Io c’ero, in Parlamento, quando, nel 1993, fu approvata la riforma dell’immunità parlamentare ed abolita l’autorizzazione a procedere per poter indagare e processare deputati e senatori e posso dire che nulla di quanto si sta dicendo oggi, a proposito di quel voto e di quella legislatura, è vero.
Non è vero, innanzitutto, che i parlamentari che approvarono (che approvammo) quella riforma lo fecero perché sotto scacco per le inchieste di Mani pulite e la pressione dell’opinione pubblica. Quei parlamentari, in quella XI legislatura, erano molto più liberi di quanto non lo siano i parlamentari attuali, timorosi di non essere ricandidati dai loro leader di partito. In quella lontana legislatura, oltre che quella riguardante l’immunità parlamentare, furono approvate riforme decisive per la nostra democrazia, come l’elezione diretta dei sindaci e la legge elettorale nazionale, in gran parte maggioritaria e con l’introduzione dei collegi uninominali, superando il meccanismo delle preferenze. Queste riforme furono merito di una classe politica lungimirante, consapevole dei cambiamenti necessari, che seppe guardare oltre il proprio destino personale, spesso ormai segnato. A quella classe politica, a quei parlamentari, va reso onore e tributato un ringraziamento, invece delle offese che oggi si sentono dire di avere svenduto le prerogative parlamentari. Le vere prerogative parlamentari non c’entravano e non c’entrano nulla con la riforma della immunità e con l’abolizione dell’autorizzazione a procedere. Le prerogative che il Parlamento ha perso, per ripristinare le quali ora nessuno si batte, sono state perse successivamente, nella cosiddetta Seconda Repubblica. È la funzione legislativa, attraverso l’abuso dei decreti leggi, il continuo ricorso a voti di fiducia su maxi emendamenti, il monocameralismo di fatto, è questa indispensabile ed esclusiva prerogativa costituzionale, che il Parlamento ha perso.
Della necessità di riformare l’art. 68 della Costituzione, quello sull’immunità parlamentare, e di abolire l’autorizzazione a procedere, si discuteva da molto prima della stagione di Tangentopoli e ad inizio di quella XI legislatura, nel 1992, venne subito istituita a tal fine una apposita Commissione speciale, presieduta dall’on. Tarcisio (Ciso) Gitti. La Commissione operò bene e celermente e produsse un testo di riforma costituzionale che venne approvato in prima lettura da Camera e Senato ben prima dell’episodio delle monetine lanciate a Bettino Craxi. L’immunità parlamentare fu, come giusto, non toccata da quella riforma e risiede nel comma 1 dell’art. 68, per il quale “i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Piuttosto, si dovrebbe avere l’onestà intellettuale e politica di riconoscere che la successiva classe politica e parlamentare si è dimostrata essere non all’altezza di quella riforma costituzionale, avendo stravolto il principio dell’immunità sino ad includere una sorta di diritto di libera offesa dei parlamentari ai danni delle altre persone (colleghi parlamentari, magistrati, giornalisti, cittadini). Uno stravolgimento che non rientra certo nel principio delle “opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni”. Su questo ampliamento e su tale distorsione si è soffermata, per altro, più volte la Corte Costituzionale (Corte Costituzionale nella quale il Parlamento attuale non riesce ancora ad eleggere, dopo mesi, 4 componenti, a proposito di mancate prerogative…).
In quella legislatura, nel 1993, l’abolizione dell’autorizzazione a procedere fu praticamente unanime. La discussione fu, invece, lunga e complessa su un’altra questione, la autorizzazione per sottoporre i parlamentari ad intercettazioni. C’era chi, a sinistra come a destra, voleva abolire del tutto anche questa necessaria autorizzazione. È una discussione che, nella pratica interpretativa, si protrae ancora adesso, con contestate intercettazioni indirette, nonostante sia intervenuta, nel 2003, per opera soprattutto di Marco Boato, una legge attuativa di tale principio costituzionale. Ma questa è un’altra questione, sulla quale occorrerà necessariamente tornare, in una società del controllo e dell’assenza di controlli sul controllore, che produce i gravi episodi di questi giorni delle intrusioni nei telefoni di giornalisti e di attivisti e quelli decisamente ridicoli della pubblicazione delle chat infantili dei parlamentari. Episodi che in passato non sarebbero stati possibili, anche perché i parlamentari che nel 1992 abolirono l’autorizzazione a procedere erano, io li ho conosciuti, oltre che più bravi e più liberi, anche più seri di quelli attuali.
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