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Un cristianesimo a bassa intensità?

Intervista al sociologo Luca Diotallevi in vista della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

 

Nei giorni della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, 18-25 gennaio, caratterizzati dal tema “Credi tu questo?”, tratto da Giovanni 11,26, abbiamo incontrato il sociologo Luca Diotallevi. Diotallevi, docente di Sociologia all’Università di Roma Tre, è autore del libro “La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019” (Rubettino 2024), un’indagine statistica con relative considerazioni che rileva quanto la pratica religiosa in Italia sia oggi molto tiepida, soprattutto tra i giovani.

 

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Oggi la maggioranza delle persone sembra poter fare a meno di Dio. Si è esaurita la passione per la trascendenza?

Noi non sappiamo se in passato ci fosse davvero passione per la trascendenza o un generico sentimento del sacro o fascino della magia. Tutti noi facciamo quotidiane esperienze di trascendenza che sono ineliminabili: incontrando l’altro, guardando un paesaggio, quando percepiamo che l’oggetto della nostra esperienza ci supera. I cristiani hanno naturalmente un’idea più esigente di trascendenza, una trascendenza personale che riconduce questi segni quotidiani a una paternità, a uno Spirito, a un Figlio che si incarna. Questo tipo di trascendenza certamente scarseggia ma va anche detto che essa non è un’esperienza immediata ma mediata da segni, riti, parole. Allora la domanda da farsi è questa: noi siamo ancora in grado di porre concetti e categorie che richiamino il senso della trascendenza?

 

L’indifferenza generale verso le chiese non è da attribuirsi anche a un cristianesimo sempre più tiepido, ridotto a una dimensione etica e politica della vita e del tempo?

Certamente non possiamo accontentarci di un cristianesimo tutto etico e politico ma il problema è che oggi non c’è più nemmeno questo. Il cristianesimo si è ridotto a sola religione e per di più a una religione a bassa intensità. Un tempo i sociologi attingevano le categorie della sociologia della religione da quelle della sociologia politica. Oggi le categorie della sociologia della religione provengono dalla sociologia del turismo e del tempo libero. Un cristianesimo tutto etico e politico ha una sua rilevanza mentre il cristianesimo attuale è, nella larga maggioranza dei casi, un passatempo a basso costo.

 

I destini del cristianesimo e della civiltà europea sono sempre stati intrecciati. Quali conseguenze ha per l’Europa quest’apatia del cristianesimo?

In realtà la società europea è venuta prima del cristianesimo e il cristianesimo nasce fuori dall’Europa, ma è inutile negare che diritto romano, filosofia ellenistica, ebraismo e cristianesimo si sono incontrati in Europa, e qui hanno generato il meno peggio di ciò che noi conosciamo, le società aperte: vale a dire società che rispettano la libertà delle persone e non sottopongono la vita collettiva a un ordine totalitario.

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Oggi, molte tendenze (la cancel culture, il woke, ecc.) che vogliono imporre una critica generale del passato e delle tradizioni in nome di nuovi valori e nuovi diritti, cercano di sopprimere le radici anche cristiane delle società aperte, pur illudendosi di conservare alcuni dei loro vantaggi. Credo che sia una follia. E credo non si possa assolutamente negare che il cristianesimo occidentale abbia raggiunto un livello di maturazione, sul piano del rispetto delle libertà e dell’eguaglianza, che non ha pari in altri popoli, etnie, esperienze sociali. E anche in altri cristianesimi, come quello ortodosso con il suo rapporto per me inaccettabile con le tirannie. Non voglio certo dire che i credenti europei valgano di più dei singoli credenti, con la loro fede, in altre parti del mondo: parlo del cristianesimo che è proprio dell’Europa occidentale. Il suo affievolirsi danneggia le società aperte che dovremmo invece in tutti i modi difendere.

 

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci ricorda che la riconciliazione nasce dalla preghiera comune. Cos’è per lei la preghiera?

Per me la preghiera è essenzialmente ascolto. Dio parla attraverso le Scritture e attraverso quel risuonare delle Scritture nella nostra coscienza. E a questo Dio occorre rispondere perché la preghiera è anche intrattenersi con Dio: una preghiera in Cristo, nello Spirito Santo; un modo di stare nella trinità e di prendere decisioni con Dio.

 

Quale augurio si sente di rivolgere ai cristiani e ai protestanti in particolare?

Oggi insistiamo tanto sul concetto di unità e naturalmente è un comandamento che ci viene dalle Scritture, ci mancherebbe. Io però augurerei a tutti di indagare e riflettere sulle proprie origini, anche quando queste possono significare scissione. Ciascuna delle nostre rispettive origini ha molto di sbagliato ma ha anche qualcosa di giusto. Più che eliminare ciò che è sbagliato si dovrebbe andare a fondo nella propria porzione di verità dove troviamo il mistero di Gesù e anche di tutti gli altri. Se guardo, da cattolico, all’origine del movimento valdese mi colpisce che ciò che Valdo si augurava e al tempo risultava incompreso, oggi è una richiesta della chiesa tutta. Quando la chiesa oggi ci chiede di evangelizzare, ci invita a comunicare la fede e questa mi pare la parte più significativa e viva dell’esperienza di Valdo. Più che la giornata dell’unità, auspicherei una giornata della coscienza di quella parte di buono, per quanto limitata, che c’è in ciascuno di noi.

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Tratto da www.chiesavaldese.org



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