Fine vita, legge toscana verso il rinvio: guerriglia nel Pd, FdI vira sul no

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di Giorgio Bernardini

Il voto è stato calendarizzato per lunedì 10 Giani non si è mai pronunciato. De Robertis (Pd): così non la voto. I dubbi di altri 4 colleghi di partito e di Iv

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Per ora il voto in Consiglio regionale resta fissato per il 10 febbraio, ma è sempre più probabile che la legge toscana sul fine vita — la prima promossa da una Regione — slitti. Il motivo è presto detto: ad ora la maggioranza non ha la compattezza per promuovere l’atto, un testo elaborato dal Pd sulla base «corretta» della legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni. Proprio per questo oggi i consiglieri Pd si confronteranno.

La legge è stata traghettata verso il testo approvato in Commissione Sanità negli scorsi giorni da Enrico Sostegni (Pd), che con il suo team ha cercato di armonizzare tutti i conflitti di competenza che potevano essere oggetto di eccezione. La legge è regionale, ma la questione è nazionale. E nessun partito del Consiglio toscano pare escluso dai tormenti che rimbalzano tra Roma e Firenze.




















































Cosa succede nel Pd

Il travaglio più evidente è ovviamente quello del Pd che propone la legge. Lo sanno bene anche al Nazareno, dove proprio in queste settimane il tema della partecipazione alle decisioni dell’anima cattolica nel partito risuona nella stanza di Elly Schlein.

La segretaria sarebbe in predicato di venire a Firenze entro la fine del mese: non solo per validare la candidatura per il tentato bis di Eugenio Giani, ma anche — eventualmente — per discutere il tema della legge sul fine vita.

«Lo sforzo di asciugare la proposta dell’associazione Coscioni riduce il testo a un atto procedimentale: così com’è non la voto», dice a chiare lettere la Consigliera Lucia De Robertis (Pd), che mette l’accento sul fatto che si tratta di un «tema che appartiene alla sfera anche personale di ognuno di noi». Dunque non solo una questione di cattolici e non, dato che l’altra spada di Damocle è l’avversione dei vescovi, con i quali i vertici dem del Consiglio hanno manifestato l’intenzione di incontrarsi, ma ancora non c’è una data.

«Perché — chiede De Robertis — facciamo questa legge? Per dire che siamo a favore del suicidio assistito? Io sono perché ci sia dignità nella vita e nella morte, comprendo che sia un tema delicatissimo e voglio rispettare tutti, ma forse è necessario aprire un dibattito». Cioè ripartire da capo. Perplessità della stessa natura vengono espresse dal collega Pd Marco Martini e non sarebbe convinto nemmeno Giacomo Bugliani, così come altri due consiglieri dem, Cristiano Benucci e Andrea Pieroni.

Gli alleati

Al pari degli alleati di Italia viva, che con Stefano Scaramelli presenteranno un ordine del giorno preventivo con quattro richieste aggiuntive da votare per procedere eventualmente al via libera.

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E così non sembrano sufficienti i due voti a favore della legge che proverrebbero dall’opposizione, quelli delle consigliere del M5S, a rimettere la bilancia in equilibrio. A questo va aggiunto anche che lo stesso presidente della Regione Eugenio Giani non si sia mai espresso sul tema.

Come si schierano all’opposizione

Dubbi e differenze anche nel centrodestra. Nella Lega vige la libertà di coscienza ma molti si asterranno o voteranno no, mentre sono decisamente contrari Marco Stella (FI) — che darà battaglia in aula con emendamenti e ieri ha presentato richiesta di parere preventivo al Collegio di garanzia statutaria — e i consiglieri di FdI.

È stato Diego Petrucci, che in commissione non aveva votato, ad annunciare il no dopo una riunione con i vertici del partito guidato da Alessandro Tomasi, ufficialmente per un motivo tecnico — «Non è competenza regionale» — e non etico, come era accaduto ai colleghi meloniani in Veneto. 

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