Cos’è e come funziona il tribunale dell’Aia

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«Un organismo ridicolo sul quale bisogna indagare». Le parole di Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, sono solo le ultime di una valanga di insulti che il Governo – e la maggioranza che lo sostiene – sta riversando contro la Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi) da quando è scoppiato il “caso Almastri”. Dall’altra parte dell’Oceano Donal Trump l’attacca frontalmente vietando l’ingresso negli Usa ai suoi membri e annunciando di volerla mettere sotto inchiesta. Ma se la posizione degli Stati Uniti non è mai stata morbida nei confronti della Corte, il nostro Paese ha invece, sempre incoraggiato la sua istituzione.

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Fu proprio l’Italia a promuovere, più di altri, la Conferenza di Roma che, nel 1998, sancì la nascita della Corte penale internazionale (poi entrata in vigore, come da Statuto, quando, quattro anni dopo, si raggiunse il quorum dei 60 Stati firmatari). La Cpi non deve essere confusa con la Corte internazionale di Giustizia (Cig) che, fondata nel 1945, ha anch’essa sede all’Aia nel palazzo della pace. La Cig è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite con il compito di risolvere le controversie tra gli Stati e fornire pareri consultivi a organi Onu su questioni legali.



La nascita

L’idea di una Corte penale internazionale nasce all’indomani della seconda guerra mondiale. Sembravano infatti insufficienti, per processare i responsabili degli atroci crimini contro l’umanità, i soli tribunali militari o quelli temporanei. Solo anni dopo, e avendo misurato l’insufficienza di quelle corti per intervenire su reati tanto gravi, arriva la risoluzione dell‘Assemblea generale delle Nazioni Unite 51/207 del 17 dicembre 1996 con cui si demanda a una conferenza diplomatica la redazione del progetto finale. Per l’incontro l’Italia, che ha fortemente spinto per la creazione della Corte, offre la sede della Fao, all’Aventino. La Conferenza ha luogo dal 15 giugno al 17 luglio 1998 e si conclude, con un lungo scrosciante applauso, con l’approvazione dello Statuto di Roma (120 voti favorevoli, 7 contrari, 21 astenuti), e con la firma dell’Atto finale, aperto a tutte le 160 delegazioni partecipanti.

A dare l’annuncio dell’approvazione fu il giudice italiano Giovanni Conso.

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A spingere per l’approvazione fu anche l’opinione pubblica internazionale provata da quanto era accaduto sia nella ex Jugoslavia che in Ruanda e dalle insufficienze dei Tribunali temporanei che si stavano occupando dei crimini commessi in quei Paesi.

L’approvazione dello Statuto di Roma era stata preparata da un ampio dibattito. Nel 1994 i lavori della International Law Commission avevano portato alla stesura di una bozza di Trattato consegnata alle Nazioni Unite.  L’Assemblea Generale dell’Onu aveva sollecitato ulteriori approfondimenti a un “Comitato Preparatorio per l’istituzione di una Corte Penale Internazionale”. Intanto, nel luglio del 1996,  l’International Law Commission aveva completato e inviato all’Onu la seconda lettura di un Progetto di Codice di Crimini contro la Pace e la Sicurezza del Genere Umano. Alla luce di questo contributo l’Assemblea delle Nazioni Unite dà mandato al Comitato Preparatorio di redigere un testo consolidato da presentare a una Conferenza Diplomatica di Plenipotenziari per l’Istituzione della Corte Penale Internazionale. Il testo, in realtà ancora in fase di elaborazione, viene inviato a Roma e, alla fine, completato e approvato.

Il Trattato di Roma

I lavori, il 15 giugno 1998, si aprono con il discorso inaugurale del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e l’intervento del Presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro. Come presidente della Conferenza viene chiamato Giovanni Conso. È lui che, insieme con il resto della presidenza, riesce a dirimere i nodi più problematici cioè la definizione dei crimini perseguibili e le regole di giurisdizione della Corte. Si opponevano, in particolare, Stati Uniti e India rischiando di portare con sé altri Paesi. Al termine della votazione formale richiesta dagli Stati Uniti, che non si accontentarono della prassi internazionale del semplice consenso, il testo superò la maggioranza qualificata raggiungendo le 120 preferenze su 148 Stati votanti. I sette Stati contrari furono Stati Uniti, Cina, India, Israele, Turchia, Filippine e Sri Lanka. La Russia approvò lo Statuto sebbene poi non lo ratificò.

Al termine della votazione Kofi Annan dichiarò che «l’istituzione della Corte è un dono di speranza alle generazioni future, e un enorme passo avanti nel cammino verso l’universale rispetto dei diritti umani e della legge». La Corte Penale Internazionale era divenuta una realtà.

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Lo Statuto di Roma definisce i crimini di genocidio (art.6), i crimini contro l’umanità (art.7), e i crimini di guerra (art. 8) e, dopo la Conferenza di revisione di Kampala del 2010, anche il crimine di aggressione (art. 8-bis) quando si verifica  un attacco ingiustificato alla sovranità di uno Stato. La Corte ha una funzione cosiddetta complementare, agisce cioè solo qualora gli Stati «non vogliano o non possano» esercitare la giurisdizione, o per difetto di volontà o per incapacità dello Stato stesso. Non sono previsti processi in contumacia per cui il presupposto necessario per avviare il processo è la cattura del latitante.

L’Ufficio del procuratore (Otp) si occupa delle indagini sui casi sottopostogli dagli Stati, dal Consiglio di sicurezza dell’Onu o da semplici cittadini. Se inizia le indagini di propria iniziativa deve essere autorizzato dalla Camera Preliminare. Le indagini, le verifiche e la raccolta delle prove può richiedere anche diversi anni.

Come si diceva è entrata in funzione il primo luglio 2002 quando furono raggiunte le 60 ratifiche richieste dallo stesso Trattato per la sua entrata in vigore. Al gennaio di quest’anno gli Stati del mondo  che riconoscono la Corte sono 125.  





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