Articolo tratto dal numero di gennaio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
“Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo definire il futuro”. Così si è espresso il ministro degli Esteri inglese, David Lammy, al summit con i suoi omologhi europei in Lussemburgo a ottobre. Il nuovo governo britannico, guidato dal laburista Keir Starmer, vuole, a detta del leader, “mettere da parte gli anni della Brexit” e ricostruire relazioni cooperative con l’Unione europea. Il primo ministro ha compreso che una collaborazione con l’Ue non è solo auspicabile, ma necessaria per il suo paese.
Il Regno Unito si trova in un periodo dei più complicati dal punto di vista politico, economico e geopolitico dal secondo Dopoguerra a oggi. Il rapporto debito/Pil ha raggiunto il record del 99,5% quest’anno e, secondo i dati dell’Office for National Statistics, la crescita del Pil, praticamente a zero nel 2023, a settembre 2024 ha segnato un -0,1%, dopo il +0.2% di agosto. Starmer e Rachel Reeves, ministro dell’Economia, si sono da subito resi conto della situazione precaria delle finanze inglesi, con un buco di bilancio stimato in circa 22 miliardi di sterline. Reeves aumenterà la pressione fiscale su imposte di successione, capital gains ed extraprofitti, per circa 40 miliardi di sterline. Il governo, per la ripartenza dell’economia, farà leva su una maggiore deregolamentazione bancaria e, soprattutto, sugli investimenti nell’economia reale e nelle infrastrutture dei mega fondi pensionistici.
L’approccio di Starmer all’Ue
Una normalizzazione dei rapporti politici e commerciali con l’Ue, che nel 2023 rappresentava il 42% dell’export (circa 342 miliardi di sterline) e il 52% dell’import (circa 466 miliardi) resta inderogabile. Cambridge Econometrics ha stimato che siano andati persi 1,8 milioni di posti di lavoro dall’uscita dall’Ue. Per questo Starmer, appena entrato in carica, è partito alla volta di Francia e Germania per cercare, almeno a livello bilaterale, di ristabilire una collaborazione con le due economie più importanti dell’Ue. Un reset dei rapporti con l’Unione post Brexit si annuncia quanto meno in salita ed è in larga parte osteggiato pure dalla stampa britannica, soprattutto per quanto riguarda le politiche di ingresso nel Regno Unito dei migranti.
Un primo segnale di apertura da parte inglese sarebbe l’abolizione del divieto dei visti per gli under 30 e la ripresa del programma Erasmus. Il modello di accordo con l’Ue potrebbe essere simile a quello stipulato con la Norvegia, che fa parte dello Spazio economico europeo (See). Inoltre Starmer, che ritiene la sicurezza del Regno Unito e dell’Ue indivisibili, cerca una maggiore cooperazione anche in materia di Difesa. In questo senso va l’accordo bilaterale siglato a Trinity House con la Germania per una difesa comune, una maggiore cooperazione e l’apertura in territorio inglese di uno stabilimento di Rheinmetall entro il 2027. Il Regno Unito, poi, parteciperà all’European Long Strike Approach (Elsa), un accordo con Francia, Germania, Polonia, Italia e Svezia per lo sviluppo di missili a lungo raggio.
Il pericolo di isolamento dall’America
Una partnership anche militare con i paesi Ue servirebbe a evitare l’isolamento strategico che Londra rischia dopo la vittoria elettorale di Donald Trump. Il governo inglese in carica è stato attaccato a più riprese dal nuovo presidente americano per aver interferito nella campagna elettorale americana a favore di Kamala Harris. Per di più il vice-presidente statunitense J.D. Vance ha definito il Regno Unito “il primo paese islamista con la bomba atomica”. Controproducenti anche gli epiteti di “fascista” e “razzista” che l’attuale ministro degli Esteri inglese in passato ha rivolto a Trump su Twitter.
Un altro potenziale terreno di scontro potrebbe essere la cessione, auspicata anche dall’Onu e già approvata da Londra, della sovranità sulle isole Chagos alle Mauritius. Su una di esse, infatti, si trova una delle basi militari americane più importanti di tutto l’Oceano Indiano, strategica per il coordinamento delle operazioni in Medio Oriente e nel Sud-est asiatico. Per questo molti analisti la considerano “l’isola più importante del mondo per gli Usa”, addirittura più di Taiwan. Washington è preoccupata dalla crescente influenza cinese sul governo delle Mauritius. Pechino, primo partner commerciale delle Mauritius, potrebbe sfruttare la posizione per spiare la base militare americana. Sembra calato il sipario, quindi, sulla ‘special relationship’ che ha caratterizzato i rapporti tra Londra e Washington dal 1945 a oggi. Il Regno Unito deve definire in maniera autonoma dagli Stati Uniti la propria posizione geostrategica.
I rapporti con Cina e Russia
Resta in piedi l’accordo di difesa tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia, l’Aukus, assai rilevante per l’opposizione alla Cina nell’Indo Pacifico. I rapporti tra Pechino e Londra sono freddi e lo si è potuto notare anche all’ultimo incontro tra le due delegazioni a Rio de Janeiro. Non appena Starmer si è detto preoccupato delle condizioni di salute del magnate Jimmy Lai, imprigionato a Hong Kong, è calato il gelo e i giornalisti britannici sono stati allontanati dalla sala da funzionari del governo cinese.
I rapporti con la Russia di Putin, poi, stanno arrivando a un livello di conflittualità che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Il Cremlino ha accusato Londra di intervenire direttamente nella guerra in Ucraina, avendo fornito missili Atacms e Storm Shadow che permettono all’esercito di Kiev di colpire in profondità il territorio russo. Questo è sufficiente, secondo la nuova dottrina atomica di Mosca, per considerare quello inglese come un intervento diretto di una potenza nucleare nella guerra e ha spinto Putin a minacciare ritorsioni anche contro il territorio britannico. La visione di Trump sulla guerra in Ucraina potrebbe isolare ulteriormente Londra nei confronti di Mosca. Per uscire da questa impasse e anche per far ripartire l’economia del suo paese Starmer dovrà riaprire i dialoghi con l’Ue.
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