Lì dove c’era l’erba adesso c’è un campo fotovoltaico. Succede in provincia di Agrigento, una zona stretta tra la morsa della siccità e l’avvento degli impianti di energia rinnovabile. Mentre l’agricoltura è un settore in crisi, infatti, il settore dell’agrivoltaico è in continua espansione ma rischia di cambiare profondamente il volto della Sicilia. L’area in cui si sono sviluppati i progetti maggiori, circa il 40% di tutti gli impianti fotovoltaici della Sicilia, è quella tra Trapani e Agrigento, in particolare nelle zone del Belice. Questo territorio, colpito dal terremoto del 1968 che provocò più di trecento morti e fece scomparire interi centri, da più di 50 anni ha puntato tutto sugli allevamenti e sull’agricoltura.
Oggi però anche i terreni più fertili rischiano di essere occupati dai nuovi campi fotovoltaici, anzi agrivoltaici. La differenza è fondamentale. Per i primi – i campi fotovoltaici – la Regione non può emettere nuove autorizzazioni. Il PEARS 2030 – il piano delle fonti rinnovabili della Regione – aveva infatti sancito che le nuove installazioni di pannelli e impianti eolici potevano nascere solo nelle cave o nei terreni degradati e dovevano raggiungere al massimo una soglia di 530 MW entro il 2030. Ma la Sicilia ha superato addirittura di sei volte quest’obiettivo con cinque anni d’anticipo. Una scappatoia è stata trovata nei secondi, i capi agrivoltaici: si tratta di distese di pannelli, sotto i quali è possibile continuarea a coltivare.
Va detto che la normativa sull’agrivoltaico era nata per aiutare gli agricoltori in crisi. Ecco perché aveva delle specifiche ben precise: i terreni dovevano essere fertili. Ma dopo aver installato gli impianti, i campi non vengono più coltivati. A sparire per sempre sotto i pannelli sono quindi lotti che producevano grano, olio, mandorle e agrumi. L’allarme arriva anche da Coldiretti che parla di una “devastazione senza precedenti”. A scendere in piazza anche i sindaci del Belice, a cominciare da Montevago e Gibellina, i principali centri colpiti dal sisma del 1968. I 14 sindaci del territorio hanno consegnato una lettera per chiedere un aiuto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita in Sicilia in questi giorni. “Chiediamo che vengano immediatamente sospesi il rilascio di nuove concessioni e la realizzazione degli impianti i cui cantieri non siano stati già avviati e che vengano riviste le aree non idonee alla realizzazione di impianti di produzione di energia”, scrivono. I sindaci chiedono inoltre di essere ascoltati prima della redazione di nuove concessioni: al momento gli atti bypassano il parere degli amministratori locali.
Il caso più eclatante è proprio quello di Gibellina dove si vuole realizzare un parco fotovoltaico grande quasi la metà dell’intera cittadina, che sarà capitale internazionale dell’arte contemporanea, grazie all’opera di Land art più grande d’Europa: il Cretto di Burri. Poco più lontano, a Sciacca, l’opposizione a un nuovo parco eolico da parte di Wwf e Italia nostra ha fatto bloccare il progetto. La commissione tecnica di valutazione ambientale (Via) dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente, infatti, ha espresso un “giudizio negativo di compatibilità ambientale” per l’installazione di 6 pale eoliche. “Anche nel caso dell’eolico, infatti, gli obiettivi del Pears 2030 sono stati ampiamente superati. Su una previsione di 362 megawatt di nuovi impianti eolici ne sono stati autorizzati ad oggi più di 900”, ha spiegato nella sua relazione Mario Di Giovanna, ingegnere che ha presentato il testo alla commissione. “Questo giudizio negativo sul progetto Grecanico – spiega ancora – crea un interessante precedente, e potrebbe indirettamente sostenere le ragioni alla base della protesta in corso nella Valle del Belice”. Da una parte all’altra della provincia di Agrigento, anche a Racalmuto, la città di Leonardo Sciascia, protestano contro un nuovo progetto: prevede l’installazione di torri eoliche alte fino a 179 metri tra grotte bizantine e preistoriche e nei pressi di un bosco di lecci. Un comitato locale sta tentando, anche in questo caso, di fermare tutto.
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