La Corte d’Appello di Roma ha sospeso ieri sera il trattenimento di 43 migranti trasferiti in Albania, ordinando il loro ritorno in Italia. Questa decisione rappresenta il terzo tentativo fallito del governo italiano di gestire le richieste d’asilo al di fuori dei confini dell’Unione Europea.
I migranti, originari principalmente di Bangladesh ed Egitto, erano stati trasferiti nel centro di Gjader, in Albania, dopo essere stati soccorsi al largo di Lampedusa. Le loro domande di asilo erano state respinte dalla Commissione territoriale, che le aveva giudicate “manifestamente infondate”. Tuttavia, la Corte d’Appello ha deciso di non convalidare il loro trattenimento, sospendendo il giudizio e rimettendo gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per una valutazione più approfondita.
Il governo italiano aveva stipulato un accordo l’Albania – evidentemente illegale perchè viola la Costituzione e i Trattati internazionali – con per trasferire e gestire fino a 3.000 migranti al mese in centri albanesi, con l’obiettivo di accelerare le procedure di asilo e ridurre la pressione sulle strutture italiane. Tuttavia, questo approccio ha sollevato preoccupazioni tra gli attivisti per i diritti umani e ha incontrato ostacoli legali significativi.
In risposta alla decisione della Corte, il governo italiano ha espresso “grande stupore” e ha ribadito la volontà di “superare anche questo ostacolo”. Nel frattempo, l’opposizione ha criticato l’esecutivo, definendo la vicenda un “clamoroso fallimento” e chiedendo un resoconto dei costi sostenuti dallo Stato per l’implementazione del piano.
Attualmente, l’attenzione è rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che dovrebbe pronunciarsi sulla questione il 25 febbraio. La sua decisione potrebbe avere implicazioni significative per il futuro delle politiche migratorie italiane e per l’accordo con l’Albania
Le 43 richieste d’asilo presentate dai migranti giunti martedì in Albania sono state respinte con la motivazione di “manifesta infondatezza”. A determinare questa decisione è la provenienza dei richiedenti, considerata dal governo italiano come proveniente da “Paesi sicuri”. L’unica eccezione riguarda un migrante con vulnerabilità medica e quattro minori, che sono stati trasferiti in Italia.
Secondo quanto riportato dal Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai), i migranti hanno richiesto un avvocato d’ufficio per l’udienza di convalida del trattenimento, ora in carico alla Corte d’Appello di Roma. Tuttavia, nel procedimento di esame della domanda d’asilo, che in Albania avviene tramite videocollegamento, l’assistenza legale non è obbligatoria. Il Tai denuncia la mancanza di una reale interlocuzione tra i migranti e la commissione, che in meno di 48 ore ha rigettato tutte le richieste di protezione internazionale avanzate da cittadini egiziani e bangladesi.
Il Tai ha espresso forti perplessità sul processo adottato, affermando che «si tratta di decisioni che riguardano la vita dei richiedenti asilo, di persone che hanno alle spalle storie terribili di violenze e torture e non possono essere prese in poco tempo e senza alcuna possibilità di essere assistiti». Secondo l’organizzazione, la procedura sarebbe «di fatto illegittima per l’assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore».
Mercoledì, la Questura di Roma ha inoltrato alla Corte d’Appello le richieste di convalida dei trattenimenti, con un termine di 48 ore per esprimersi. Considerando i rinvii alla Corte di giustizia europea sulla questione dei “Paesi sicuri”, i giudici hanno poi deciso di sospendere il giudizio, con il conseguente rilascio dei migranti e il loro trasferimento in Italia.
Sebbene per l’udienza di convalida sia prevista l’assistenza di un avvocato d’ufficio, il Tai denuncia che nessuno dei migranti ha ancora avuto modo di conferire con un legale. “Alla faccia del diritto alla difesa, che dovrebbe essere inviolabile”, si legge nella nota dell’organizzazione. Il governo, inoltre, ha ridotto a sette giorni i termini per impugnare la decisione della commissione territoriale, sollevando dubbi sulla reale possibilità di accesso alla giustizia per i richiedenti asilo confinati fuori dall’Italia.
Secondo il Tai, il meccanismo adottato dal governo rischia di produrre una violazione dello stato di diritto. Se la convalida del trattenimento fosse avvenuta, i migranti avrebbero dovuto trovare un avvocato in pochi giorni per impugnare la decisione, ma essendo fuori dal territorio italiano, ciò sarebbe stato altamente arduo. In caso di mancata impugnazione, i richiedenti asilo sarebbero poi diventati automaticamente irregolari, senza possibilità di regolarizzazione.
Irina Smirnova
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