprese il governo «a fare qualcosa» prima che la barca affondi. «Non solo dobbiamo far entrare più lavoratori stranieri perché di italiani non ce ne sono e non ce ne saranno più – ha proseguito Gerotto – ma dobbiamo anche dar loro una dignità che si traduce in casa e integrazione. Non si può prescindere da queste due forze motrici». Una questione che il presidente di Ance conosce molto bene, dato che della forza lavoro iscritta alla cassa dell’associazione ben la metà è straniera (2.500 persone su 5.000).
Il tema dell’integrazione, poi, è sotto la lente di ingrandimento in molti comuni veneti e italiani. In particolare è il fenomeno delle baby gang, spesso costituite da ragazzi di seconda generazione, a preoccupare sindaci e istituzioni. E se in alcuni casi il tentativo di integrazione si è rivelato fallimentare, in altri invece rappresenta un modello di buone pratiche da perseguire. Come quello che racconta l’imprenditore di Roncade (Treviso) Pierino Zanchettin, dal 1968 a capo di una società di produzione artigianale di modelli in legno, resina e metallo di varie dimensioni per fonderie.
«Se fino al Duemila erano gli italiani a venirci a chiedere il lavoro – spiega – oggi sono gli stranieri. Quello che posso dire è che nel tempo molti di loro sono passati dall’essere garzoni a dirigenti, questo perché abbiamo sempre cercato di offrire formazione, alloggio e possibilità di crescere in azienda. Oggi, però, abbiamo una difficoltà enorme a ottenere per questi stranieri sia la residenza che il permesso di soggiorno, condizioni essenziali per poter lavorare». Proprio sul tema si è soffermata l’avvocato Isabella Arena, giurista membro dell’Associazione di Studi Giuridici sull’Immigrazione, mettendo ancora una volta il dito nella piaga, ovvero l’estrema lungaggine dei tempi burocratici per ottenere i permessi. «Parliamo anche di uno o due anni, una follia – ha commentato nel suo intervento – se poi aggiungiamo a questo il fatto che non tutti i permessi di soggiorno consentono di lavorare si capisce bene perché il Paese sia nello stato in cui è».




















































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L’intervento del dem Bonaccini

La chiusura è stata poi affidata a Stefano Bonaccini, oggi europarlamentare ed ex presidente della Regione Emilia Romagna. Considerato il dato che negli ultimi 10 anni si sono persi 1,3 milioni di lavoratori maschi nella fascia 35-49 anni (dato Istat), e ricordando che l’Italia, ed ancora di più il Veneto, sono territori a forte vocazione produttiva e manifatturiera, considerato che le specializzazioni produttive e l’interscambio con l’estero sono due caratteristiche chiave del successo economico di queste aree, è necessario che politica e attori della produzione discutano con sempre maggiore forza di questo tema. «Faccio anche io un mea culpa in questo senso – ha detto – perché la sinistra si è occupata poco di famiglia e di politiche al sostegno della stessa e male ha fatto. Ma è ora di cambiare registro e trovare risposte agli squilibri demografici che ci impongono di affinare soluzioni ad una domanda così complessa e così importante per il sistema economico e produttivo del Paese. La politica ha l’obbligo di dare risposte, di superare leggi ormai obsolete come la Bossi-Fini e di garantire mezzi e modi per cui si possa continuare a lavorare con certezze e programmazione. Oggi questo governo non mi pare intenzionato a fare qualcosa, dobbiamo farlo noi, amministrando di nuovo l’Italia».

13 gennaio 2025



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