Meloni indagata, il ruolo della Procura: perché si è scelto di non archiviare subito l’esposto. Atti al Tribunale dei ministri: cosa succede ora

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L’indagine nei confronti dei membri del governo per il caso Almasri è destinata a non arrivare mai a processo. È uno dei pochi dati certi nella vicenda giudiziaria che ha di nuovo scatenato il centrodestra contro la magistratura, dopo l’avviso di garanzia – tecnicamente una “comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati” – inviato alla premier Giorgia Meloni, ai ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, autorità delegata ai servizi segreti. L’atto della Procura di Roma è una conseguenza della denuncia presentata da Luigi Li Gotti, ex parlamentare dell’Italia dei Valori (con un passato nel Movimento sociale italiano) che ipotizza a loro carico due reati: favoreggiamento personale, per aver rilasciato il generale libico Osama Almasri, presunto responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità, permettendogli di sottrarsi alla Corte penale internazionale, e peculato, per averlo riaccompagnato in patria con un volo di Stato a spese dei contribuenti.

Cosa succede ora – Una volta ricevuto l’esposto e verificata la sua non manifesta infondatezza, il procuratore ha fatto ciò che era obbligato a fare dall’articolo 6 della legge costituzionale numero 1 del 1988: lo ha trasmesso, senza svolgere alcun atto di indagine, al Tribunale dei ministri, uno speciale collegio precostituito da tre magistrati estratti a sorte, esistente in ogni sede di Corte d’Appello e competente a indagare sui reati commessi da membri del governo nell’esercizio delle loro funzioni. Nello stesso tempo ha dato “immediata comunicazione” della trasmissione “ai soggetti interessati”, avvisandoli della possibilità di “presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati“, come impone la stessa norma. Ed è così che la premier è venuta a sapere di essere formalmente indagata, per poi comunicarlo al Paese in un video dai toni aggressivi. In base alla legge costituzionale, ora spetta al Tribunale dei ministri svolgere le indagini – un ruolo paragonabile a quello del vecchio giudice istruttore – e poi decidere, entro novanta giorni, se archiviare il fascicolo o chiedere l’autorizzazione a procedere al Parlamento (in questo caso alla Camera, visto che gli indagati sono due deputati e due non parlamentari) per mandare il caso a giudizio di fronte al Tribunale ordinario. Anche in quest’ultima ipotesi, che allo stato appare improbabile, si può comunque dare per scontato che il nulla osta verrebbe negato dalla maggioranza di centrodestra (e forse pure dai centristi di Azione, Italia viva e +Europa).

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Atto “dovuto” o “voluto”? – Lo scontro mediatico, però, si è concentrato soprattutto su un punto: il procuratore poteva evitare di indagare formalmente Meloni e i ministri? La norma chiave è l’articolo 335 del codice di procedura, secondo cui il pm “iscrive immediatamente (…) ogni notizia di reato contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice”. L’Associazione nazionale magistrati e le opposizioni, quindi, accusano la premier di strumentalizzare un fatto neutro, sottolineando che l’iscrizione è un atto dovuto in presenza di un esposto circostanziato come quello di Li Gotti. Dal centrodestra, invece, si sostiene che Lo Voi avesse in realtà un certo margine per cestinare direttamente la denuncia, citando una circolare del 2017 dell’allora capo dei pm di Roma, Giuseppe Pignatone, che invitava i sostituti a evitare iscrizioni “frettolose”. A mettere ordine ci ha provato il segretario generale dell’Anm Salvatore Casciaro, giudice in Cassazione: “Solo in caso di denunce manifestamente infondate e fantasiose ci potrebbe forse essere un margine ridottissimo di valutazione, ed evidentemente non è stato ritenuto un caso rientrante in quella tipologia”, ha spiegato all’Ansa.

Il modello 45 – Il riferimento è al cosiddetto “modello 45“, il registro degli atti non costituenti notizia di reato, dove le Procure accumulano in genere le montagne di segnalazioni palesemente infondate che arrivano ogni giorno. I fascicoli iscritti a modello 45, in effetti, possono essere archiviati direttamente dal pm, eventualmente dopo aver svolto limitati accertamenti preliminari. Insomma, sulla carta Lo Voi avrebbe avuto una via d’uscita comoda per gestire la patata bollente senza dover indagare mezzo governo, ma ha scelto di non percorrerla. Una mossa politica per danneggiare la maggioranza? Difficile immaginarlo conoscendo il profilo del magistrato, tutt’altro che “toga rossa” e anzi storico esponente della magistratura conservatrice, poco avvezzo alle fughe in avanti. Più verosimilmente, il procuratore ha ritenuto che quella strada non fosse praticabile, perché l’esposto di Li Gotti non si poteva liquidare al rango di spazzatura: iscriverlo a modello 45 avrebbe significato esporsi all’accusa di aver voluto insabbiare il caso.

L’incognita delle “richieste” – C’è poi un altro elemento finora trascurato: la legge del 1988 dice che il procuratore trasmette gli atti al Tribunale dei ministri “con le sue richieste“. Sembra di capire, quindi, che se Lo Voi avrebbe potuto sollecitare l’archiviazione del procedimento nello stesso momento in cui ha comunicato agli indagati della sua esistenza. E finora dalla Procura non sono trapelate notizie in questo senso. Così Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia di Forza Italia, ha buon gioco a solleticare l’ipotesi di complotto: “C’erano tante scelte che potevano essere effettuate e la Procura di Roma ha scelto di iscrivere a modello 21 (il registro “standard” delle notizie di reato, ndr) quattro membri del governo. Non c’è nessun automatismo e nessun obbligo, la Procura poteva mandare un modello 45 o poteva mandare una richiesta contestuale di archiviazione. Parlare di automatismi è inesatto. È stata una scelta che si può condividere o no, e noi non la condividiamo, ma è una scelta vera e propria“. In ogni caso, dal punto di vista politico l’indagine è un assist formidabile alla premier: l’imbarazzante tema della scarcerazione di Almasri, infatti, per il momento è passato in secondo piano. Tanto che Nordio e Piantedosi ne hanno subito approfittato per annullare l’informativa alle Camere prevista per mercoledì pomeriggio.

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