Roma, la paladina antimafia condannata a 8 anni per circonvenzione d’incapace. Ma cade l’accusa di omicidio

«Quel nonnetto c’ha una casa, va trattato come un gioiellino». Così in un’intercettazione telefonica Maricetta Tirrito, oggi 51 anni, parlava di uno degli anziani ospiti della Silver Cohousing, la Rsa di Ardea amministrata dalla paladina antimafia di Tor Bella Monaca, condannata ieri a otto anni di reclusione dai giudici della Corte d’assise di Frosinone per circonvenzione di incapace, autoriciclaggio, falso ideologico e abuso edilizio. Il pm Ambrogio Cassiani aveva chiesto 27 anni con l’accusa di omicidio in quanto Tirrito era accusata anche della morte di Luigi Bonomo, uno degli ospiti del suo centro.
Anche lui era stato sfruttato come gli altri: i beni degli anziani, compresi i bancomat, erano stati utilizzati secondo l’accusa per acquisti nei negozi, soggiorni, ristoranti, perfino per operazioni di chirurgia estetica alla figlia di Tirrito e sedute in laboratori di tatuaggi. 

«È tutta una montatura»

Con Tirrito sono stati condannate anche due sue collaboratrici – Silvana Loconte e Marina Endrjevschi, medico, rispettivamente a due anni e tre mesi e a due anni e mezzo, mentre il compagno della «paladina», Fabio Corbo, vigile del fuoco, è stato assolto. «È tutta una montatura, un’ingiustizia, un attacco personale: potevate anche sentirmi prima, avrei spiegato punto per punto quello che era successo. L’uso delle carte di credito degli anziani ospitati nella nostra struttura era ben conosciuto dai loro familiari che lo avevano autorizzato». Così si era difesa nel dicembre di due anni, dopo l’arresto, la manager della Rsa rinchiusa a Rebibbia con l’accusa di aver raggirato almeno quattro anziani (due poi deceduti) nella casa di riposo in forma di cohousing in via Isernia, ad Ardea, fra il 2021 e il 2023. Anche allora l’accusa di omicidio con dolo eventuale di Bonomo, ex dirigente delle Ferrovie, non aveva retto: era stata fatta cadere dal gip.

«Si infiltrava in eventi con esponenti politici»

Ma secondo la polizia e i carabinieri del Nas Tirrito considerava «gioiellini» da spennare gli anziani ospiti della sua finta cohousing, dai quali si era fatta firmare documenti anche per subentrare nella nuda proprietà delle loro abitazioni. E progettava di «far chiudere» l’ospedale Sant’Anna di Pomezia, dove era morto Bonomo, per aver reso nota la notizia del decesso quando lei invece avrebbe voluto tenerla segreta per continuare a usare i suoi bancomat. Un «delirio di onnipotenza», lo avevano definito gli investigatori, accompagnava la doppia vita di Tirrito, paladina antimafia molto attiva in televisione e su internet. Accuse che avevano sorpreso e non poco chi fino a qualche giorno prima l’aveva vista partecipare a inaugurazioni di panchine rosse e iniziative contro la violenza sulle donne. Sui social della 51enne spiccavano anche foto accanto a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, con video testimonianze del suo impegno politico, che nel 2022 l’aveva vista intervenire perfino dal palco di Fratelli d’Italia a Milano come presidente dell’associazione «Laboratorio una donna». Non una rarità perché era uno di quegli appuntamenti pubblici nei quali, secondo chi l’accompagnava, «a volte era invitata, altre volte si infiltrava».

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