Tutti gli affari di Almasri, il trafficante dello scandalo

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Il generale libico Almasri – Ansa

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Patente turca e auto tedesca. Esibisce la carta d’identità di un paradiso fiscale. In tasca, la chiave elettronica di un appartamento nel villaggio per ricchi a Istanbul. C’è chi in Libia va cercando il petrolio. E chi a Tripoli ha trovato l’America. Come il generale Almasri. Ora che è un superlatitante non potrà facilmente recarsi a Londra partendo da Tripoli e facendo scalo a Roma. E chissà cosa avrebbe da dire il generale agli avvocati di un noto studio inglese specializzato in diritto dell’immigrazione. Alle richieste di “Avvenire” i legali non hanno risposto.
L’uomo d’affari
Il generale scarcerato dalla corte d’appello di Roma e riportato in Libia con un jet di Stato è anche un uomo d’affari. Sui biglietti da visita si presenta come «general manager» di due compagnie private con sede in Turchia, numeri di telefono fissi del Regno Unito e dell’Ontario, in Canada. Oltre al cellulare personale con numerazione di Tripoli. Quale sia il commercio della “Al-Asale Al-Dahabiye 1” e della “Al-Asale Al-Dahabiye 2” non è ancora chiaro. Di certo per acquistare il nuovo Rolex Submariner Ulk, acciaio e corona verde, il generale ha estratto una delle otto carte bancarie “platinum”. Sul listino il prezzo consigliato è di 9mila euro, ma la scarsa reperibilità ne fa moltiplicare per tre le quotazioni. Una cifra che equivale ad almeno due anni di stipendio di un ufficiale libico.
È anche cittadino turco
I soldi, per Almasri, non sono un grosso problema. Durante il suo tour invernale percorrendo il vecchio continente da Sud a Nord e viceversa, il generale Osama si era portato nel bagaglio il necessario per affrontare ogni emergenza: 2 carte Visa e 6 Mastercard, 2 emesse da banche del Regno Unito e 6 da istituti turchi. A giudicare da una delle sue carte di identità, giudicate autentiche, il generale è anche cittadino turco. La patente con il timbro di Ankara gli permette di noleggiare auto e guidare liberamente in tutti i Paesi europei. Oltre a una card per l’accesso in camera di un esclusivo albergo milanese di proprietà di una casa di alta moda, il generale accusato dei peggiori crimini di guerra e contro i diritti umani conserva anche la tessera elettronica per accedere a uno stabile del “Mavera Park”. È un elegante complesso residenziale costruito alla periferia di Istanbul, pensato come una piccola Dubai a pochi chilometri dal Bosforo.
Nel libro nero dell’Onu
Da tempo Almasri è nell’occhio degli investigatori internazionali. Lui lo sapeva. L’inchiesta ha toccato suoi collaboratori e raccolto testimonianze delle sue migliaia di vittime. Una lezione il generale l’ha imparata da chi prima di lui era finito nel libro nero delle Nazioni Unite. Come il comandante Bija, il guardacoste-trafficante ucciso nel settembre 2024, su cui si era abbattuta la scure del Consiglio di sicurezza: congelamento dei beni, divieto di espatrio e divieto di pagargli lo stipendio, anche se nessuna delle prescrizioni è stata mai osservata dal governo libico. Dal 15 agosto 2022 Almasri può farsi scudo con la sua terza nazionalità conosciuta, dopo quella libica e turca: Repubblica di Dominica. Un paradiso naturale, ma soprattutto fiscale.

Per diventare cittadino dell’isola del Commonwealth (il cui passaporto consente di viaggiare senza visto d’ingresso in oltre 40 Paesi), occorre avere buone amicizie, versare 100mila dollari, aprire un conto e tenerlo largamente in attivo. Zero imposte sui redditi provenienti dall’estero. E in caso di mandato di cattura, nella piccola capitale Roseau gli sbirri di altri Paesi non possono fare quasi nulla, a parte prendere il sole tra Guadalupa e la Martinica.
Il mandato d’arresto
Con questi accorgimenti, Almasri è riuscito a muoversi per l’Europa inizialmente senza destare troppi sospetti. I documenti sarebbero potuti appartenere a un omonimo residente in Turchia o nei Caraibi, sebbene non sia chiaro con quale documento abbia effettuato il check-in del volo di linea Tripoli-Roma del 6 gennaio. La patente turca con cui ha prelevato l’auto in Germania e l’avviso di voler riconsegnare il mezzo a Roma Fiumicino hanno fatto scattare l’alert dell’intelligence tedesca. Messa in moto l’unità investigativa della Corte penale internazionale, dove lavorano anche funzionari delle autorità italiane, quando il mandato di cattura era pronto Almasri si trovava da poco in Piemonte. Per aumentare le probabilità di un arresto il mandato è stato trasmesso anche a Paesi come Francia, Germania, Belgio, nel caso il generale avesse lasciato l’Italia verso altre destinazioni europee.
Centri di detenzione
Negli ultimi giorni si sono rincorse voci, alimentate anche dalle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, secondo cui Osama Najeem Almasri non sarebbe un trafficante di uomini né avrebbe a che fare con il business dello sfruttamento. La risposta, oltre che dal contenuto dell’ordine d’arresto internazionale, arriva dagli ispettori Onu. Almasri con la sua milizia controlla diverse prigioni e campi di detenzione libici dove sono detenuti terroristi, attivisti, oppositori politici, giornalisti e centinaia di stranieri migranti.

Una delle pagine delle indagini depositate al Consiglio di Sicurezza Onu nel quale è indicato il generale Najim (Almasri) come direttamente coinvolto nel traffico di esseri umani

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Due i penitenziari più grandi: Mitiga e Ayn Zara, entrambi nell’area di Tripoli. Ecco cosa scrivevano gli investigatori al Consiglio di sicurezza Onu nel 2022 e di nuovo nel 2023 : «L’abuso è commesso come parte dello schema commerciale illegale che questa rete» gestisce allo scopo «di ottenere guadagni finanziari e di altro tipo dai migranti che sono stati detenuti illegalmente in quelle strutture».
Lo schema criminale
Lo schema si fonda su «quattro fasi operative: a) ricerca e intercettazione dei migranti in mare; b) trasferimento dai punti di sbarco ai centri di detenzione della Direzione per la lotta alla migrazione illegale; c) abuso di detenuti in tali centri di detenzione; d) rilascio dei detenuti maltrattati».

Il grafico con cui gli “ispettori Onu” spiegano lo “schema criminale” del traffico di migranti in cui sono coinvolte le prigioni controllate da Almasri

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La scarcerazione e la consegna agli scafisti, l’ultimo ingranaggio della filiera, avviene solo a precise condizioni. «Gli ex detenuti – scrivono gli ispettori Onu – hanno identificato Osama Najim». È Almasri che insieme a Adel Mohamed Ali (detto “Sheikh Adel”) sono considerati «direttamente responsabili del trasferimento illegale (dei migranti catturati, ndr) e del lavoro illegale», in violazione del «divieto di schiavitù, trattamento crudele e oltraggi alla dignità personale ai sensi del diritto internazionale umanitario».

Ad alcune delle vittime di Almasri gli inquirenti dell’Aja hanno chiesto di disegnare su un foglio la mappa della prigione, indicando le attività che si svolgono nei vari plessi: interrogatori, torture, stupri, riduzione in schiavitù, schiavitù sessuale. Anche in questo caso la descrizione è risultata perfettamente coincidente con le acquisizioni autonome degli investigatori.
Il jet pre-allertato
Prima di salire a bordo dell’aereo di Stato che il 22 gennaio lo attendeva da 8 ore, quando ancora non si era pronunciata la corte d’appello di Roma, Almasri è tornato in possesso di tutti i suoi documenti. Compresa la garanzia internazionale del nuovo Rolex, souvenir del suo trionfale viaggio in Europa.





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