Europa, indietro tutta sul Green Deal: di verde rimane solo la retorica


Si voleva imporre il Green Deal all’industria, ora è l’industria che si impone al Green Deal. Così come si impone la realpolitik sulla Commissione Europea di Ursula Von der Leyen. Come già preannunciato prima delle elezioni europee, con cui Von der Leyen cercava un secondo mandato, e per effetto dell’arrivo di Trump alla presidenza statunitense, la presidente della Commissione inizia la sua retromarcia sul “grande accordo verde”. Nel nome della semplificazione, che permetterebbe maggiore competitività sul mercato, Von der Leyen sta infatti ridimensionando l’insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione Europea con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. L’intenzione dell’accordo era quello di rivedere ogni legge vigente in materia di clima e di introdurre nuove leggi sull’economia circolare, sulla ristrutturazione degli edifici, sulla biodiversità, sull’innovazione e sull’agricoltura, ma il testo sarà gradualmente rimaneggiato nel corso delle prossime settimane.

Proprio sull’agricoltura si ero visti i primi segnali di cedimento. La Commissione Europea guidata da von der Leyen aveva ceduto alle  pressioni effettuate sulle riforme con le vastissime e prolungate proteste degli agricoltori, di cui abbiamo parlato approfonditamente nel Monthly Report n. 32 dell’aprile dello scorso anno. Se molte delle motivazioni alla base delle proteste erano più che legittime, specie per quanto concerne le politiche neoliberiste globaliste, il potere della grande distribuzione, la competizione al ribasso e altre questioni di carattere socio-economico portate dal basso, a vincere sono stati i grandi gruppi, che dispongono di lobbisti dentro i palazzi del potere. L’elezione di Donald Trump ha certamente dato una scossa alla situazione e costretto ad un movimento di allineamento rispetto ad essa. Così, in nome della semplificazione e della competitività, il Green Deal verrà ridimensionato passo dopo passo. Il 29 gennaio il collegio dei commissari ha infatti presentato la prima parte dell’agenda per la competitività (“competitiveness compass”). Si tratta del documento programmatico a cui poi seguiranno i singoli provvedimenti utili a rimettere mano al Green Deal nel nome della “semplificazione”, vale a dire di una deregolamentazione a misura di imprese. Il 30 gennaio è stat invece la volta del dialogo strategico sul settore automobilistico.

Il 26 febbraio verrà svelato il Clean Industrial Deal e il pacchetto omnibus, con cui tutti gli interventi di semplificazione in campo industriale verranno effettuati con il giustificato rilancio della competitività europea. Una risposta a quanto chiesto dalle imprese per annacquare l’agenda di sostenibilità. «Per salvaguardare e rafforzare la competitività dell’Europa, anche nei confronti di altri attori globali, la prosperità e l’equità, dobbiamo intraprendere un’azione decisiva. Ciò inizia con il rendere le imprese più facili e veloci e con l’approfondimento del mercato unico in tutti i settori. La bussola per la competitività, in quanto prima grande iniziativa della nuova Commissione, inquadrerà il nostro lavoro futuro sulla base della relazione Draghi», è affermato nella pagina della Commissione europea A new plan for Europe’s sustainable prosperity and competitiveness, dove è contenuto il Clean Industrial Deal. Tra l’altro, la relazione Draghi delinea il futuro economico-politico dell’UE incentrato sul settore della Difesa.

Nel documento del 7 gennaio, che istituisce il “gruppo di progetto dei commissari sul Clean Industrial Deal”, al punto due è scritto: «[..] presentare il Clean Industrial Deal nei primi 100 giorni del mandato per stabilire come accelerare la decarbonizzazione dell’industria dell’UE rafforzandone al contempo la competitività». In altre parole, del Green Deal ne rimarrà solo la retorica. Tra tutte le cose che saranno presentate vi saranno senz’altro delle semplificazioni in ambito di rendicontazione finanziaria sostenibile e sulla cosiddetta “due diligence”. Quest’ultima, traducibile in italiano come “dovuta diligenza”, indica l’attività di indagine in merito alla situazione di un’impresa. Gli acquirenti effettuano questo processo prima, durante o dopo l’acquisizione di immobili e aziende così come di acquisti di titoli e azioni in borsa. Con questa verifica viene accertato il valore dell’impresa, valutando i rischi e analizzando i punti di forza e di debolezza. Una semplificazione in questo campo vuol dire meno controlli sulla stipula dei contratti o di avvio di attività economiche.

Per stimolare il mercato e dare nuovo slancio ai profitti dei grandi gruppi privati che lavorano nelle grandi partnership pubblico-privato, Ursula Von der Leyen vorrebbe sostenere tale piano a misura d’impresa con l’istituzione di uno speciale fondo per la competitività nel prossimo bilancio pluriennale (Mff 2028-2034), la cui approvazione e, soprattutto, la cui dotazione finanziario sono rimessi ai negoziati inter-istituzionali che verranno.

[di Michele Manfrin]





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