A volte, a vedere dove si fermano i turisti a pranzare nel centro di Roma, verrebbe da prenderli per le orecchie e accompagnarli da un’altra parte. Meravigliosi, sì, i rioni storici, quanto affollati da insegne che preferiscono scorciatoie e menu italian sounding alla strada della qualità un po’ più seria. Nel Rione Regola si distinguono quelle di una famiglia che, pezzo dopo pezzo, ha messo in piedi una manciata di locali che innalzano il livello. Sono i Monteforte, con il fratello Andrea che è responsabile di un cocktail bar e un’osteria che potremmo definire moderna. La Quercia esiste da 16 anni nell’omonima, meravigliosa piazzetta tra Campo de’ Fiori e Piazza Farnese, e da alcuni mesi ha rimodulato la sua proposta con un nuovo chef e il suo menu che compendia la cucina regionale italiana. Per far sì che i turisti, quindi, ma anche i Romani, possano assaggiare qualcosa di non scontato.
La famiglia Monteforte: ristorazione e accoglienza nel centro di Roma
Abbiamo raccontato la storia dei fratelli Monteforte in occasione dell’ultima apertura della gelateria Pellegrino, nel 2023. Il padre è originario di Noto e si è trasferito a Roma per cominciare come gelatiere, poi ha avviato altri locali in cui i due hanno passato molto tempo crescendo. Si sono poi appassionati e hanno studiato il vino, pensando di dedicarsi ad alcuni progetti con uno stile diverso. Nel 2008 aprono il Forno Monteforte, presieduto dal maestro panificatore Franco Palermo e progettato dall’architetto Roberto Liorni per ricordare la multifunzionalità delle boulangerie francesi.
Nei pressi di Piazza del Fico arriva il bar con cucina Mons e infine appunto la piccola gelateria artigianale, a pochi metri dal forno. È del 2009 invece l’avvio de la Quercia, che deve il nome al leccio che lì resiste dagli Anni ’40, ovvero da quando l’isolato tra la piazzetta e Palazzo Spada venne demolito in nome del diradamento edilizio. Un punto di ritrovo da sempre per viandanti e pellegrini, serviti da un’antica osteria che a un decennio dalla gestione Monteforte è stata rimessa a nuovo ancora dal maestro architetto Liorni.
Il nuovo chef de La Quercia Luigi Ubertini, un campano a Roma
È invece Luigi Ubertini ad aver rivisto la proposta gastronomica da fine ‘23, lavorando su una base di cucina solida e tradizionale, ma aprendola alle sue esperienze in giro per lItalia. Nato a Bosco Tre Case, alle pendici del Vesuvio, ha 40 anni e si è formato a Vico Equense con, come docente, il papà di Antonino Cannavacciuolo. “Sono rimasto per un po’ in Costiera e poi ho iniziato a girare il resto del Paese”, racconta lo chef a proposito dei suoi incarichi in Val d’Orcia, poi nella Laguna Veneta, in Piemonte ed Emilia.
Territori dalle forti espressioni gastronomiche, “da dove ogni volta ho acquisito qualcosa; che fossi in montagna, in collina o al mare”. A Roma si ferma infine 16 anni fa, per passare in ristoranti dal taglio più fusion e internazionale “e lì ho aggiornato invece bagaglio tecnico e curiosità per la sperimentazione”. Questi i capisaldi del suo percorso, che si completano con il pallino per la selezione dei fornitori.
La cucina regionale dell’osteria La Quercia e il viaggio tra regioni e produttori
“Facciamo tante ricette di altre regioni, è vero”, precisa lo chef, “ma gli ingredienti sono il più possibile locali, scelti uno a uno a seconda di quel che serve”. L’obiettivo del menu de La Quercia è dunque quello di non tradire nulla dei sapori noti e confortevoli dei piatti, ma raggiungerli con materia prima selezionata e tecniche di un cuoco di esperienza. Il pane arriva ovviamente dal forno Monteforte, e finisce non solo nel cestino, ma anche nei piatti: “Lo bagniamo col caffè e ci facciamo il tiramisù, insieme alle uova bio ai semi di canapa”. Ricordi campani nella pasta e patate (18€) — che però invece della provola prevede la laziale Steccata di Morolo — negli scialatielli alla pescatora e nel secondo di salsiccia e friarielli, con un insaccato di Mangalitza prodotto a Orvieto (19€).
I tanti legumi, come da prassi toscana, arrivano da un’azienda di Leonessa, sul Terminillo, mentre con le cipolle di Montoro si preparano le sarde in saor di scuola veneta (14€). Mentre sui dessert a volte Ubertini torna a casa (“ho fatto una bella tarte tatin con la melannurca, ad esempio”), ci sono ‘ibridazioni’ che omaggiano Roma, come i ravioli del plin ripieni però di coda alla vaccinara (20€). Carciofi alla giudia, maritozzi salati, carbonara, arrosto di vitello alla fornara e amatriciana, però, sono lì a dichiarare che siamo pur sempre al centro della Capitale.
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