Oltre 100 miliardi destinati dagli italiani al welfare privato

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Assistenza per i sovraindebitati

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Gli italiani spendono pi� di 100 miliardi di euro per integrare le prestazioni pubbliche destinate al welfare: sanit� e non autosufficienza tra i maggiori ambiti di spesa delle famiglie secondo i dati rielaborati dal Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano

Mara Guarino

Nel 2023 la spesa (lorda) per welfare privato a carico delle famiglie per integrare le prestazioni pubbliche per sanit�, pensioni e assistenza ha raggiunto i 108,230 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2022 di 4,545 miliardi: i dati raccolti dal Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano fotografano un trend in crescita, solo parzialmente frenato nel biennio 2020-2021 dalla pandemia di COVID-19.

Di questi circa 108 miliardi di euro,�il 47,36% � in particolar modo destinato a spese sanitarie (51,255 miliardi), sostenute sia direttamente tramite la cosiddetta spesa�out of pocket�(44,746 miliardi) sia indirettamente grazie all’intermediazione da parte di Casse, fondi di assistenza sanitaria integrativa, societ� di mutuo soccorso e Compagnie di Assicurazione (6,50 miliardi). Seguono quindi per rilevanza dimensionale la spesa per non autosufficienza, intesa come oneri sostenuti per l’assistenza domiciliare o residenziale, che nel 2023 hanno assorbito 34,298 miliardi, il 31,69% del totale; la spesa per contribuzioni alla previdenza complementare, pari a 19,17 miliardi (il 17,71% del totale) e, infine, con un ammontare di circa 3,5 miliardi (il 3,23%), quella per protezioni assicurative individuali. Guardando invece alla spesa complessiva al netto di deduzioni e detrazioni previste dalla normativa vigente, l’importo a carico delle famiglie si riduce a 83,469 miliardi di euro, per una spesa netta pro capite di circa 1.391 euro.�

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Tabella 1 – La spesa privata�per il welfare complementare e integrativo dal 2017 al 2023 (in milioni di euro)
Fonte: Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali

La sanit� privata: le stime su spesa OOP e spesa intermediata�

Entrando nel merito delle principali voci di spesa,�il Rapporto rileva che gli italiani hanno destinato poco meno di�45 miliardi di tasca propria alla sanit� privata: nell’arco di un decennio, la spesa out of pocket, vale a dire non intermediata da fondi sanitari o forme di assicurazione, � cresciuta dai circa 30 miliardi del 2014 ai 44,746 del 2023, con un incremento del 49% che deve far riflettere viste le crescenti pressioni cui il nostro SSN � sottoposto dal progressivo invecchiamento della nostra popolazione. Scendendo�ancora pi� nel dettaglio, la stima elaborata dal Centro Studi e Ricerche tiene conto sia dei 40,641 miliardi rilevati da Istat come “spesa diretta delle famiglie” sia circa 4 miliardi derivanti da prestazioni non “in chiaro” (10,1% del PIL il dato stimato dall’Istituto di Statistica per l’economia non osservata in Italia), verosimilmente piuttosto diffuse soprattutto nel caso di spese mediche di basso importo e basate sul solo rapporto diretto utente-fornitore. Considerando le agevolazioni fiscali di cui godono le spese mediche per legge, i curatori della pubblicazione stimano invece che la spesa netta effettiva “gravata” sui bilanci familiari sia stata pari a 39,86 miliardi di euro.

Passando quindi all’altra componente della spesa sanitaria, ovvero quella intermediata, i costi sostenuti per i contributi versati a forme di assistenza socio-sanitaria integrativa e per premi di assicurazione ammontano complessivamente a 6,509 miliardi di euro, da intendersi come somma dei 3,892 miliardi versati a fondi sanitari complementari iscritti all’Anagrafe del Ministero della Salute e i due terzi della raccolta premi del ramo 2 danni/malattia che, per il 2023, si � attestata a 2,617 miliardi. Stima, quest’ultima, prudenziale per evitare duplicazioni, dal momento che una parte della raccolta potrebbe riguardare contributi versati dai fondi sanitari che si convenzionano o riassicurano, in tutto o in parte, tramite polizze. Venendo al calcolo della spesa netta, occorre innanzitutto considerare che�le agevolazioni fiscali attualmente previste per la sanit� integrativa implicano una disparit� di trattamento,�che meriterebbe peraltro di essere risolta dal legislatore, tra iscritti contrattuali, per i quali � prevista la deducibilit� dei contributi versati fino a 3.615,20 euro e iscritti alle societ� di mutuo soccorso che hanno la possibilit� di detrarre al 19% fino a 1.300 euro all’anno; per le polizze del ramo malattia la detraibilit� � del 19% con limiti diversi a seconda che si tratti di copertura per invalidit� (su un massimale di 530 euro) e per LTC danni (su un massimo di 1.291 euro).�Tutto ci� premesso, al netto dei benefici fiscali� possibile stimare una spesa effettiva per la sanit� intermediata di 5,366 miliardi di euro.�

Numeri che, secondo il Dodicesimo Rapporto, non possono pi� essere trascurati dai nostri decisori politici. Non solo nel confronto con la spesa per sanit� pubblica che, nello stesso anno, � ammontata a poco pi� di 131 miliardi, vale a dire circa 2.222 euro pro capite, ma anche e soprattutto nella comparazione tra la quota out of pocket e quella ancora piuttosto esigua intermediata da fondi sanitari e polizze assicurative, pur a fronte di un sistema – quello della sanit� complementare di natura negoziale – che gi� raccoglie pi� di 16 milioni di iscritti, ben pi� della previdenza complementare. Come evidenzia la pubblicazione, �un maggiore ricorso a forme organizzate di intermediazione significherebbe per i cittadini costi minori e, per lo Stato, una macchina organizzativa pi� efficace con impatti proficui sia sulla qualit� delle prestazioni (si pensi ad esempio al tema delle liste d’attesa) sia sul contenimento di fenomeni di sommerso, pressoch� inesistente laddove fondi sanitari o Compagnie di Assicurazione non possono rimborsare alcuna spesa in assenza della documentazione fiscale del caso�. Eppure, malgrado una rilevanza sempre maggiore anche in chiave prospettica, il secondo pilastro sanitario continua a scontare la mancanza di una legge quadro, oltre che di iniziative che aumentino la consapevolezza dei cittadini circa i possibili vantaggi di coperture collettive, oggi spesso sconosciute o comunque trascurate dai lavoratori che pur ne possono beneficiare. �

La spesa per LTC e non autosufficienza�

Tornando al welfare privato nel suo complesso, subito dopo la spesa per la sanit�, si evidenziano gli oltre 34 miliardi destinati alla gestione della non autosufficienza, intesa come costi sostenuti dai singoli e dalle famiglie per residenzialit� (RSA e altro) e per assistenza domiciliare (“badanti”), �oltre al totale premi per polizze assicurative LTC; al netto dei trasferimenti pubblici per indennit� di accompagnamento e sostegno alla residenzialit� di cui beneficiano i fruitori di queste prestazioni, la spesa � pari a 21,398 miliardi di euro, di cui 275 milioni derivanti dalla raccolta premi per LTC e Dread Desease di ramo IV e altri 29 circa imputabili alla componente LTC di ramo II. Un valore, quello della spesa per non autosufficienza, complesso da stimare con precisione e verosimilmente sottostimato sia perch� non esistono dati ufficiali circa la spesa privata sostenuta dalle famiglie per i ricoveri nella RSA (si � pertanto considerata una media di circa 2.000 euro al mese per i 347mila non autosufficienti italiani ospitati presso strutture residenziali) sia per la difficolt� di quantificare l’importo delle spese a domicilio tra attrezzature abitative comprate dai singoli e oneri destinati a eventuali badanti e caregiver professionali che, non di rado, prestano servizio senza contratti regolari. Circa 461mila quelli stimati dagli estensori dal Rapporto, “contro” i 413.697 badanti regolari calcolati da Istat, per un costo medio di circa 24mila euro l’anno. �

Tabella 2 – La spesa per non autosufficienzaTabella 2 – La spesa per non autosufficienza
Fonte: Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali

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In un Paese che invecchia come il nostro, dove si stima che da qui al 2050 almeno un terzo della popolazione sar� composto da over 65, � evidente che i costi della non autosufficienza sono destinati ad aumentare, sia per i privati sia per le casse statali, dove oggi la componente sanitaria della spesa per LTC pesa circa lo 0,6% del PIL e il 10% della spesa complessiva per sanit�. Ecco perch�, se da un lato, il Rapporto auspica ancora una volta una maggiore integrazione tra pubblico e privato, a beneficio non solo degli anziani ma anche dei�caregiver (spesso familiari) impegnati nell’assistenza,�dall’altro pone l’accento sulla necessit� di interventi legislativi che non guardino alla questione solo in termini economici ma che sappiano anche incentivare prevenzione e invecchiamento attivo, evitando per quanto possibile l’insorgenza di patologie croniche o di altre condizioni di limitata autosufficienza.�

Verso un nuovo modello di welfare mix

Per quanto riguarda infine le forme pensionistiche integrative,�al 2023 si registra una notevole�crescita dei contributi versati dagli iscritti ai fondi pensione�(+5,2% rispetto al 2022),�per un totale di 19,178 miliardi. Tenuto conto della deducibilit� ai fini IRPEF sul massimale di 5.164,57 euro annui, pari a 5,17 miliardi di euro secondo i dati rilevati dall’Agenzia delle Entrate, la spesa netta si � invece attestata a poco pi� di 15 miliardi di euro. Ancora in chiaroscuro per� il quadro complessivo della previdenza complementare che, a circa vent’anni dall’entrata in vigore della D.lgs. n. 252/2005, stenta a decollare: 10,69 le posizioni in essere che equivalgono a 9,6 milioni di iscritti al netto di posizioni doppie o multiple; ben 2,574 milioni gli aderenti (pi� di un quarto del totale) che non hanno effettuato versamenti contributivi nel corso dell’anno. A pesare su questi dati, secondo il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, oltre a livelli di competenze finanziarie e previdenziali che non aiutano gli italiani nell’effettuare scelte informate e consapevoli, anche una politica che fatica a trovare le giuste leve per incentivare lo strumento.�

Considerati i vincoli di bilancio e una spesa per welfare pubblico gi� elevata e difficilmente incrementabile si rende dunque sempre pi� urgente (anzi, si potrebbe dire che l’Italia � gi� in forte ritardo) un ammodernamento del nostro sistema di protezione sociale, sposando quel welfare mix che nella maggior parte degli Stati a medio e alto reddito garantisce buoni livelli di protezione attraverso la proficua cooperazione tra pubblico e privato. Un obiettivo che presuppone il superamento di un’ottica di tipo duale: al contrario, sanit�, non autosufficienza e previdenza possono diventare i pilastri su cui�impostare un’alleanza ben strutturata tra pubblico-privato�nel prossimo futuro;�un’alleanza che possa garantire un risparmio da entrambe le parti, Stato e privati, e un efficientamento di servizi offerti e prestazioni garantite.

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

�3/2/2025

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