i dati sull’impoverimento della rete di superficie

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Milano ha un problema con il trasporto pubblico. Lo conferma il “Rapporto indipendente sul trasporto pubblico a Milano”, pubblicato a dicembre 2024 e scritto da Paolo Beria e Tommaso Battilocchi, ricercatori di Traspol, il laboratorio di politica dei trasporti del Politecnico. Il documento fotografa un impoverimento della rete di superficie milanese, che include tram, bus e filobus, nel periodo di tempo compreso tra il 2016 e il 2024.

Nello specifico, se le frequenze della rete metropolitana sono cresciute del 33% grazie alla costruzione della nuova linea M4, per i mezzi di superficie c’è stato un calo dell’offerta.

Negli otto anni analizzati, i tram hanno visto una riduzione giornaliera di corse del 19%, i filobus del 17% e i bus urbani del 15%. Complessivamente questo si traduce in 3.490 corse in meno al giorno.

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Unica eccezione nella rete di superficie è rappresentata dai bus suburbani, ovvero quelle linee che collegano Milano con i Comuni limitrofi. Per queste si è registrato un aumento dell’11%, passando da 5.076 corse a 5.629. Tuttavia, questa controtendenza può essere in parte spiegata dal fatto che i bus suburbani hanno, da sempre, una frequenza minore rispetto ai bus urbani, e un loro taglio avrebbe comportato un danno troppo impattante per i passeggeri.

La riduzione della rete di superficie non riguarda solo certi orari o zone della città. Si tratta, invece, di una tendenza generalizzata che interessa sia gli orari di punta sia quelli meno frequentati, e ha innalzato l’attesa media, senza contare le irregolarità dei passaggi e i salti di corsa.

“Il degrado della rete di superficie è avvenuto recentemente -spiega Beria ad Altreconomia-. Dieci anni fa si poteva discutere dei costi del servizio, ma non dell’efficacia della rete perché, nel complesso, funzionava bene. Oggi, ognuno ha la percezione che la propria linea passi sempre meno, ma manca un dibattito sulla qualità del sistema generale perché a questo impoverimento, lento ma progressivo, non è seguita una discussione e una presa di coscienza collettiva del problema”.

Per il Comune e l’Azienda trasporti milanesi (Atm), il calo delle corse dei mezzi di superficie è imputabile alla carenza di autisti, fenomeno comune a tutta Europa, ma che in una città come Milano risulta accentuato da un maggior divario tra salari bassi e costo della vita elevato.

Battilocchi e Beria non negano la complessità del tema ma sottolineano un altro elemento di problematicità, assente dal discorso politico: la velocità commerciale della rete di superficie. I mezzi di superficie milanesi, infatti, sono particolarmente lenti, con una velocità commerciale, cioè la velocità media di una linea da capolinea a capolinea, pari a 10 chilometri orari. Un dato ben lontano da altre città europee dove la velocità dei tram può raggiungere i 16 chilometri orari come nel caso di Zurigo, ma non solo: anche l’Italia ha i suoi esempi virtuosi, come Bologna, dove la velocità media dei bus si attesta al di sopra dei 14 chilometri orari.

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Avere una velocità della rete bassa significa, a parità di personale e mezzi, avere anche delle percorrenze limitate. Una velocità superiore permetterebbe a un conducente di effettuare più corse nello stesso turno di lavoro. Questo porterebbe diversi vantaggi: per i passeggeri che godrebbero di un servizio più efficace; per l’Amministrazione che non si vedrebbe costretta a tagliare ogni anno frequenze e corse; e per gli autisti, che lavorerebbero in condizioni di flusso meno stressanti. Infatti, Atm è pagata dal Comune in base ai chilometri percorsi e non al tempo impiegato per effettuarli. Il riconoscimento dell’aumento di produttività nello stipendio potrebbe rendere lo stesso lavoro dei conducenti più appetibile, risolvendo in parte il problema della mancanza di personale.

E allora perché non è in programma l’aumento della velocità dei mezzi di superficie e perché non si parla di questa possibilità come di una soluzione reale? Secondo gli autori, non si tratta di un impedimento tecnico, come inizialmente si potrebbe pensare. Anzi, nel Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) del 2018 si era già discusso della necessità di velocizzare le principali linee di superficie, ma nulla si è davvero concretizzato, nonostante delle soluzioni possibili fossero già state identificate.

Se il traffico privato è un elemento che in parte rallenta i mezzi pubblici, non è però un fattore così determinante. Lo dimostra il fatto che di notte la velocità dei mezzi registrata rimane estremamente bassa. E anche osservando il divario di velocità tra i mezzi che si muovono nelle corsie riservate e quelli che si spostano nelle corsie cosiddette promiscue, in cui transitano mezzi privati, la differenza resta impercettibile.

Non si tratta nemmeno di un problema di modernità dei mezzi, basti pensare che il “5” è il tram più veloce da orario, nonostante la tipologia di vettura risalga a un secolo fa, mentre il “9”, che si muove a una velocità media di 9,3 chilometri orari, detenendo così il primato della lentezza, ha vetture di costruzione più recente.

Gli autori riportano una serie di azioni utili per velocizzare la rete di superficie. Si incomincia dall’asservimento semaforico per coordinare i cicli dei semafori con il passaggio dei mezzi, limitando così le loro soste. A questo intervento si aggiungono l’accorpamento di alcune fermate, oggi vicinissime, l’utilizzo di vetture a pianale ribassato e il rialzamento della banchina per velocizzare la salita e la discesa dei passeggeri, oltre alla creazione di ulteriori corsie riservate.

“Si tratta di operazioni tecnicamente tutt’altro che semplici -riconosce Beria- ma velocizzare le linee significherebbe migliorare il servizio di superficie, per aumentare le frequenze a parità di costo e garantire una maggiore produttività dei lavoratori e un soddisfacimento maggiore dell’utenza”.

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“Oggi il sistema del trasporto milanese si regge sulla metropolitana. Questo fa sembrare che ci sia meno bisogno delle linee di superficie -aggiunge Battilocchi- ma non è così. I tagli alla rete di superficie si traducono in una disparità territoriale per i cittadini che vivono in zone non servite dalla metropolitana e nel loro conseguente desiderio di avere una linea sotterranea vicino casa. Non è pensabile, però, portare la metropolitana ovunque, perché costa tanto, spesso troppo in relazione alla domanda da servire. La linea di superficie, invece, se esercitata su un modello tedesco, offre un servizio veloce e altrettanto efficace, ma con un costo molto minore”.

L’auspicio degli autori è quindi quello di animare un dibattito collettivo sul sistema dei trasporti milanese, rendendo il miglioramento e la velocizzazione dei mezzi di superficie una priorità assoluta. Ignorare il problema significherebbe, invece, continuare ad assistere a un impoverimento della rete. Una corsa tagliata alla volta.

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