Il risveglio dei socialisti francesi

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


“La sinistra riformista si è decisa a uscire dal suo lungo sonno e questa è una buona notizia”. Con queste parole “Le Monde” ha descritto la scelta del Ps di non votare la mozione di censura con la quale La France insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha accolto all’Assemblea nazionale il discorso di politica generale del nuovo primo ministro, François Bayrou. La mozione della gauche radicale ha raccolto 131 voti, cioè la totalità dei deputati LFi, dei comunisti, dei Verdi e soltanto 7 dei 66 voti del gruppo parlamentare socialista. Ecco allora che il 16 gennaio 2025 potrebbe rappresentare un primo tornante decisivo nella lunga crisi che la Francia sta vivendo dall’esito delle elezioni europee e dalla successiva scelta di Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e andare a nuove elezioni legislative.

Come prima considerazione è bene ricordare come il nuovo primo ministro sia giunto di fronte ai parlamentari per il discorso di politica generale. Bayrou ha costruito un governo partendo da due assunti di base. Le elezioni estive hanno certificato l’esistenza di un Paese sfiduciato, in difficoltà, attraversato da pulsioni identitarie e da un alto grado di polarizzazione. Tutto ciò si è concretizzato in un voto al primo turno molto a destra e la compagine ministeriale da questo non avrebbe potuto prescindere. La permanenza di Bruno Retailleau al ministero degli Interni (l’uomo forte Lr sui temi dell’ordine e dell’immigrazione e personalità con elevato gradimento politico in questa fase) e il ritorno di Gerald Darmanin (ex Lr fedele al macronismo) nella squadra di governo, al decisivo dicastero della Giustizia, rispettivamente terzo e quarto nell’ordine protocollare ed entrambi ministri di Stato, ne sono stati la prima e più evidente conferma.

Contemporaneamente, il recupero dell’ex primo ministro Elisabeth Borne (al primo posto dell’ordine protocollare), quello di un altro ex primo ministro socialista come Manuel Valls (numero due e completamento del quartetto di ministri di Stato) e di un altro socialista riformista come François Rebsamen hanno invece certificato che il nuovo inquilino di Palazzo Matignon si sarebbe posto, almeno potenzialmente, l’obiettivo di provare a separare la sinistra di governo da quella radicale. Bayrou ha poi accompagnato questo doppio e complesso tentativo con uno stile consensuale, teso a richiamare tutte le forze politiche al senso di responsabilità che la drammaticità della situazione impone. Il suo è stato un crescendo maturato definitivamente nel rispondere alle repliche dei vari gruppi parlamentari dopo il suo manifesto programmatico presentato il 14 gennaio al Palais Bourbon. Egli ha proposto una sorta di “utile drammatizzazione”, composta di tre parti principali.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Prima di tutto, ha riportato ai parlamentari il “grido di allarme” contenuto nel comunicato cofirmato da organizzazioni imprenditoriali e parti sociali che richiedono un ritorno immediato alla stabilità politica. In secondo luogo, ha presentato la caduta dell’esecutivo Barnier come una sorta di catarsi in grado di richiamare le forze politiche responsabili ai propri obblighi e alla serietà di un percorso di riforme troppe volte rimandato. Infine, ha tratteggiato un orizzonte fosco, nel quale Francia ed Europa sono cittadelle assediate dal gigante statunitense trumpiano e dalla Cina imperiale di Xi.

Oltre a organizzare un tavolo di concertazione con sindacati e imprenditori sulla riforma pensionistica, Bayrou ha fatto concessioni sul Welfare e sulla scuola

Accanto a questa azione pedagogica, Bayrou, coadiuvato in particolare dal suo consigliere tecnico Eric Thiers, ha consultato più volte tutte le forze politiche concentrandosi infine nelle ultime quarantotto ore precedenti la sua dichiarazione di politica generale sul Partito socialista. Senza concedere il massimo, cioè la sospensione della contestata riforma delle pensioni del 2023, è però sceso a numerosi compromessi. Oltre a organizzare un tavolo di concertazione con sindacati e imprenditori proprio sulla riforma pensionistica, ha fatto concessioni sul Welfare (due giorni in più di mutua pagata per i dipendenti pubblici, ad esempio) e sulla scuola (abbandono dell’annunciata soppressione di circa 4.000 posti nel corpo insegnante).

E così si è giunti al passaggio potenzialmente “storico” del 16 gennaio, che rappresenta una doppia novità. Prima di tutto per la prima volta dal 2022, quindi dall’epoca della nascita del governo Borne, il Ps prende una posizione autonoma dal resto della coalizione a guida LFi. La stragrande maggioranza dei deputati socialisti all’Assemblea nazionale ha scelto di non unire i propri voti a quelli del resto del Nfp. Si tratta di una novità politica di una portata, almeno potenziale, davvero rilevante. In secondo luogo, questa decisione finisce per determinarne un’altra, altrettanto politicamente importante. Il Rassemblement national, che aveva già anticipato di non voler al momento censurare l’esecutivo Bayrou, a seguito della decisione socialista perde la possibilità di determinarne la sopravvivenza. Numeri alla mano i 142 voti a disposizione della destra radicale, se sommati ai 131 che hanno votato la mozione di censura, non raggiungono i 288 necessari per far cadere il nuovo governo.

Come era da attendersi, il Ps è stato attaccato frontalmente in particolare dagli Insoumis con l’accusa di aver rotto l’unità a sinistra. Non sono mancate le minacce esplicite in vista di future elezioni a doppio turno, con la promessa di far presentare ovunque candidature antisocialiste. Per il momento la linea dei vertici del Ps è quella di sottolineare da un lato il senso di responsabilità di una sinistra che si candida a futura guida del Paese e dall’altro ribadire la convinzione di non aver firmato un “assegno in bianco” al governo Bayrou. Il Ps può peraltro rivendicare legittimamente di detenere, a questo punto, le sorti del nuovo esecutivo. Sempre in questa logica win win il capo del governo ha certificato un suo primo successo, quello cioè di aver fatto emergere tutte le differenze tra la gauche radicale e la gauche di governo, aperta al compromesso e alla mediazione. Il tutto potendo contare su una carta che accomuna le forze della destra repubblicana, quelle del centro presidenziale e quelle della sinistra riformista: il desiderio di portare a scadenza il mandato presidenziale di Emmanuel Macron, dal momento che non si vedono all’orizzonte candidature credibili e in grado di scongiurare il rischio di un catastrofico ballottaggio presidenziale Le Pen vs Mélenchon.

Il Ps è stato attaccato frontalmente in particolare dagli Insoumis con l’accusa di aver rotto l’unità a sinistra. E non sono mancate le minacce esplicite in vista di future elezioni a doppio turno, con la promessa di far presentare ovunque candidature antisocialiste

Oltre al neo primo ministro, a tirare un sospiro di sollievo sono state anche le sbandate truppe del presidente. Bayrou, in un giorno, sembra aver ottenuto tutto ciò che Barnier non era nemmeno riuscito a sfiorare. Apparente stabilità, divisione nel Nfp e tutela del Rn sul governo depotenziata. Una parte almeno dello stesso settore non nasconde però i timori sia di fronte ai costi delle promesse fatte da Bayrou ai socialisti, sia, in prospettiva, in relazione al complicato operato che attende il governo nelle prossime settimane a partire da quella legge di bilancio che deve sanare l’attuale impasse.

In tutta questa riflessione, come è ovvio, vi è un convitato di pietra che in base alle istituzioni della V Repubblica dovrebbe costituire la pietra angolare del sistema. Che cosa dire di Emmanuel Macron? In alcuni ritratti giornalistici si è parlato di un presidente ancora nel mezzo dell’elaborazione del “lutto” seguito alle legislative. In questa interpretazione parapsicologica Macron avrebbe superato il tempo della negazione e quello della collera e sarebbe entrato in quello dell’accettazione. La fase della ripresa e del ritorno alla vita appare però ancora lontana. Il tutto è affrontato dall’inquilino dell’Eliseo mentre si trova in una condizione di totale separazione dall’opinione pubblica. All’epoca della prima crisi dei gilets jaunes, il suo livello di gradimento raggiunse il 20%, oggi si trova al 21%. Egli è inoltre alla ricerca di un modus operandi nel rapporto Eliseo-Matignon, a partire dalla definizione da dare a quella che nella breve parentesi con Michel Barnier era stata indicata come una “cooperazione esigente”. Come è noto, Bayrou è stato il suo grande sponsor nel 2017 e ancora nel 2022. Ma è altresì emerso come lo scorso dicembre sia stato l’esperto leader democratico-cristiano a imporsi al presidente, con quest’ultimo inizialmente deciso a optare per un suo fedelissimo. I primi passi istituzionali fotografano una sorta di “cohabitation cordiale”, con un presidente depotenziato chiuso nella cittadella del suo domaine réservé (difesa e politica estera) e l’inquilino di Matignon manovriero su tutto il fronte della politica interna. Qualche indicazione in più emergerà nelle prossime settimane.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Prima di tutto, bisognerà valutare quali risultati concreti usciranno dal metodo concertativo proposto da Bayrou sul dossier pensioni. Un tavolo che riecheggia gli accordi di rue de Grenelle del maggio 1968, fortemente voluti dall’allora primo ministro Georges Pompidou e dal suo giovane collaboratore Edouard Balladur. Il primo ministro conta di chiudere la partita nei prossimi tre mesi.

In secondo luogo, ci sarà da valutare come concretamente Bayrou e il suo super ministro dell’Economia, Eric Lombard, l’unico “tecnico” della compagine di governo, riusciranno a condurre in porto la decisiva questione della legge di bilancio. Una nuova mozione di censura, su questo dossier, potrebbe essere all’orizzonte. Peraltro le “concessioni” fatte al Ps hanno provocato qualche “mal di pancia” negli ambienti della destra repubblicana (Lr).

E, infine, importante per la sopravvivenza del governo Bayrou, ma allo stesso tempo per un orizzonte di potenziale stabilità e per un tentativo di prima ricomposizione del quadro politico, sarà vedere come evolve la dialettica tra le “due sinistre”. La tensione tra “rottura” e “riformismo” è tornata sulla scena a un mese dalla nomina di Bayrou come primo ministro. La sinistra riformista e, potenzialmente, di governo ha battuto un colpo. Una flebile luce sembra apparsa in fondo al tunnel della ormai cronica crisi transalpina.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Source link