È arrivato qualche giorno fa l’allarme del Codacons sull’aumento dei prezzi della benzina. Per ora niente di drammatico, ma è chiaro che la tendenza al ribasso che durava da circa un anno si è invertita. Cosa sta succedendo? E cosa ci possiamo aspettare nel futuro?
Sulla stampa italiana si sono lette imprecazioni contro non meglio definiti “speculatori”; come pure si è parlato di extra-costi per l’obbligo di miscelazione dei biocarburanti. Può darsi che queste cose abbiano avuto qualche effetto, ma è anche vero che è proprio il prezzo del petrolio che sta aumentando. Il problema è globale.
In Italia, si è parlato molto poco delle nuove sanzioni che l’amministrazione Biden ha applicato contro la Russia. L’azione è cominciata il 1° gennaio con il blocco del gasdotto che portava gas attraverso l’Ucraina. È proseguita in questi giorni con sanzioni contro due delle più grandi compagnie petrolifere russe, Gazprom Neft e Surgutneftegas. Inoltre, le sanzioni bloccano 180 navi che trasportano petrolio russo. Questo sta rendendo più difficile l’approvvigionamento di petrolio in molti paesi e ha generato il rialzo dei prezzi.
Ma perché Biden si è deciso a introdurre queste sanzioni a una settimana dalla fine del suo mandato, dopo tre anni di guerra? Sembrerebbe che l’idea sia di passare una patata bollente a Trump che si ritroverà a dover gestire gli alti prezzi dei carburanti e sarà più in difficoltà a negoziare la fine della guerra.
Tuttavia, a parte le ripicche di un ex presidente, ci sono delle ragioni ben più profonde che stanno cambiando il mercato petrolifero. La principale è l’irruzione del trasporto elettrico. Oggi, circa il 60% del petrolio prodotto nel mondo viene usato per fare combustibili per il trasporto. Di questi, oltre la metà viene usate per veicoli stradali. Ovvero, se le auto elettriche rimpiazzano le termiche, l’industria petrolifera perderà circa il 30% del suo mercato. Ma perderà molto di più perché la trazione elettrica è destinata a espandersi in altri campi industriali. E sta succedendo esattamente questo.
Sicuramente, i petrolieri si rendono conto perfettamente della situazione. Per ora, hanno reagito con una pesante campagna denigratoria contro i veicoli elettrici. La campagna ha avuto un certo successo soprattutto in Italia, uno dei pochi paesi dove le vendite di veicoli elettrici non solo sono basse, ma anche in calo (sarà perché siamo più furbi degli altri? O forse più tonti? Ai lettori l’ardua sentenza!). Ma la campagna è fallita completamente in Cina, che rappresenta oltre il 30% del mercato globale, con più di 25 milioni di auto vendute all’anno, il doppio che in Europa. La Cina si sta decisamente orientando verso il trasporto elettrico, abbandonando le obsolete auto termiche. E questo è destinato a trascinarsi dietro il mercato globale, considerando che la Cina è anche il più grande produttore mondiale di veicoli stradali (40% del totale!).
In sostanza, l’industria petrolifera è destinata a fare la fine dei produttori di macchine da scrivere meccaniche e regoli calcolatori. Ovvero di sparire di fronte a un’innovazione tecnologica che la rende obsoleta. Da quello che si legge nelle riviste specializzate, la reazione dei produttori è di prendere atto della situazione e adattarsi a un mercato in declino, riducendo gli investimenti e lasciando esaurire gli impianti esistenti. Riducendo gradualmente la produzione, possono mantenere prezzi relativamente alti sfruttando quei mercati che sono in ritardo verso il passaggio all’elettrico. Un altro modo di mantenere i prezzi alti è quello di buttar fuori dal mercato la concorrenza, e questo spiega le sanzioni contro la produzione dalla Russia.
In sostanza, cercheranno di strizzare il massimo possibile dal mercato prima di sparire. Ed è bene che spariscano il prima possibile, considerando i danni che i combustibili liquidi ci hanno causato e ci stanno causando in termini di inquinamento, riscaldamento globale, e guerre per il petrolio.
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