Il Rifugio Caritas di Brescia, fra le realtà coinvolte nel progetto “Insieme per la cura”, rivolto a persone senza dimora tagliate fuori dalla rete dei servizi socio-sanitari – .
Due progetti: il primo rivolto a carcerati a fine pena che cercano casa e lavoro per rifarsi una vita, il secondo dedicato a persone senza dimora tagliate fuori dalla rete dei servizi socio-sanitari. Due opere-segno, accese come luci di speranza per il Giubileo 2025. La diocesi di Brescia apre la mappa delle opere di misericordia e traccia il cammino per l’Anno Santo che chiama a essere “pellegrini di speranza”. Insieme: come Chiesa. In “alleanza” con terzo settore, istituzioni, territori.
Pregare e agire. “Via dei Bucaneve 25: la libertà trova casa”. È il nome che la diocesi guidata dal vescovo Pierantonio Tremolada ha scelto per il “progetto diffuso” di reinserimento nella comunità di persone che hanno terminato di scontare la pena. Un’iniziativa che nasce dentro un cammino, già avviato, di impegno nella pastorale carceraria, e che con il Giubileo si vuole rinnovare e accrescere. Il primo passo: l’istituzione da parte della diocesi di una giornata di preghiera per le carceri che cada, ogni anno, nella domenica della Divina Misericordia – il 27 aprile, nel 2025. A questa giornata si “agganceranno” iniziative di sensibilizzazione per attivare le parrocchie riguardo all’accompagnamento di ex detenuti – tutto questo nel solco dell’itinerario formativo “Nella fine, è l’inizio” per volontari in ambito penitenziario, promosso da VolCa (Volontariato Carcere) con Caritas diocesana. In questo scenario è stato individuato un bisogno a cui rispondere: «il binomio casa-lavoro per le persone a fine pena», spiega una nota della diocesi. Si cercherà dunque di «coinvolgere le parrocchie nella candidatura di spazi abitativi – il cui affitto viene pagato dalle persone a fine pena o ex detenute in virtù del lavoro che nel contempo viene trovato loro».
Dal carcere alla comunità. Nel contempo la diocesi ha scelto di investire su una figura professionale “dedicata” – i cui costi d’assunzione, per tre anni, saranno coperti da Fondazione Opera Caritas San Martino – che operi con VolCa e Caritas sul versante del lavoro. Dentro queste coordinate, ecco l’opera-segno diocesana “Via dei Bucaneve 25”: «Un progetto diffuso di reinserimento nella comunità di persone che hanno terminato di scontare la loro pena. L’auspicio, anche alla luce di esperimenti già in essere in alcune parrocchie, è di moltiplicare nelle comunità le esperienze di Via dei Bucaneve, 25».
Senza dimora? Senza cure. Secondo uno studio condotto a Brescia città su persone senza dimora o in stato di emarginazione grave, il 57% di chi si rivolge a strutture di accoglienza presenta problematiche sanitarie, fisiche e/o mentali per le quali sono necessarie cure mediche, infermieristiche e/o psichiatriche. Intanto si fanno strada due altre criticità: i senza dimora dimessi dagli ospedali hanno bisogno di un’assistenza sanitaria che ricoveri notturni o strutture residenziali non riescono a gestire; mentre chi vive in strada e non ha permessi regolari di soggiorno o di residenza è restio, in caso di necessità, a rivolgersi a ospedali o altri servizi di cura attraverso i canali istituzionali. In questo scenario ha preso forma l’altra opera segno: il progetto “Insieme per la cura”, che grazie alla collaborazione fra strutture ospedaliere, servizi sociali, enti non profit e istituzioni – e grazie a personale medico e infermieristico in équipe “itinerante” – mira a potenziare la presa in carico dei soggetti più fragili sul versante della povertà sociale e sanitaria.
Nessuno sia abbandonato. Con la diocesi di Brescia, hanno firmato il protocollo che ha dato il via al progetto le Acli, l’Ats, la Fondazione Opera Caritas San Martino, Casa Betel 2000, la cooperativa sociale Kemay, il Comune, la Congrega della Carità Apostolica, le Ancelle della Carità, la Fondazione Poliambulanza, la Provincia Lombardo Veneta dell’Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio Fatebenefratelli e la San Vincenzo. Gli scopi del progetto? Migliorare l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali delle persone senza dimora in condizioni di fragilità sociale fornendo interventi di primo livello nelle strutture in cui sono ospitate o presso gli “enti erogatori” dei servizi socio-sanitari; creare un sistema di supporto integrato che garantisca continuità assistenziali post-ospedalizzazione. Un centinaio circa le persone che si intende aiutare ogni anno. L’obiettivo? «Nessuno deve essere lasciato indietro».
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