«L’Autonomia? Sì, ma alle scuole». Il no dei presidi alla legge Calderoli

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Alice D’Este

Pan (Lega): «Più efficienza nella gestione». I dirigenti: «Inutile anche nella nomina dei supplenti»

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«L’autonomia aiuterebbe in molte situazioni, una su tutte la chiamata dei supplenti. Ma sia chiaro che quella che servirebbe a noi è l’autonomia delle scuole, non quella regionale perché sarebbe come passare da un ministero all’altro». La chiudono con una battuta, i presidi degli istituti regionali che si sono incontrati per ragionare «al di là delle tifoserie politiche» sull’autonomia differenziata (il convegno è stato organizzato da ANP).

Tre cardini dietro la richiesta

Una delle 23 materie richieste è, infatti, la scuola. Peraltro una di quelle (se non quella) più impattante a livello finanziario. A leggere il dossier regionale le richieste puntano dritte su tre fronti: il primo, che è anche quello meno foriero di tensioni è legato all’integrazione dell’offerta formativa (istruzione e formazione professionale per capirci) sulla quale viene richiesta una governance pressoché totale (in relazione alla necessità di dialogare con le imprese adattandola, si legge nel documento regionale, «alla particolarità del contesto economico della Regione»). Poi ci sono i punti «caldi». In primis quello sulla «definizione degli organici della scuola sia in termini di determinazione del fabbisogno sia sulla ripartizione delle risorse di organico e finanziarie». Tradotto: se ogni anno l’organico delle scuole viene stabilito dal Ministero (quanti docenti in più, quanti docenti in meno) e spesso è insufficiente, farlo a livello regionale secondo alcuni potrebbe essere la soluzione. Dulcis in fundo il passaggio dei dipendenti: dall’Ufficio scolastico regionale alla Regione (ma la scelta rimarrebbe ai singoli). Idem per i presidi.




















































Le graduatorie

Non ci sarebbe alcuna richiesta di autonomia invece sui programmi didattici, e nemmeno, anche se su questo punto tra i fautori dell’autonomia le idee sono diverse, sulla formazione delle graduatorie regionali. «Il reclutamento del personale è nazionale ma questo ha comportato nel tempo delle situazioni assurde come quella in cui le persone arrivavano in Veneto per pochi mesi e diventare di ruolo per poi andarsene tre mesi dopo — ha detto ieri alla riunione Giuseppe Pan, consigliere regionale della Lega — è importante che l’insegnante che prende servizio a scuola ci rimanga qualche anno. Che sia collegato alla regione per un po’». Al momento nel dossier delle richieste regionali l’autonomia delle graduatorie, però, non c’è. «Il vincolo a rimanere nella regione dopo la nomina invece c’è già nelle graduatorie nazionali e dura tre anni — dice Vanessa Camani, capogruppo del Pd in Regione — diciamocelo, l’unico motivo per cui si tenta di ottenere l’autonomia per la scuola è che porterebbe un sacco di soldi».

Ruolo e facoltà dei presidi

Sostegni (o opposizioni) sperticate dei consiglieri regionali a parte, i dubbi dei presidi cercano di andare oltre le «tifoserie». «Vorremmo capirci di più» dicono tutti. Anche perché l’autonomia li riguarda in modo diretto. Si legge nel dossier: «Sono trasferiti alla Regione i dirigenti scolastici per i quali sarà stabilito uno specifico ruolo regionale, fatto salva la facoltà di permanere nei ruoli statali». Per capirci: se attuata i dirigenti dipenderebbero ora direttamente dalla Regione. Senza che sia veramente chiaro cosa comporterebbe questo per i presidi stessi. «Cominciamo col dire che l’autonomia delle scelte didattiche di fatto esiste già — spiega Enrico Ghion presidente ANP Padova — se si pensa di far diventare le graduatorie nazionali graduatorie regionali invece si incorre in un rischio importante, quello di perdere uguaglianza». «Mi chiedo, ipotizzando l’avvio della legge sull’autonomia se in tutte le regioni ci sarebbero investimenti di risorse sui fronti critici della scuola — dice anche Vincenzo Trabona, referente vicentino ANP— si penserà ad azioni per mitigare la disuguaglianza o si otterrà l’effetto contrario?».

I fondi

Il tema centrale in realtà è proprio quello dei fondi. E della gestione degli stessi una volta «passati» dallo Stato alla Regione. «Se si ragiona sull’autonomia — dice Armando Tivelli, dell’ANP veneto — va fatto non solo per ottenere le competenze e di conseguenza i fondi ma anche per chiarire cosa e come vogliamo impiegarli in un sistema, come quello scolastico, che voglio ostinarmi a sperare che si muova nella direzione per cui è nato: formare e attraverso la cultura e dare più possibilità e più diritti per tutti».

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