Fine vita, in Liguria si rilancia la proposta di legge con Cappato e Pastorino: “Necessità civile”

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In Regione Liguria, le opposizioni riunite rilanciano la proposta di legge sul fine vita. Promossa insieme all’associazione Luca Coscioni per regolamentare tempi e procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, già incardinata e depositata in Regione in attesa della discussione e l’eventuale voto, a presentarla sono stati Marco Cappato e il consigliere Gianni Pastorino, primo firmatario della proposta nella scorsa legislatura. Pensato con la “sponda” della sentenza della Corte costituzionale del 2019 che lo ha reso legale, il disegno di legge prevede procedure e tempi certi per l’assistenza sanitaria al suicidio assistito. Proposte analoghe sono in discussione in Toscana, risultano rinviate in commissione in Friuli, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, in attesa di discussione in Valle D’Aosta, Lazio, Campania, Sardegna e Abruzzo. La Liguria potrebbe diventare la prima regione a legiferare sul tema.

«Spero che in maggioranza sappiano accogliere la proposta per ciò che è: una necessità civile, non un terreno di scontro ideologico», dice Pastorino. «La proposta di legge che mi vede primo firmatario è un passo concreto per garantire dignità, libertà e autodeterminazione a chi affronta sofferenze insopportabili. Abbiamo rilanciato un percorso che parla di libertà e diritti, ma soprattutto di umanità, e continueremo a lavorare per far sì che la Liguria sia un esempio per l’intero Paese». Ma al contrario della scorsa legislatura, quando Giovanni Toti sul tema aveva dato “libera scelta” e più di un consigliere di centrodestra aveva dato l’adesione, in Lega come in FdI le posizioni potrebbero cambiare.

Il presidente Bucci, per ora, frena: «Non ho ancora letto, ma abbiam già una legge nazionale sul tema». «in Liguria abbiamo attività importanti che seguono le persone con le cure palliative, sanno come fare il loro lavoro e rispettano la legge. In maggioranza non ne abbiamo ancora discusso – ha aggiunto – non parlo di questioni etiche personali, parlo solo del mio lavoro. Se la legge nazionale comprende il discorso, è inutile fare una legge nostra».

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Nella legislatura precedente si era registrato un appoggio quasi bipartisan alla proposta: anche il presidente della commissione Sanità Brunello Brunetto, leghista, si era schierato tra i favorevoli alla legge. Oggi tutti i 13 consiglieri di minoranza hanno firmato il testo, ma in maggioranza sono cambiati equilibri, volti, appartenenze.

«Oggi qui a Genova, in Liguria, è stata depositata la legge regionale liberi subito per dare tempi e procedure certe sul cosiddetto suicidio assistito, che è già legale in Italia in forza della sentenza con valore di legge della Corte Costituzionale – fa il punto Cappato – In Emilia Romagna già esistono procedure regionali, si sta discutendo in tante altre regioni, in Toscana è passata in commissione la nostra proposta di legge, noi come associazione Luca Coscioni vogliamo che il servizio sanitario risponda alle persone che soffrono in tempi rapidi e certi e dia garanzie anche al personale sanitario su come deve agire e comportarsi per rispettare la volontà dei malati».

«ll cosiddetto suicidio assistito è già legale in Italia in conseguenza di una sentenza della Corte Costituzionale, una legge regionale serve per dare tempi e regole certe affinché le persone che soffrono in modo irreversibile non debbano aspettare mesi prima di avere una risposta dalla sanità regionale sulla possibilità di essere aiutati a morire senza soffrire. Chiediamo di rispettare la sentenza con tempi e procedure certe e con il rispetto delle persone che soffrono, ma anche dei medici che hanno la possibilità di lavorare in un contesto di regole chiare».

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è normata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale, proprio sul caso Cappato-Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone. «La Consulta ha disposto, con una sentenza di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, che la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) deve essere in possesso di determinati requisiti: deve essere capace di autodeterminarsi, essere affetta da patologia irreversibile, che tale patologia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale», viene spiegato dalla Luca Coscioni.

«Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge, previo parere del comitato etico territorialmente competente. L’azienda sanitaria deve inoltre verificare le modalità di esecuzione le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze».

Ai sensi della recente sentenza costituzionale del 2024, poi, la Consulta ha anche ampliato la portata del «requisito del trattamento di sostegno vitale» includendo tutte quelle procedure che, indipendentemente dal loro grado di complessità tecnica e di invasività, sono normalmente compiute da familiari o caregivers. Ma anche stabilito «che il requisito del “trattamento di sostegno vitale” può dirsi soddisfatto anche quando non sia in esecuzione perché, legittimamente, rifiutato dalla persona malata», si fa notare ancora dalla Coscioni.



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