Separazione delle carriere, la protesta di giudici e pm con i cartelli e il tricolore

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È ancora scontro tra magistratura e politica e stavolta al centro c’è la contestata (dalle toghe) riforme costituzionali che prevedono la separazione delle carriere. Da qui la decisione di giudici e pm di scioperare il 27 febbraio prossimo e di abbandonare l’aula, venerdì e sabato prossimo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario prima presso la Corte di Cassazione e poi successivamente nelle sedi di Corte d’Appello, quando prenderà la parola un esponente del governo. Lo ha stabilito il Consiglio direttivo centrale dell’Associazione, l’ultimo a guida Giuseppe Santalucia, che ha redatto un documento inviato a tutti gli organismi distrettuali. 

La protesta

Si prevede una protesta (anche a Bari e Lecce, per la Puglia) fatta di cartelli e slogan. I magistrati sono invitati a presentarsi nelle aule in cui sono previste le cerimonie con la costituzione in mano. E il tricolore in vista sulla toga
“In relazione al deliberato dell’assemblea straordinaria del 15 dicembre 2024, Il Comitato direttivo centrale – si legge nel documento dell’Anm – previa discussione sulle modalità di attuazione della forma di protesta e di sensibilizzazione da organizzare in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, che si terrà il giorno 24 gennaio presso la Corte Suprema di cassazione, ed il successivo 25gennaio presso ciascuna corte d’appello, ritenendo opportuno che le iniziative di protesta e sensibilizzazione si svolgano in ciascun distretto di corte d’appello con modalità omogenee, che esprimano il comune pensiero della magistratura di contrarietà alle riforme costituzionali in corso di approvazione”. 
Da qui le indicazioni. L’invito a tutti i magistrati a partecipare alle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 indossando la toga e una coccarda tricolore; a raccogliersi all’esterno, mostrando cartelli, “sui quali saranno trascritte frasi tratte da un testo significativo sul valore della Costituzione, che saranno individuate dalla Gec e trasmesse successivamente alle Ges”. 

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I motivi

È previsto inoltre che tutti i magistrati partecipanti a qualsiasi titolo alla cerimonia, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula, “in forma composta, nel momento in cui il Ministro o un suo rappresentante prenderà la parola, salvo che motivi istituzionali lo impediscano”. E che i presidenti delle Ges (le giunte esecutive) locali, “che interverranno tutti alle cerimonie inaugurali prendendo la parola, diano lettura di quelle stesse frasi all’inizio dei loro interventi programmati e ne spiegheranno pubblicamente in sintesi il senso, illustrando le ragioni della protesta e della presenza in toga”.
È stata anche proclamata una giornata di sciopero per il giorno 27 febbraio 2025 e rimesse al prossimo Comitato direttivo centrale le ulteriori iniziative di protesta e sensibilizzazione “in esecuzione del deliberato dell’assemblea straordinaria del 15 dicembre 2024”. 
Nessun “ribellismo” ma il “dovere” di spiegare il no alla separazione delle carriere è la premessa delle toghe. “Non amo la parola protesta – precisa Santalucia – preferisco la parola proposta. Ma ahimè qui proposte di emendamento che rendano il testo costituzionalmente digeribile non ce ne sono. È un testo che andrebbe totalmente eliminato”.
Poi aggiunge: “Non c’è nessuna forma di ribellismo illegale o istituzionalmente incompatibile, ma si tratta di rendere palese ai cittadini – e il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario è un giorno importantissimo – delle ragioni per cui riteniamo che il disegno costituzionale non vada nel segno di un miglioramento della giustizia e del rafforzamento delle garanzie d’indipendenza e autonomia”. I magistrati, sostiene, hanno il “dovere di dirlo”. E poi ribadisce: “Siamo assolutamente fedeli alla Repubblica”. Il presidente dell’Anm parla di una “blindatura del testo” che – afferma – “ci ha profondamente colpiti, ci amareggia” perché è “un testo che modifica il Titolo IV della Costituzione”. Perciò ora l’Anm guarda già al referendum. “In modo che i cittadini vengano informati nel miglior modo possibile e non vengano ingannati con un referendum sul gradimento del sistema giustizia”. “Spiegheremo in tutte sedi possibili – spiega – le ragioni della contrarietà, che nulla hanno a che vedere con gli interessi corporativi”. Secondo Santalucia si tratta di una riforma che “non migliorerà la giustizia ma la affosserà”. E a pagare il “prezzo finale, in termini dolorosi, sarà la cittadinanza”, sostiene il presidente uscente dell’Anm che si dice convinto che “la politica” voglia “piantare la bandierina della separazione delle carriere per chiudere vittoriosamente una partita che invece doveva mettersi alle spalle”.
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