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Con la nuova amministrazione USA possibile, secondo Daniel Moreno di Mirabaud AM, uno shock inflazionistico (anche se una tantum). Con gli investitori che faticano a tornare sull’asset class, le opportunità rischiano di svanire. Turchia e Argentina su tutte, ma serve selettività
“Per quanto riguarda il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, al momento in cui scriviamo conosciamo solo alcune delle cose su cui si è espresso molto apertamente, come i dazi, la deregolamentazione e i tagli drastici all’immigrazione, ma non sappiamo quali saranno le politiche del suo team e possiamo solo fare delle ipotesi”.
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Nell’imminenza del ritorno del tycoon alla guida della superpotenza globale, tutto sullo scacchiere potrebbe cambiare. Anche lontano da Washington. FocusRisparmio ha chiesto a Daniel Moreno, head of Global Emerging Markets Debt di Mirabaud Asset Management, quale sia la posta in gioco per quei Paesi, vicini e lontani, da sempre legati a doppio filo all’andamento dell’economia USA.
Le cose stanno per cambiare per gli emergenti?
Riteniamo che i dazi saranno più un meccanismo di negoziazione per ottenere concessioni in altri ambiti: quando Trump ha recentemente minacciato di imporre dazi a Canada e Messico, intendeva chiaramente fare pressione sui governi di entrambi i Paesi per il controllo dell’immigrazione, traffico di droga, ecc.
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Se i nuovi dazi dovessero essere realmente imposti, i Paesi che ne risentirebbero maggiormente sarebbero i maggiori esportatori verso gli Stati Uniti, quindi Canada, Messico, Europa e Cina. Tuttavia, i mercati valutari stanno già controbilanciando in gran parte queste potenziali mosse.
Potrebbe esserci un possibile impatto anche sull’inflazione che, a nostro avviso, potrebbe tradursi in uno shock inflazionistico una tantum.
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Le altre misure che Trump vuole imporre sono dirette ad aumentare la crescita, anche se è discutibile che possa riuscirci in un momento in cui i deficit sono elevati e le dinamiche del debito sono fragili. In effetti, una politica fiscale più espansiva, che potrebbe potenzialmente tradursi in una crescita elevata, può avere dinamiche piuttosto negative sulle aspettative di inflazione e sui tassi di interesse.
Tuttavia, una crescita più elevata negli Stati Uniti potrebbe essere positiva per i mercati emergenti: se guardiamo alla composizione dell’import USA, gli Stati Uniti importano molti prodotti da Paesi come Messico, Vietnam, Thailandia, Cina, Malesia e Corea del Sud. Una maggior crescita significherebbe che queste nazioni continuerebbero ad avere esportazioni nominali più elevate e ciò aumenterebbe la capacità di questi Paesi di avere livelli più alti di riserve di valuta estera. Questo stabilizzerebbe le loro economie e le loro valute.
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Qual è l’attuale livello di interesse degli investitori internazionali per l’asset class emergente e in particolare per la sua componente a reddito fisso? Quali sono i motivi per cui si deve guardare a questo comparto?
Negli ultimi tre anni, gli investitori stranieri hanno venduto una quantità molto elevata di esposizione ai mercati emergenti, in particolare sul fronte del reddito fisso. Se misuriamo il flusso tra la fine del 2021 e la fine dell’anno scorso, sono stati venduti fondi per oltre 120 miliardi di dollari, a causa degli effetti negativi subiti dall’asset class con l’avvento del Covid nel 2020, il crollo del settore immobiliare cinese nel 2021 e la guerra in Ucraina nel 2022. Tuttavia, negli ultimi due anni il reddito fisso dei mercati emergenti è stato il segmento obbligazionario con le migliori performance a livello globale. Purtroppo, crediamo che gli investitori si stiano perdendo questo forte rimbalzo, trainato dalle riforme strutturali (di cui l’Argentina, che negli ultimi 12 mesi è stata tra i mercati obbligazionari più performanti al mondo, è un esempio) e da un momentum di upgrade del rating. Le economie emergenti del dopo Covid hanno attraversato un periodo di effetti economici e finanziari molto negativi, che però sono stati in gran parte risolti. Ad esempio, nel 2024 sono stati rivalutati più di 15 Paesi. Altri aspetti che spingono a guardare all’EMD sono l’elevato livello di rendimento assoluto e le opportunità nel credito. Il credito negli Stati Uniti e in Europa è estremamente limitato, mentre nei mercati emergenti abbiamo ancora alcune opportunità di cui possiamo beneficiare sul fronte corporate e governativo.
Come investire oggi in debito emergente? Quali sono le differenze per area geografica e non solo? Quali variabili tenere in considerazione?
Riteniamo che gli investitori debbano adottare un approccio flessibile al debito dei mercati emergenti. Non si tratta di stabilire un’asset allocation tra credito sovrano, credito societario e obbligazioni in valuta locale, poiché in tutte e tre le aree ci sono sempre opportunità positive e negative. Ad esempio, in questo momento, in valuta locale, i titoli di Stato turchi a 2 anni al 37% sono un’opportunità interessante, mentre i titoli di Stato cinesi a 10 anni all’1,6% non lo sono. Nell’ambito del credito sovrano, l’Argentina con uno spread di 600 pb offre ancora un certo potenziale, a differenza della Turchia con uno spread a 260 pb. Per quanto riguarda le aree geografiche, ci sono enormi differenze dal punto di vista economico, finanziario e politico, e questa è la caratteristica molto interessante dei mercati emergenti, ovvero il fatto che si tratta di un universo così ampio e variegato. Il denominatore comune, almeno per la determinazione dei prezzi nel mercato dei titoli, è il modo in cui ciascun Paese si rapporta al livello dei tassi d’interesse (in particolare dei Treasury statunitensi), in quanto quasi tutte le obbligazioni sono rapportate al loro prezzo, al livello del dollaro statunitense e al livello complessivo del credito, tre variabili che gli investitori dovrebbero considerare.
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Qual è la specificità dell’approccio di Mirabaud AM? Che cosa lo caratterizza?
Il nostro approccio d’investimento nel debito dei mercati emergenti si concentra sulla ricerca di opportunità che offrano la migliore remunerazione del rischio, indipendentemente dal fatto che si tratti di obbligazioni sovrane, obbligazioni corporate o obbligazioni governative in valuta locale. L’analisi dei Paesi e la flessibilità diventano quindi fondamentali.
È importante concentrarsi sui Paesi che stanno implementando numerose riforme, ma che allo stesso tempo offrono un tasso di rendimento elevato e adeguato alla volatilità.
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Ad esempio, il 60% del nostro portafoglio è rappresentato da 10 Paesi. Ciò significa che non prendiamo in considerazione più di 40 Paesi in tutto il mondo nei mercati emergenti, perché non hanno il giusto mix di politiche e buoni fondamentali oppure lo hanno, ma non offrono sufficienti aspettative di rendimento.
Se invece si investe in benchmark o in prodotti passivi, non è possibile fare questa distinzione e ci si espone a rischi maggiori. Infine, cerchiamo di avere un approccio molto equilibrato alla liquidità, non considerando la parte dell’universo che non è abbastanza liquida.
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