“Con la mia partenza ottenne ciò che voleva”

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Luca Pellegrini riavvolge il nastro dei ricordi e racconta cosa accadde quando fu ceduto dalla Sampdoria appena dopo lo Scudetto, lui che era il capitano: l’ex difensore tira in ballo Roberto Mancini. Poi l’attacco all’Associazione Calciatori: “Prendo una pensione ridicola in rapporto a quanto ho versato”.

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Parlare di Luca Pellegrini significa parlare di Sampdoria, il club cui il difensore – anzi il ‘libero’, si sarebbe detto allora – ha legato praticamente tutta la sua carriera calcistica ad alto livello, per 11 anni: sono stati gli anni della ‘Samp d’oro’, di Vialli e Mancini, dello storico unico Scudetto del 1991, della Coppa delle Coppe dell’anno prima, di tre Coppe Italia. Un ciclo irripetibile, che avrebbe poi visto il suo apice nella finale di Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona a Wembley nel 1992. Una finale cui Pellegrini non prese parte, lui il capitano dello Scudetto, perché ceduto appena dopo aver vinto il tricolore. Una vicenda per la quale a distanza di anni, l’ex calciatore tira in ballo Roberto Mancini, che avrebbe voluto lui la fascia al braccio: “E con la mia partenza la ottenne“.

Luca Pellegrini svela lo spogliatoio diviso della Sampdoria scudettata

Pellegrini disegna uno scenario tutt’altro che idilliaco di quella Sampdoria, con uno spogliatoio diviso in fazioni: “Ho sempre rispettato tutti, ma non ero iscritto a nessun partito. I problemi esplosero nella stagione dello scudetto, 1990-91. Non stavo bene, avevo problemi alla schiena che nessuno riusciva a risolvere. A gennaio perdemmo contro Torino e Lecce e il presidente Mantovani e il direttore Borea ci invitarono ad andare a cena da soli, per dirci le cose in faccia. E così una sera ci ritrovammo in un ristorante di Rapallo, ma qualche giorno prima il gruppo dei senatori si era riunito nella solita pizzeria, senza di me, e lì qualcuno aveva detto che io ne avevo sempre una e che si andava male per colpa mia. Me lo riferì un testimone: ‘Luca, c’è chi ti pugnala alla schiena’. Così, quando ci incontrammo tutti, Vialli spese parole di sostegno per me, ma io gli replicai: ‘Luca, non tutti la pensano come te’. Lì capii che mi avrebbero fatto fuori“.

La Sampdoria degli anni d'oro tra fine '80 e inizi '90: è stato il momento più alto della sua storia calcistica

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Si arriva dunque all’estate del 1991, la festa Scudetto era ancora fresca e il 28enne Pellegrini fu ceduto al Verona, imboccando di fatto la fine della carriera: “Venni tradito anche da Mantovani – ricorda adesso alla Gazzetta dello Sport – Avevo firmato il rinnovo, ma la società non depositò il contratto in Lega. C’erano stati interessamenti di Inter e Juve, Roma e Lazio. Mi ritrovai al Verona. Lì è cambiata, anzi finita la mia carriera“.

Il veleno su Mancini: “Ero il capitano della Samp, ma la fascia la voleva lui e con la mia partenza la ottenne”

Poi arriva il passaggio al veleno per Mancini: “Io e Mancio da ragazzi eravamo amici. Mi ricordo una sera a Milano, da Genova con la sua Ferrari, noi e le fidanzate. Ero il capitano della Samp, ma la fascia la voleva lui e con la mia partenza la ottenne. Forse è stato questo. Io da capitano ero diretto, non prendevo ordini. Quando la società ci chiese di andare in ritiro per la seconda finale di Coppa delle Coppe, nel 1990 contro l’Anderlecht, la prima nel 1989 l’avevamo persa contro il Barcellona, ascoltai i compagni e tutti dicevano: ‘No, il ritiro no, che palle’. Replicai che ci avrebbe fatto bene, che non potevamo sprecare un’altra occasione, risposi sì a Boskov e ai dirigenti e vincemmo. Vialli, prima di morire, ha detto che Dossena e io eravamo le voci fuori dal coro. Ce ne andammo dopo lo Scudetto, io in estate al Verona e Dossena a novembre per passare al Perugia, in Serie C. Chissà, se fossimo rimasti, a Wembley la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona sarebbe finita diversamente“.

Oggi Luca Pellegrini ha quasi 62 anni e non si è mai mosso dalla Liguria: “Vivo sempre a Genova, a Quarto. Prendo una pensione ridicola in rapporto a quanto ho versato, e qui ci sarebbe da discutere dell’Associazione Calciatori. Per fortuna, ho altre rendite. Resto un tifoso doriano e mi fa male vedere la Samp nei bassifondi della Serie B. I giocatori dovrebbero farsi un esame di coscienza per rispetto dei 20mila tifosi che ancora vanno a Marassi per loro. Si chiedano se sono degni di vestire una maglia tanto importante“.

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