Ci sono due espressioni che possono aiutare a comprendere la sorpresa, la stanchezza e lo sconcerto che la seconda settimana dell’amministrazione Trump ha provocato in alcuni americani. La prima è la parola “abracadabra”, che i prestigiatori usano per focalizzare l’attenzione del pubblico su un trucco di magia. La seconda è “flood the zone”, una metafora sportiva usata nel football americano: una squadra “floods the zone” quando manda molti giocatori a coprire una zona del campo, rendendo così difficile alla squadra avversaria muovere la palla.
Sul New York Times, l’editorialista Ezra Klein, in un articolo intitolato “Don’t Believe Him” (Non gli credete), scrive che gli ordini rapidi servono a dimostrare che c’è un piano. “La squadra di Trump vuole far sapere che questa volta è pronta. Che sta controllando gli eventi piuttosto che essere controllato da essi. Ma più si guarda da vicino, meno sembra vero”. E aggiunge: “Sono convinti che la velocità e la forza siano una strategia, che da sole possano sostituire una vera strategia. Non gli credete”.
È qui che entra in gioco l’abracadabra. In termini psicologici, l’“effetto verità illusoria” si verifica quando qualcosa viene ripetuto spesso, come l’abracadabra, indipendentemente dal fatto che sia vero o meno: la ripetizione aumenta la percezione di validità anche quando si sa che l’informazione è falsa. Di conseguenza, le persone credono che il trucco di magia sia reale e che i coniglietti possano essere tirati fuori dai cappelli.
Il team di Trump insiste sul fatto che le tariffe sono una buona strategia per punire i Paesi che sfruttano l’America e contribuiranno a creare più posti di lavoro negli Stati Uniti. Il presidente e i suoi collaboratori insistono da tempo sul fatto che i Paesi vicini – Messico e Canada, oltre alla Cina – sono responsabili dell’afflusso di fentanyl negli Stati Uniti e non aiutano a contenere l’immigrazione clandestina. La retorica sulle bande di narcotrafficanti e sugli immigrati criminali ha influenzato in modo significativo la decisione di molti di votare per Trump, ma si basa in gran parte su dati obsoleti o esagerati ed è considerata fuorviante. Nel fine settimana, abracadabra, Trump ha annunciato un aumento del 25% delle tariffe sulle merci provenienti da Canada e Messico, nonché un’ulteriore sovrattassa del 10% (oltre a quella già esistente del 25%) sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti.
La risposta è stata caratterizzata da un senso di tradimento e di offesa personale: per fare un esempio, gli spettatori di un torneo di hockey su prato in Canada hanno fischiato l’inno nazionale statunitense. Nel fine settimana, il Wall Street Journal, solitamente favorevole a Trump, ha pubblicato un editoriale intitolato “La più stupida guerra commerciale della storia”: La reazione di Trump, via social media, è stata quella di accusare gli editorialisti del giornale di essere a capo della lobby dei dazi. Un altro editoriale, intitolato “The Dumbest Trade War Fallout Begins”, sosteneva che dai dazi la Cina avrebbe guadagnato: “Trump crede che i dazi non solo siano utili come strumento diplomatico, ma che portino anche benefici economici. Ma non è così”. Dire che questa è “la guerra commerciale più stupida non è un eufemismo”.
Chi ha studiato il Progetto 2025, il programma elettorale iper-conservatore messo a punto in campagna elettorale dai consiglieri di Trump, pensa che l’obiettivo finale sia quello di rafforzare i poteri del presidente. E che l’obiettivo finale degli ordini esecutivi sia quello di arrivare davanti alla Corte Suprema e alla sua solida maggioranza conservatrice per ottenere la sua benedizione.
In assenza di una strategia chiara, l’effetto “verità illusoria” e l’“inondazione del dibattito pubblico” creano più danni che benefici. Come ha scritto Klein, “le prime due settimane della presidenza Trump non hanno mostrato la sua forza. Sta cercando di sopraffarvi. Sta cercando di abbattervi, sta cercando di spacciare bugie per verità. Non credetegli”.
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