Come funziona il pignoramento per cartelle esattoriali?

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Esecuzione forzata esattoriale: come Agenzia Entrate Riscossione pignora il conto, la casa, lo stipendio o la pensione.

Se ricevi una “cartella esattoriale”, una “intimazione di pagamento” o una “lettera di presa in carico” da parte di Agenzia Entrate Riscossione è probabile (ma non scontato) che il passo successivo sia l’avvio della riscossione. Per impedire che ciò avvenga puoi pagare l’importo che ti viene richiesto o chiedere una dilazione. In caso contrario, i tuoi beni – la casa, il conto corrente, il quinto dello stipendio o della pensione, la quota dell’eredità ancora indivisa – potrebbero essere aggrediti e sottoposti ad esecuzione forzata. Scopo di questa breve guida è spiegarti come funziona il pignoramento per cartelle esattoriali.

In linea generale, la riscossione esattoriale – quella cioè eseguita dall’Agente per la riscossione dei tributi dello Stato o degli enti locali – segue le regole generali dell’esecuzione forzata (quella cioè che qualsiasi privato può compiere). Sono previste tuttavia alcune regole speciali di cui parleremo qui di seguito.

Cos’è la riscossione esattoriale

La riscossione esattoriale è il procedimento attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) recupera i crediti vantati dallo Stato o da altri enti pubblici nei confronti dei contribuenti. Quando un contribuente non paga una cartella esattoriale entro i termini previsti, l’AdER può avviare l’esecuzione forzata, che può consistere nel pignoramento di beni mobili, immobili, crediti presso terzi, stipendi, pensioni o conti correnti.

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Quando scatta il pignoramento per cartelle esattoriali?

Per legge non si può avviare la riscossione esattoriale, ossia il pignoramento dei beni del contribuente, se prima quest’ultimo non ha ricevuto la notifica:

  • della cartella esattoriale;
  • oppure della cosiddetta “lettera di presa in carico” in caso di precedente notifica di un accertamento immediatamente esecutivo da parte dell’Agenzia delle Entrate o dell’Inps.

Il contribuente ha 60 giorni per pagare o chiedere la dilazione. Ma non è detto che, al sessantunesimo, scatti immediatamente il pignoramento. Anzi, a volte, non avviene nulla. Tutto chiaramente dipende dalla solerzia dell’ufficio territoriale e dalla solvibilità del debitore.

La cartella ha un termine di efficacia di 1 anno, decorso il quale, per poter eseguire il pignoramento, il fisco deve notificare un nuovo atto: la intimazione di pagamento (con assegnazione di altri 5 giorni per adempiere).

Fatto ciò, l’Esattore può accedere all’Anagrafe tributaria per verificare i beni di proprietà del contribuente e decidere quale tipo di esecuzione forzata intraprendere. Può optare per:

  • il pignoramento degli immobili (case, terreni, ecc.);
  • il pignoramento dei crediti verso terzi (stipendi, pensioni, conti correnti, ecc.);
  • il pignoramento dei beni mobili (meno utilizzato).

Come funziona il pignoramento da parte di Agenzia Entrate Riscossione?

Ad eccezione del pignoramento della pensione, tutte le altre forme di pignoramento avvengono direttamente da parte dell’Esattore, senza l’intermediazione di un giudice e quindi senza che vi sia alcuna udienza in tribunale.

Quindi il contribuente, ricevuta la lettera con l’avviso di pignoramento, non avrà altre possibilità per fare opposizione se non entro 60 giorni dal ricevimento di quest’ultima.

Pignoramento immobiliare

Il pignoramento immobiliare è disciplinato dagli articoli 555 e seguenti del Codice di Procedura Civile. L’AdER (Agente della Riscossione Esattoriale) può procedere al pignoramento di beni immobili del debitore per recuperare il credito iscritto a ruolo.

Prima di procedere al pignoramento, l’AdER deve notificare al debitore un preavviso di iscrizione ipotecaria, concedendogli un termine di 30 giorni per regolarizzare la propria posizione.

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Se il debitore non adempie, l’AdER può iscrivere ipoteca sull’immobile a patto però che il debito sia superiore ad almeno 20.000 euro.

Non prima di 6 mesi dall’iscrizione dell’ipoteca, l’Esattore notifica l’atto di pignoramento al debitore, contenente l’indicazione del credito per cui si procede e l’invito a non alienare l’immobile.

Il pignoramento è possibile solo se:

  • il debito è superiore a 120.000 euro;
  • il valore complessivo degli immobili del debitore supera 120.000 euro;
  • il debitore non ha un solo immobile di proprietà, adibito a civile abitazione, che sia luogo di residenza e non di lusso (ossia non deve essere accatastato nelle categorie A/1, A/8 o A/9). In tale ipotesi infatti opera il divieto di pignoramento della cosiddetta prima casa.

Il pignoramento deve essere trascritto nei registri immobiliari per essere opponibile ai terzi.

Se il debitore non paga, l’immobile può essere venduto all’asta per soddisfare il credito.

Come anticipato, non c’è una procedura giudiziale.

Pignoramento del conto corrente

Il pignoramento del conto corrente è regolato dall’art. 72-bis del DPR 602/1973. A differenza del pignoramento immobiliare non esistono limiti minimi di importo al di sotto del quale non sia possibile il pignoramento del conto. E lo stesso vale anche per il pignoramento dello stipendio e della pensione.

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L’AdER può ordinare alla banca di versare le somme presenti sul conto del debitore fino a concorrenza del credito ma solo se il contribuente non pagherà entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto di pignoramento stesso. Il debitore può anche sbloccare il conto chiedendo una rateazione del pagamento.

L’Esattore può pignorare tutte le somme sul conto, fino a concorrenza del proprio credito, aumentato di metà (per coprire le spese legali).

Tuttavia, esistono limiti alla pignorabilità delle somme accreditate a titolo di stipendio o pensione:

  • le somme depositate sul conto prima del pignoramento sono pignorabili solo per l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale;
  • le somme accreditate dopo il pignoramento sono pignorabili nei seguenti limiti: 1) un decimo, se lo stipendio o la pensione non superano 2.500 euro; 2) un settimo, se lo stipendio o la pensione superano 2.500 ma non sono più alti di 5.000 euro; 2) un quinto, se lo stipendio o la pensione superano 5.000 euro.

Nel solo caso della pensione, prima di procedere al calcolo della percentuale pignorabile, bisogna detrarre il minimo vitale che è pari al doppio dell’assegno sociale.

In caso di conto cointestato, il pignoramento può riguardare solo la quota parte del debitore.

Pignoramento della pensione

Il pignoramento della pensione direttamente presso l’INPS è soggetto a limiti specifici per garantire al debitore un minimo vitale.

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Le pensioni possono essere pignorate nella misura di un decimo per importi fino a 2.500 euro, di un settimo per importi tra 2.500 e 5.000 euro, e di un quinto per importi superiori a 5.000 euro.

È impignorabile la parte della pensione necessaria a garantire il minimo vitale, pari al doppio dell’assegno sociale.

Solo nel caso della pensione, il pignoramento deve avvenire tramite previa autorizzazione del giudice in apposita udienza.

Pignoramento dello stipendio

Anche lo stipendio è soggetto a limiti di pignorabilità per tutelare il lavoratore. L’art. 72-ter del DPR 602/1973 e l’art. 545 c.p.c. stabiliscono che lo stipendio può essere pignorato nella misura di un decimo per importi fino a 2.500 euro, di un settimo per importi tra 2.500 e 5.000 euro, e di un quinto per importi superiori a 5.000 euro.

In questo caso, a differenza della pensione, l’AdER può utilizzare la procedura semplificata ex art. 72-bis per pignorare lo stipendio presso il datore di lavoro, senza quindi l’autorizzazione del giudice.



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