esposte come un trofeo, lo show di Hamas tra la folla

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Schiere di miliziani di Hamas col volto coperto e le bande verdi, i mitra spianati. Attorno a loro, a colmare la piazza centrale di Gaza City, Piazza Palestina, centinaia, migliaia, di gazawi che hanno portato anche i bambini a vedere il grande spettacolo che ricorderanno per tutta la vita. Le quattro soldatesse israeliane che vengono consegnate alla Croce Rossa internazionale dopo 477 giorni di prigionia: i trofei inermi. Manipolate, esibite al mondo. Le nemiche. E poi i service dei fotografi, i reporter delle televisioni arabe che hanno organizzato la diretta, i droni per le riprese che diventeranno poi video da divulgare su internet, virali. E quelli in cielo che fanno piovere caramelle. Anziane donne che fanno cadere petali di rosa con la mano su fior di terroristi. La messinscena dell’umiliazione di Israele. E loro, le soldatesse, fra poco libere, in quel momento ancora in mano ai terroristi sequestratori e al “popolo” della Striscia convenuto per completare lo show. Sorridono, parlano tra loro disinvoltamente, sembra quasi un giorno di festa, alzano il braccio guardando la folla, ma appena sopra il mare di teste ondeggianti, verso casa, verso Israele, la libertà, l’uscita dall’inferno.

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I SOUVENIR

Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag non sanno che è tutto pronto per accoglierle a Tel Aviv, dove il municipio di Jaffa ha acceso una scritta luminosa enorme: “Eroine”. Loro tengono con la mano sinistra una busta di cartone che gli aguzzini hanno riempito di “souvenir da Gaza”. Foto ricordo, gadget, distintivi con bandierine palestinesi e presto ci infileranno anche il surreale “certificato di rilascio” che gli emissari della Croce Rossa dovranno firmare sul palco. Sì, come a teatro. Un teatro di piazza. Ci sono un tavolino e due sedie, una commedia di Pirandello. Sfilano i personaggi in cerca d’autore. Le quattro “eroine”, ragazze arruolate per una mansione senza pericoli, osservatrici sul confine con Gaza, nella base di Nahal Oz. I loro commilitoni sono stati massacrati. Loro trascinate con la forza a Gaza, compaiono nei video col sangue sui pantaloni, i polsi legati, barcollanti, come la 19enne Liri, la più giovane, poi in un altro filmato tutte insieme, insultate, sanguinanti, sottomesse. Chi poteva immaginare che sarebbero tornate vive? Eccole sul palco, adesso. I miliziani, seguendo la regia di qualcuno che ha progettato la coreografia della liberazione, forse proprio Mohammed Sinwar, il fratello del leader di Hamas, Yahya, ucciso dopo aver lanciato contro un drone israeliano un bastone, le hanno rivestite con finte divise dell’Idf, l’esercito israeliano. Le volevano per il grande giorno in uniforme. Volevano confezionare il video che avrebbero poi diffuso sui social. L’occasione ghiotta della gogna mediatica, che il portavoce delle forze di difesa israeliane, Daniel Hagari, si prepara già a commentare: «Hamas è un gruppo terrorista omicida. Nelle ultime ore ha dimostrato la sua crudeltà organizzando una cinica cerimonia, una rappresentazione ingannevole del trattamento e della cura degli ostaggi, mentre la realtà è che stanno sequestrando civili innocenti da 477 giorni». Su Telegram, Hamas ha postato video di interminabili cortei di pick-up bianchi con grappoli di miliziani assiepati fin sul tettino, una foresta di fucili come porcospini, a dimostrare che controllano ancora Gaza, dopo più di quindici mesi di bombardamenti. Finalmente i funzionari della Croce Rossa, che invano avevano chiesto a Hamas di evitare questa volta la cerimonia in piazza anche per garantire l’incolumità degli ostaggi, mettono la firma sui “certificati” e le ragazze, le eroine, possono sfilare e raggiungere i Suv dei loro salvatori che si fanno strada tra la folla, scortati dai terroristi. Ultimi istanti di paura. Di farsa. Una paura che Karina, Daniella, Naama e Liri riescono a nascondere fino alla fine. «Fantastiche», le definiranno le loro famiglie. Poi il trasferimento fuori Gaza, il passaggio del confine militare, l’arrivo al centro di Beeri. L’abbraccio con i genitori. Commovente, un misto di urla e avvinghiamenti. Mamma, papà, fratelli, amici. «Sei tornata, tesoro nostro, sei tornata», grida la madre a Karina, ancora incredula. Poi le videochiamate con chi è rimasto a casa. Daniella si fa una doccia. Una doccia, sì, che pulisce via il fango, l’inferno. E grida di felicità quando abbraccia la madre. «Mamma, sei una leonessa». La mamma una leonessa. Karina una roccia.

I CARTELLI

Le soldate preparano cartelli in elicottero, da mostrare all’arrivo. Messaggi per tutto Israele. Nel centro d’accoglienza, Liri si divincola alla fine dall’abbraccio dei genitori e si rivolge direttamente al cineoperatore di Tsahal, l’esercito. È pur sempre una soldatessa. «Vi amo, tutti voi cittadini dello Stato di Israele che avete sostenuto le nostre famiglie e le avete confortate, e voi militari dell’Idf che avete fatto tutto per noi. Grazie mille, vi amo tutti». Da 19enne qual è, disegna con le mani un cuore. Un tuffo nella realtà dalla dottoressa Hagar Mizrahi, mandata dal ministero della Salute: «Incontrarle è stato emotivamente e medicalmente complesso per loro e per le loro famiglie». L’orrore dietro i sorrisi. Nelle stesse ore sono tornati liberi i detenuti palestinesi, uno scambio fra 4 soldatesse di leva al confine e 200 detenuti, 70 dei quali condannati per omicidio e terrorismo, considerati responsabili di decine di uccisioni di israeliani e perciò espulsi verso Paesi terzi. Non a Gaza o in Cisgiordania. Scene di giubilo ed esultanza nella Striscia, con bandiere e canti di vittoria per i rilasciati che rientrano nelle famiglie. Considerati “eroi” anche loro, nei territori. Reduci dalle prigioni israeliane. I cori accompagnano il loro arrivo: «Noi siamo il popolo di Muhammad Deif». Deif, il capo militare di Hamas tra gli ideatori ed esecutore del 7 ottobre. Il primo pogrom dentro lo Stato ebraico. Israele annuncia che se non saranno osservati gli accordi in tutto e per tutto, non potranno tornare gli sfollati nel Nord di Gaza. E da Washington la Casa Bianca rivendica il proprio ruolo. «Oggi il mondo festeggia. Il Presidente Donald Trump è riuscito a ottenere il rilascio di altri quattro ostaggi israeliani, trattenuti per troppo tempo da Hamas in condizioni spaventose». Intanto, i media americani fanno trapelare che la prossima settimana saranno liberati due ostaggi israelo-statunitensi, Keith Siegel e Sagui Dekel-Chen. Via libera dall’amministrazione Trump alla spedizione di 1.800 bombe pesanti da quasi una tonnellata, MK84, a Israele. Per dopo la tregua.

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