Bologna, la protesta all’inaugurazione dell’anno giudiziario contro la riforma: «Magistrati uniti, non separati»

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di
Marco Madonia

Quando il rappresentante del ministero si è alzato per prendere la parola i magistrati bolognesi sono usciti dall’aula: la rivolta delle toghe

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Quando il rappresentante del ministero, il professor Davide Galli, direttore generale dell’unità di missione per l’attuazione degli interventi del Pnrr, si è alzato per prendere la parola, i magistrati bolognesi hanno abbandonato l’aula. 

Tutti indossavano la toga con la coccarda tricolore e tenevano in mano una copia della Costituzione. Anche qui, come in tutta Italia, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, è andata in scena l’inedita protesta dei magistrati contro la riforma costituzionale e la separazione delle carriere (approvata in prima lettura alla Camera) .




















































Nel cortile della caserma Legione dei carabinieri — teatro della cerimonia vista l’inagibilità dell’aula Bachelet in Corte d’Appello — c’erano un centinaio di magistrati. In tanti con un cartello in mano con scritto «Uniti e non separati», che hanno mostrato anche prima della cerimonia in un improvvisato sit-in nel cortile del Portico dei Servi. Una protesta che ha registrato un tasso di partecipazione altissimo.

«Questa riforma è una riforma che altera gli equilibri dello Stato, è una riforma non della giustizia, ma della magistratura e anche punitiva nei confronti della magistratura. Insistiamo — ha spiegato la presidente dell’Associazione nazionale magistrati dell’Emilia-Romagna, Eleonora Pirillo — dicendo che questo non cambierà di nulla il servizio che diamo ai cittadini, cioè il servizio non sarà migliorato». 

Secondo l’Anm, «i processi civili e penali non dureranno un giorno in meno rispetto ad oggi e invece avremmo bisogno di molto altro, avremmo bisogno di risorse umane e di mezzi, abbiamo un processo penale telematico che è entrato in scena già monco. Perché non funziona».

Terminato l’intervento del rappresentante del governo, i magistrati sono rientrati nell’aula per poter partecipare al resto della cerimonia. Poi è toccato a loro prendere la parola. Nel suo intervento, Pirillo è stata, se possibile, ancora più dura. «Protestiamo per difendere la Costituzione, quella Costituzione che ci siamo dati da soli — ha detto —. L’Anm non si chiude e non si arrocca, ma avverte il serio pericolo che la riforma possa danneggiare i cittadini. Di fronte a questo pericolo non si può restare in silenzio».

Pirillo ha poi aggiunto che «la recente modifica legislativa sulla competenza in materia di protezione internazionale», con la reintroduzione dello strumento del reclamo in Corte di appello contro i provvedimenti dei Tribunali, «sia avvenuta al termine di una polemica e di un attacco mediatico senza precedenti ai giudici di diversi Tribunali per le loro scelte di vita personalissime, come è accaduto in forma particolarmente feroce anche a Bologna». Il riferimento è al giudice Marco Gattuso che nei mesi scorsi ha rinviato decreto Paesi sicuri alla Corte di Giustizia Ue. 

Polemico nei confronti del governo, anche l’intervento del consigliere del Csm, il renziano Ernesto Carbone. «I tempi richiedono scelte e le scelte devono essere chiare. I problemi della giustizia sono sostanzialmente due: i tempi lunghi e gli errori giudiziari. E non si risolvono con la separazione delle carriere e con il doppio Csm. Non mi piace parlare di superpoliziotti. Credo sia necessaria una contaminazione tra chi fa il pm, il giudice, l’avvocato», ha detto Carbone, che poi ha aggiunto: «La strada sostanzialmente è tracciata. Se io oggi separo le carriere, domani il pm sarà sotto l’esecutivo. Il doppio Csm giustifica quello detto fino ad ora, il doppio Csm va a sancire che ci saranno due tipi di magistrati. Il doppio Csm non ha senso».

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Se io oggi separo le carriere, domani il pm sarà sotto l’esecutivo. Il doppio Csm giustifica quello detto fino ad ora, il doppio Csm va a sancire che ci saranno due tipi di magistrati. Il doppio Csm non ha senso». Unica voce fuori dal coro, quella degli avvocati, con Mauro Cellarosi (Urcofer) che ha parlato di «una protesta che rischia di svilire il confronto».

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