L’arcivescovo Gallagher a Monaco – La libertà religiosa diritto inalienabile

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di Salvatore Cernuzio

La «rabbia» sì. Contro il male e le ingiustizie è legittima. Ma l’odio mai, anche quando si è perseguitati per la propria fede fino ad arrivare a discriminazioni, prigionia o, addirittura, morte. Dal Principato di Monaco, la città-Stato a maggioranza cattolica, dove da ieri è ospite del principe Alberto ii , l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, ricorda la sofferenza di tanti cristiani che in alcune zone del mondo soffrono per violenze e soprusi. A loro si rivolge il presule durante la messa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, in occasione della festa della patrona santa Devota, esortando a non lasciarsi avvelenare il cuore, ma non mancando di denunciare le violazioni della libertà religiosa «diritto fondamentale, primario e inalienabile, che va promosso ovunque e per il quale altri, prima di noi e per noi, hanno pagato con la vita».

Spunto per riflettere su questo tema purtroppo ancora attuale è la testimonianza della vergine corsa Dévote, martirizzata crudelmente nel 304 dopo essersi rifiutata di obbedire all’imperatore. Fu torturata a Marsiglia prima di essere giustiziata nonostante la giovane età; i monegaschi la venerano come patrona, celebrandone la memoria ogni 26 e 27 gennaio. Anche ieri, infatti, si erano svolti i festeggiamenti, tra cui uno spettacolo di droni, a cui ha partecipato Gallagher che, in mattinata, ha incontrato Alberto ii nel Palazzo reale e nel pomeriggio ha partecipato alla processione in Avenue Président J.F. Kennedy, insieme alla famiglia principesca.

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Questa mattina la celebrazione della messa, alla presenza, tra gli altri, di diverse autorità civili e militari, del nunzio Martin Krebs, del clero locale e degli abitanti del Principato. A tutti monsignor Gallagher ha portato «il saluto, la vicinanza e la benedizione» del Papa e ha rivolto un pensiero ai pellegrini venuti dalla Corsica, terra natale di sainte Dévote.

La storia della patrona fa da traccia all’omelia. Un «triste promemoria» che richiama la nota affermazione di Tertulliano: «Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani». Una frase risalente a secoli fa, ma che ancora oggi brilla per la sua attualità, considerando che «in diversi Paesi — ha rimarcato Gallagher — affermare la propria fede cristiana può portare ad accuse di blasfemia contro una religione dominante, portare a discriminazioni nell’accesso a un lavoro, a una posizione, a una promozione, o anche alla proprietà, o portare al carcere o alla morte».

Non è il caso del Principato di Monaco «dove il cattolicesimo resta la religione ufficiale», ha chiarito il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, ma di tante terre in cui «non è tanto la fede cristiana ad essere in pericolo — la storia ha dimostrato che anche nei Paesi in cui si è tentato di sradicarla, essa resiste e si rafforza di fronte agli attacchi — quanto piuttosto la libertà religiosa ad essere seriamente minacciata».

E questa libertà «è un bene inestimabile», da «preservare, difendere e rispettare». L’attualità restituisce, invece, un «elenco sempre più lungo di orrori, dove i cristiani — e molti altri — sono vittime di ingiustizie e violenze». Dinanzi a tale scenario, il presule ha esortato a «non cedere alla tentazione di lasciare che i nostri cuori siano invasi dall’odio!».

Quindi ha parlato del «coraggio della pace», quale «cammino di speranza» di fronte a ostacoli e prove. «È coltivando l’umiltà, la dolcezza e la magnanimità che riusciremo ad abbattere i tanti muri invisibili che emarginano, separano e isolano le nostre società», ha detto Gallagher. «Dove c’è orgoglio, c’è sempre guerra, sempre voglia di sconfiggere gli altri, di credersi superiori; senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità».

A conclusione dell’omelia, l’arcivescovo ha invitato a «vivere pienamente la propria fede» di fronte alle sfide di questo mondo. Invito rafforzato da un’immagine, quella tipicamente monegasca del Gran Premio di Formula 1 , la cui prima curva del circuito è intitolata a santa Devota. Ecco, quella curva non è la più tecnicamente complessa, ma ha «un potente significato spirituale» perché invita simbolicamente a valutare con attenzione «le svolte della nostra vita cristiana, i cambiamenti di direzione spesso inevitabili». «Che questa svolta di santa Devota ci aiuti a evitare slittamenti, a mantenere la rotta su una strada dritta e sicura: quella di Cristo», è stato l’augurio conclusivo del celebrante per tutti i monegaschi, insieme all’incoraggiamento a «impegnarsi senza indugio», lungo il Giubileo, «nella ricerca della speranza perduta, per seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo».

Dopo la messa Gallagher ha incontrato il clero, le religiose e le associazioni diocesane in arcivescovado.



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