DIETRO L’INFLAZIONE/ “L’anomalia” sui prezzi energetici in cerca di una spiegazione

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Secondo le stime preliminari dell’Istat pubblicate ieri, l’inflazione nel mese di gennaio ha registrato una lieve risalita, con il tasso tendenziale che si è portato all’1,5% dall’1,3% dello scorso dicembre. Questa crescita risulta prevalentemente generata dall’esaurirsi dalla lunga fase deflazionista dei prezzi dei beni energetici il cui tendenziale, pur mantenendo il segno negativo, si è portato in gennaio al -0,7%, oltre due punti aggiuntivi rispetto al precedente -2,8% di dicembre.



Il tasso di crescita mensile dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), dunque la variazione congiunturale, è stato invece dello 0,6%, due decimi in più rispetto allo 0,4% di gennaio 2024, i quali spiegano l’incremento equivalente del tasso tendenziale.

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Poiché questa volta le tensioni al rialzo provengono dal comparto energetico capovolgiamo la nostra tradizionale analisi lasciando questo comparto di spesa dei consumatori per ultimo e analizzandoli in ordine crescente di problematicità anziché, come di consueto, al contrario.



Nel mese di gennaio il comparto meno problematico per i consumatori è stato indubbiamente quello dei beni industriali diversi dagli energetici e dagli alimentari. Essi pesano per il 25% nei consumi delle famiglie e i loro prezzi sono all’incirca gli stessi di dodici mesi fa, anzi, per essere precisi lo 0,1% in più, che è infatti il loro tasso tendenziale, pur se in rialzo rispetto al -0,1% di dicembre. Piccole oscillazioni attorno alla linea dello zero le quali non cambiano tuttavia il giudizio di calma piatta su questo fronte.

Il secondo comparto meno problematico è, almeno nel mese di gennaio, quello dei servizi, il più importante per livello di spesa complessiva delle famiglie dato che pesa per il 44% nel paniere. In gennaio, infatti, i prezzi dei servizi sono diminuiti dello 0,1% rispetto a dicembre, ripetendo esattamente quanto era accaduto a gennaio dello scorso anno. Hanno contributo al loro ribasso le variazioni negative dei servizi di comunicazione e soprattutto di quelli di trasporto (-2,3% congiunturale), i quali risentono della stagionalità sfavorevole ai viaggi. Dato che il congiunturale dei servizi è lo stesso di dodici mesi prima anche il tendenziale resta, per costruzione, invariato. In questo caso esso non è piccolo, riflettendo gli aumenti che vi sono stati negli undici mesi precedenti, e si attesta al 2,6%.



Veniamo ora ai beni alimentari, i quali pesano per il 18% nel carrello della spesa. Essi sono cresciuti in gennaio dell’1,1% rispetto a dicembre, un valore non piccolo ma solo di poco superiore allo 0,9% di gennaio 2024. In conseguenza il tendenziale sale di due decimi, passando dall’1,9 al 2,1%, un tasso di crescita che può tuttavia essere considerato normale e accettabile.

Siamo a questo punto al 77% di copertura del paniere dei consumi. Un 2% ulteriore di spesa riguarda i tabacchi, i cui prezzi sono rimasti fermi nel mese, ma il loro tendenziale è al 4%, riflettendo aumenti precedenti in corso d’anno. Siamo così al 79% del paniere e l’inflazione a esso riferita è la cosiddetta inflazione di fondo al netto dei soli beni energetici, il cui tendenziale è ora all’1,8% rispetto al precedente 1,7%, una variazione identica a quella del cosiddetto “carrello della spesa”, anch’esso accresciuto nel tendenziale dall’1,7% all’1,8%. Se invece consideriamo l’inflazione di fondo escludendo oltre agli energetici anche gli alimentari freschi vediamo che anch’essa si colloca all’1,8%, questa volta invariata rispetto a dicembre. In sostanza vediamo che questi valori si allineano tutti all’1,8%, un tasso pienamente compatibile col 2% perseguito dalla Bce come dalle altre banche centrali che potremmo interpretare come una sorta di tasso “naturale” o fisiologico d’inflazione.

Al momento attuale, tuttavia, il tendenziale sull’intero indice è più basso, all’1,5%, come abbiamo visto, per l’effetto del comparto energetico il quale si colloca ancora con un tendenziale con segno negativo ma in progressiva attenuazione. In gennaio i beni energetici non regolamentati sono cresciuti del 2,6% e il loro tendenziale si è portato al -3% rispetto al precedente -4,2%.

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Invece, e questa è una palese anomalia, i beni energetici regolamentati sono aumentati nel mese addirittura del 14,5% e nell’ultimo anno, come si evince dal tendenziale, del 27,8%! Possibile che vi siano oltre trenta punti percentuali di differenza tra gli energetici regolamentati e quelli a libero mercato? Siamo sicuri che la regolazione di questi prezzi stia funzionando in maniera adeguata? E che i meccanismi d’indicizzazione siano razionali e corretti? Si tratta di domande che esigono risposta dato che i numeri appena visti farebbero pensare il contrario.

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