Beko Europe, al termine del quarto incontro del tavolo istituzionale sul Piano di trasformazione delle attività industriali italiane, ha espresso apertura sugli investimenti in Italia, con un impegno di circa 300 milioni di euro, di cui un terzo destinato alla ricerca e sviluppo. I sindacati: «Fino a quando non sarà garantita la continuità produttiva e occupazionale per tutti i 4.400 lavoratori italiani, continueremo il confronto e la mobilitazione»
La vertenza Beko Italy continua a essere al centro del dibattito nazionale. Durante il tavolo di crisi tenutosi giovedì presso il ministero delle Imprese e del made in Italy, l’azienda ha confermato la chiusura della produzione al 31 dicembre 2025, ma apre uno spiraglio, ribadendo tuttavia la disponibilità a trovare soluzioni per i due anni successivi.
La decisione della multinazionale turca, che prevede la chiusura di due stabilimenti in Italia e la conseguente perdita di oltre 1.900 posti di lavoro, ha scatenato la reazione del governo, con il ministro Adolfo Urso che ha chiesto all’azienda un nuovo piano industriale da 300 milioni di euro e delle rappresentanze sindacali, che chiedono con forza un cambio di rotta, che porti allo stop delle chiusure e dei licenziamenti.
La posizione dell’azienda
Beko Europe, al termine del quarto incontro del tavolo istituzionale sul Piano di trasformazione delle attività industriali italiane, ha espresso apertura sugli investimenti in Italia, con un impegno di circa 300 milioni di euro, di cui un terzo destinato alla ricerca e sviluppo.
L’azienda ha inoltre confermato la disponibilità a valutare ulteriori aspetti del piano, subordinandoli alla chiarezza sugli strumenti di accompagnamento per i lavoratori e alla capacità di ridurre il livello dei costi fissi. L’amministratore delegato della newco turco-americana, Ragip Bulcioglu, ha ribadito la necessità di un piano essenziale per raggiungere un assetto economicamente e finanziariamente sostenibile nel medio-lungo periodo in Italia.
Beko ha anche confermato che nel paese saranno basati importanti centri di ricerca e sviluppo, come il Centro globale del design industriale e il centro globale per la categoria Cooking. Inoltre, l’azienda ha garantito il mantenimento dei centri decisionali europei chiave per funzioni strategiche, tra cui risorse umane, marketing, supply chain e information technology. Anche le attività di cnsumer care, il centro europeo per le parti di ricambio e il centro di ricondizionamento degli elettrodomestici usati continueranno a operare dall’Italia. La presenza produttiva nel paese rimane strategica, concentrandosi primariamente sulla cottura e sulla refrigerazione da incasso. Tuttavia, l’azienda ha ribadito la necessità di proseguire il percorso di efficientamento delle strutture italiane al fine di ridurre i costi fissi secondo il piano presentato.
L’appello del ministro Urso
Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha lanciato un appello alla proprietà turca affinché venga presentato un nuovo piano industriale con almeno 300 milioni di investimenti. «Chiediamo un vero Piano Italia per fare di Beko un orgoglio del made in Italy – ha dichiarato Urso – con risorse necessarie per colmare il divario di competitività, investendo nell’innovazione tecnologica dei prodotti e nella modernizzazione degli impianti».
Il ministro ha inoltre garantito che il governo metterà in campo tutti gli strumenti disponibili, tra cui gli accordi di innovazione, i contratti di sviluppo e il Piano transizione 5.0 per l’efficientamento energetico. Urso ha ribadito la necessità che Beko presenti un piano industriale serio e in linea con le prescrizioni del golden power, richiamando l’attenzione sulla sovrapposizione con gli altri stabilimenti Whirlpool in Europa e con quelli di Beko in Romania.
«Lo ribadisco ancora una volta – ha aggiunto il ministro – tutti gli stabilimenti dovranno rimanere produttivi. Il sito di Comunanza, in particolare, dovrà continuare a essere un motore produttivo e occupazionale per il territorio marchigiano. Siamo impegnati a valorizzare un’eccellenza del sistema paese».
La protesta dei lavoratori
Mentre al ministero si discuteva il futuro della multinazionale, all’esterno si svolgeva un presidio di protesta con circa 500 lavoratori Beko giunti da tutti gli stabilimenti italiani: Siena, Comunanza (Ascoli Piceno), Fabriano (Ancona), Cassinetta di Biandronno (Varese) e Caserta. In concomitanza con l’incontro, le organizzazioni sindacali Fiom, Fim e Uilm hanno proclamato uno sciopero di otto ore, coinvolgendo tutti i siti produttivi del gruppo.
Alla protesta hanno preso parte anche delegati sindacali e rappresentanti nazionali delle tre sigle coinvolte. Il malcontento dei lavoratori è alimentato dal timore di una ripetizione del caso Whirlpool, che nel 2021 ha chiuso il sito di Napoli prima di vendere tutte le attività italiane a Beko.
La posizione dei sindacati
Fim, Fiom, Uilm e Uglm, presenti oggi al tavolo del Mimit, hanno accolto con favore la rinuncia di Beko ad avviare la procedura di chiusura e licenziamento, considerandola un primo passo verso un confronto. Tuttavia, ritengono le proposte dell’azienda ancora vaghe e insufficienti.
Secondo i sindacati, l’annunciato piano di investimenti da 300 milioni di euro potrebbe includere il mantenimento del sito di Comunanza e una transizione di tre anni per lo stabilimento di Siena, la cui produzione è comunque destinata a cessare. Grazie alla pressione dei lavoratori, il governo e le istituzioni locali si sono detti disponibili a supportare gli investimenti e a rilevare l’immobile di Siena per garantirne la destinazione industriale.
«Ci aspettiamo che queste promesse si trasformino in impegni concreti già nel prossimo incontro del 10 febbraio», affermano i sindacati. «Fino a quando non sarà garantita la continuità produttiva e occupazionale per tutti i 4.400 lavoratori italiani, continueremo il confronto e la mobilitazione». Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se la multinazionale darà seguito alle promesse, decidendo di fare una piena marcia indietro rispetto ai tagli annunciati.
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