La radici spirituali della “Rivoluzione Trump”. Come lo spirito messianico e apocalittico patriottico-cristiano della prima America ispiri l’epocale Nuovo Corso Americano

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Il giornalismo italiano ed europeo (e parte delle classi dirigenti) nella sua maggioranza non sta prendendo sul serio le dichiarazioni del Presidente Trump rivelando purtroppo un approccio superficiale e pregiudiziale avverso al suo dinamismo politico. Occorre invece capire le ragioni profonde (e ci sono, ricchissime) della sua intensa e velocissima narrazione azione politico-mediatica. Trump oggi ha ridato coesione al rapporto fra Governo Usa, apparati di potere e cittadinanza riuscendo ad esprimere in una nuova sintesi le eccellenze della prima nazione al mondo. Forse i “democratici” di casa nostra preferirebbero che le elites tecno-economiche lavorassero solo nell’ombra senza responsabilità politiche né evidenza? Forse preferiscono i politici che non esplicitano i loro programmi? Trump va in primo luogo apprezzato per l’estrema e rarissima iper-chiarezza della comunicazione del nuovo corso dell’America per se stessa e per il mondo. Occorre distinguere fra gli aspetti scenici e massmediali della politica quale recita, inevitabili per tutti, e l’essenza sostanziale della nuova strategia in corso. Si tratta di una strategia che esprime l’anima profonda dell’America e ne troviamo conferma chiarissima ancora prima che nei discorsi presidenziali nel linguaggio altrettanto chiaro dei simboli che Trump padroneggia benissimo come ogni vero leader sa fare; capacità che noi europei abbiamo perso da tempo. Non è per il freddo clima che l’Inauguration Day si è tenuto “al chiuso” ma per esprimere con la massima solennità e sacralità i valori storici e patriottici che ispirano il popolo MAGA e che questo vasto movimento veicola. La scelta presidenziale della National Statuary Hall per il giuramento e il primo discorso presidenziale indica la scelta di tornare al cuore della prima America: quella di John Adams, Madison e Monroe che qui si insediarono nella bella e ampia sala circolare neoclassica sotto la più celebre cupola politica del mondo. Trump ha parlato all’America e al mondo dal cuore della Rivoluzione Americana, dalle radici di quell’America amata da Ezra Pound: l’America di Alexander Hamilton e di Lincoln, la terra della libertà amata e aiutata dal marchese Lafayette e resa grande dai suoi Presidenti fino al Mc Kinley citato da Trump. Si tratta di un pensiero politico dove la terra, il territorio e il sogno patriottico si esprimono in un culto laico ma ricco di slancio religioso e messianico verso il futuro. Questa è la fonte della grandezza della Rivoluzione Americana: l’assenza delle degenerazioni ideologiche proprie di quella francese e il suo fondarsi su una sintesi di quattro polarità: fede cristiana, patriottismo, forte senso della libertà sia individuale che territoriale e tensione dinamica verso il futuro, lo sviluppo, il vero progresso. Ben altri risultati ha dato la scissione francese fra patriottismo e religione, fra progresso e nazione: divisione, pregiudizio e disgregazione che stiamo pagando ancora oggi. Trump ha saputo risvegliare e catalizzare questo fiero e cavalleresco spirito per provare a vincere le grandi sfide interne ed esterne che metto sotto pressione gli Usa da tempo. Culturalmente si tratta della nobile tradizione Whig americana, che è sempre andata oltre le divisioni fra democratici e repubblicani per restare fedele a valori di sovranità e indipendenza nazionale. Furono i Presidenti Whig o dai Whig influenzati che fondarono il poderoso e rivoluzionario sistema industriale statunitense e lo difesero tenacemente con la protezione dei dazi doganali fino alla fine dell’Ottocento. E’ la bella e nobile America fedele ai suoi Padri fondatori, che parlavano latino e francese, non solo inglese e che cercavano di non opprimere il popolo con troppe tasse e imposizioni ma di servirlo con passione. Si trattava di un’aristocrazia di tipo produttivo (non parassitario) che seppe reinventarsi sotto ogni profilo per costruire una nuova nazione che esprimesse una vocazione universale. Scelsero la forma repubblicana e federale proprio per richiamarsi al loro amore per la Res Publica dell’antica Roma e alla gloria delle sue virtù civili. Lo stesso Mito che ispirò da noi Gioberti, Cattaneo e Mazzini. Basta ammirare le statue di questo pantheon di glorie nazionali dal quale ha parlato come Presidente Trump per vedere le identità di Presidenti, magnati dell’industria e inventori come Edison e Fulton, i primi eroici missionari come i cattolici Padre Damiano che aiutò i lebbrosi nelle Hawaii, madre Joseph del Sacro Cuore, suora e architetto e ancora prima Padre Eusebio Kino e i francescani evangelizzatori e fondatori della California, fino al cantante Johnny Cash che ha saputo, come ora Trump, dare voce all’America secondo il suo archetipo della terra e della tradizione dei pionieri. Dovremmo essere grati a Trump e a Musk per la simpatia verso l’Italia che manifestano e non odiarli come fanno certi scrittori italiani. Musk deve aver imparato l’importanza dell’antica Roma dai retaggi di diritto romano antico che l’ordinamento del Sudafrica conserva, grazie ai Boeri i quali quando giunsero in quella lontana terra in Inghilterra si usava ancora il latino nei Tribunali. Le note dell’Inno patriottico “The battle hymn of Repubblic (John Brown) che ha fatto da colonna sonora hanno solennizzato l’inaugurazione programmatica di Trump che, osserviamolo ancora, lo ha ascoltato con la massima serietà e concentrazione, spesso annuendo. L’America è oggi in guerra, sembra dirci questo contesto simbolico ma per la prima volta, mai come oggi, contro se stessa, contro il proprio lato oscuro e alla ricerca di una sua rigenerazione. Forse certi scrittori e giornalisti italiani preferiscono che le decisioni politiche siano nascoste ed elitarie. A me piace un Presidente che mostra al suo popolo le scelte che ha appena firmato in coerenza con il programma per il quale ha vinto le elezioni. Non è questa l’essenza di ogni democrazia? Chi sostiene Trump vuole compiere quella Rivoluzione del 1776 ritenuta tradita o incompiuta da molti americani.

 





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