Le più belle cover interpretate da David Bowie

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di Capital Web

A differenza di altri artisti, David Bowie era sorprendentemente trasparente riguardo ai musicisti e ai creativi che lo ispiravano. Nel corso della sua carriera ha reso omaggio a molte delle figure che più lo avevano colpito nel corso del tempo, spesso con delle cover fatte a modo suo, un omaggio alle persone e alle produzioni che ammirava. Diamo uno sguardo alle cover più belle che il Duca Bianco ha deciso di reinterpretare secondo il magazine Farout.

Le influenze di David Bowie

Le influenze di David Bowie erano straordinariamente varie ed eclettiche, spaziava dagli innovatori avanguardisti alle icone pop di massa, riflettendo la sua insaziabile curiosità e inesauribile fame artistica. Bowie si impegnava sempre a dare il giusto riconoscimento a chi lo meritava, celebrando i giganti creativi che hanno plasmato la sua straordinaria opera in continua evoluzione.

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È risaputo che uno dei più grandi talenti di Bowie fosse la capacità di sfruttare la genialità di altri musicisti quando si trattava di scrivere, registrare e produrre la sua musica. Tuttavia, attingere ai talenti altrui non era limitato solo ai momenti in cui doveva dare vita alle sue innumerevoli visioni. Prese ispirazione diretta dalla sua lista di eroi, il che è una delle ragioni principali per cui riuscì ad adattarsi costantemente ai tempi e ai gusti in continuo cambiamento, sempre ampliando il suo catalogo musicale rendendolo il più eclettico di chiunque altro artista del suo calibro.

Bowie non ha mai sottovalutato il suo debito con coloro che lo hanno ispirato. Oltre a lodare spesso i suoi eroi, ha anche reso omaggio a un’ampia gamma della loro musica, quindi oggi vediamo le 5 migliori cover che ha interpretato secondo Farout.

Across the Universe – The Beatles

David Bowie ha realizzato una cover di “Across the Universe” dei Beatles, includendola nel suo album “Young Americans” del 1975. La sua è una versione molto diversa dall’originale dei Beatles, che ha arricchito con cori e sezioni ritmiche. In quel periodo lui e John Lennon si frequentavano e collaboravano artisticamente e questa versione è stata molto apprezzata da Lennon stesso, che ha dichiarato di preferire la versione di Bowie rispetto alla sua. È un esempio perfetto di come il Duca Bianco riuscisse a reinterpretare e rinvigorire le canzoni dei suoi idoli, aggiungendo il suo personale tocco artistico.

Let’s Spend the Night Together – the Rolling Stones

Una cover energica e vivace quella di Bowie di “Let’s Spend the Night Together” dei Rolling Stones, inclusa nel suo album “Aladdin Sane” del 1973. La sua versione è caratterizzata da un sound glam rock e hard rock, con una velocità e un’energia che superano l’originale. La performance di Bowie è accompagnata dalla chitarra incisiva di Mick Ronson, ma soprattutto si sente in primo piano il pianoforte esuberante di Mike Garson, che aggiungono profondità e una sfumatura innovativa alla canzone.

Le recensioni però sono state contrastanti: alcuni critici l’hanno lodata per la sua audacia e per la freschezza, mentre altri l’hanno trovata troppo caricata. Tuttavia, è indubbio che Bowie sia riuscito a dare un’interpretazione unica e memorabile a questo classico dei Rolling Stones.

I Can’t Explain’ – The Who

“Pin Ups” è un album di Bowie del 1973 composto interamente da cover. Era uno sguardo sul passato, che chiuse un capitolo artistico e decretò definitivamente la morte di Ziggy Stardust, come ha dichiarato lo stesso Bowie:

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“Pin Ups è stato il mio modo di scrollarmi di dosso Ziggy completamente, pur mantenendo un po’ di eccitazione nella musica. Era davvero un modo di rimanere a galla, ma ha finito per essere uno dei miei album preferiti. Sono tutti i brani che hanno significato davvero molto per me… Sono tutte le band che andavo a sentire al Marquee tra il 1964 e il 1967… Era la mia Londra di quel tempo.”

La versione originale di I Can’t Explain dei The Who è una delle loro prime hit, con un sound rock puro, mentre Bowie ha rielaborato la canzone conferendole un’atmosfera più malinconica e riflessiva. Il ritmo è più lento e a un tocco di glam, mantre la sua interpretazione vocale aggiunge un tocco personale e quasi teatrale al pezzo.

I’m Waiting for the Man – The Velvet Underground

I Velvet Underground ebbero un impatto profondo sull’arte di David Bowie. Per lui, l’album The Velvet Underground & Nico del 1967 rappresentava l’apice assoluto della musica.

Bowie amava così tanto I’m Waiting for the Man che la eseguì molte volte e la registrò in numerose occasioni. La registrò persino una manciata di volte per le sessioni live della BBC, ma il meglio arrivò nel 1972, come si sente in Bowie at the Beeb, che presenta un assolo di chitarra stellare di Mick Ronson accompagnato da Trevor Bolder al basso e da Woody“ Woodmansey alla batteria.

See Emily Play – Pink Floyd

Difficile associare David Bowie alla psichedelia… Eppure amava Syd Barret e si cimentò nella sua versione di See Emily Play dei Pink Floyd del 1967. Syd era uno dei suoi idoli assoluti, lo considerava un pioniere della psichedelia e uno degli artisti più singolari degli annali della musica. Dopo la morte di Barret nel 2006 ha detto:

“Syd è stata una grande ispirazione per me. Era così carismatico e un cantautore sorprendentemente originale. Inoltre, insieme ad Anthony Newley, è stato il primo ragazzo che ho sentito cantare pop o rock con un accento britannico. Il suo impatto sul mio pensiero è stato enorme, Un grande rammarico è di non averlo mai conosciuto. Un vero diamante”.

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