Agrigento, fra degrado ed eventi culturali unici. I Musei Vaticani prestano le opere sulla Maddalena

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di
Francesca Pini

Il cartello sul Comune: fine lavori 2018. Ma tutto sembra ancora in alto mare. La gente: «Non risolvono i nostri problemi primari e ci fanno diventare capitale della cultura». Le mostre in programma

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DALLA NOSTRA INVIATA
AGRIGENTO – Il cartello affisso dal Comune di Agrigento parla chiaro: fine lavori prevista 29 dicembre 2018, per il restauro del Museo civico di Agrigento. Ma tutto sembra ancora in alto mare dopo sette anni, oppure questa sarà la vera volta buona della riapertura in occasione di Agrigento capitale italiana della cultura 2025? Dalla cattedrale, scendendo per le viuzze del centro storico (rimasto in gran parte disastrato dal terremoto del 1966), sporcizia, rifiuti ingombranti, macerie di case in crollo (le nostre foto sono eloquenti), quel senso di abbandono, di fatiscente che però piace anche ai turisti stranieri che lo trovano «pittoresco» quasi da Italia post bellica, ma che è una vergogna cittadina. Ortigia fu risanata grazie a una legge regionale per la tutela dei centri storici (del 1976 poi modificata nel 1985), qui invece non è stata applicata. Davanti al caffè Avenue (di fronte al municipio) arriva l’autobotte. Ad Agrigento il concetto di acqua corrente non esiste. Per una settimana è saltato il turno della distribuzione idrica, e sabato il bar ha dovuto comprare acqua extra (2000 litri, 60 euro) oltre a quella già pagata, il barista ci chiede di aspettare due minuti a farci il caffè per rimettere in funzione il sistema.

Foto Francesca Pini

I bisogni primari della capitale della cultura

Vai per strada, incontri persone che ti dicono: «Non risolvono i nostri bisogni primari e ci fanno diventare capitale italiana della cultura?». «Ci voleva Mattarella per far asfaltare un pezzo di strada?», oltretutto sotto un nubifragio che rischia di non fare tenere il bitume. «E se malauguratamente ci fosse un terremoto in questa zona sismica, che effetto avrebbero sulle case le botti sui tetti?». 
L’acqua non è un problema di oggi o di ieri ma di quasi 40 anni fa. Nel 1987, Giovanni Paolo II venne ad Agrigento per la canonizzazione di San Giacinto Giordano Anzalone, e ai seminaristi disse (come riporta il giornale «L’amico del Popolo», che afferisce all’Arcidiocesi che ogni anno distribuisce ai turisti circa 70mila piantine della città). «Avete bei frutti, un clima meraviglioso, un bel mare, un bel giornale, peccato che vi manchi l’acqua». Il direttore generale della Fondazione Agrigento Capitale italiana della cultura 2025 (che include comuni della provincia e anche Lampedusa) Roberto Albergoni afferma: «Quando Agrigento è stata proclamata, esistevano i problemi dell’acqua, dei parcheggi, dell’immondizia. Ed è stata nominata questa città con quelle caratteristiche. È impensabile che un progetto culturale possa immediatamente risolvere questi problemi. Non è il suo compito. Ma soprattutto mi aspetto che il milione di visitatori della Valle dei Templi diventino visitatori della città. Molti turisti arrivano lì in pullman e poi ripartono. L’essere capitale italiana della cultura è un percorso che dura un anno intero, bisogna fare in modo che tutte le azioni portate avanti siano poi durevoli nel tempo».




















































Degrado in strada ad Agrigento (foto Francesca Pini)

Foto Francesca Pini

La Valle dei Templi

Sarà l’anno del riscatto? Il titolo acquisito di capitale farà da volano? Come si augurano sia Albergoni che il direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, Roberto Sciarratta, che annuncia: «Noi apriremo due centri culturali qui in Valle. Il primo si trova proprio a pochi metri dal Tempio della Concordia dove, con la facoltà di archeologia dell’universita‘ di Palermo, in un antiquarium immersivo, presenteremo con la realtà aumentata tutta la documentazione scientifica che abbiamo raccolto negli ultimi due anni con gli importanti scavi fatti a monte del Tempio di Giunone. In questa zona, durante l’ultima giornata di scavo abbiamo trovato 70 statuette votive, proprio perché era un’area dedicata al culto». Nel giorno della cerimonia inaugurale di Agrigento capitale, avvenuta sabato (lo spettro del commissariamento della Fondazione resta però pendente), il presidente Mattarella ha parlato del binomio natura e cultura quale patrimonio genetico italiano, di come la percezione del bene comune sia cultura (che è poi la vita), fattore di coesione sociale, crescita del sapere e dell’incontro, sottolineando anche la cultura solidale di cui Lampedusa fa testimonianza. Poi anche invocando l’impegno dei cittadini agrigentini ad essere attivi protagonisti di questo anno speciale per la città di oggi, che pure affonda le sue radici nell’antica Akragas dei greci, nell’ Agrigentum dei romani, nella Kerkent degli arabi (un luogo di visita del Fai oltre a quello del giardino della Kolymbethra), nella Girgenti di Luigi Pirandello.

Le mostre

I templi sono una certezza, sono lì da oltre duemila anni. E stanno a guardare questa capitale, che ha iniziato un suo non semplice «rodaggio», con un programma articolato sul tema del sé, dell’altro e della natura e sui principi dell’acqua, dell’aria, della terra e del fuoco, teorizzati dal filosofo agrigentino Empedocle. Un programma con date di diversi eventi ancora da precisare. Anche se la prima è stata rispettata con l’inaugurazione a Villa Aurea della mostra I Tesori d’Italia. Il ‘900 delle Fondazioni, a cura di Pierluigi Carofano e Anna Ciccarelli, promossa dalla Valle dei Templi (dal 19 gennaio al 2 giugno). Un 900 imperniato su figure di artisti che hanno aperto nuovi capitoli della storia dell’arte, da Giorgio de Chirico a Lucio Fontana e che si riallaccia idealmente anche a quel secolo in cui Pirandello genius loci dominò la drammaturgia europea, insieme con Bertolt Brecht. Pirandello che pure è nel programma generale con la rappresentazione teatrale de Il fu Mattia Pascal. Benché Agrigento Capitale voglia andare anche oltre quella figura cardine e simbolica (nella cui letteratura troviamo anche chiavi di lettura per capire questa realtà), specie con le residenze degli artisti contemporanei internazionali, tra cui Gilbert Fillinger, Eri Spyrou, Tanja Boukal. Un solido assist al programma arriva però anche dall’Arcidiocesi, con il suo ricco patrimonio monumentale e che, in partenariato con la Valle dei Templi, realizza la mostra sulla famiglia dei Chiaramonte, feudatari, tra potere, magnificenza e devozione nel XIII secolo. Ma ancora un’altra mostra, imperniata sulla Maddalena testimone della speranza al femminile, ci porterà nell’arte antica: l’arcivescovo Monsignor Alessandro Damiano, ha perorato e ottenuto dai Musei Vaticani eccezionali prestiti che arriveranno a luglio al Museo Diocesano.

Le opere di Villa Aurea

Rieccoci però alla mostra appena inaugurata a Villa Aurea e che, attraverso 25 opere (tutti dipinti e una scultura di Vincenzo Gemito raffigurante Aristotele), riunisce in fondo l’Italia tramite questi prestiti che arrivano per la gran parte dalle collezioni di sette Fondazioni bancarie del nostro Paese (spesso incamerando opere che i debitori davano alla banca per estinguere il loro debito) e che ancora acquistano importanti lavori, come nel caso di una Combustione di Burri, comprata all’asta da Sotheby’s ed entrata di recente nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Dimostrando l’attenzione per quegli autori che hanno segnato il 900 italiano e non solo: Depero, de Chirico, Morandi, Sironi, con una sola artista donna, Carla Accardi, a rappresentare l’astrattismo. Del quadro del futurista Depero, Simultaneità metropolitane, del 1946, prestato dal museo Mart di Rovereto che ha per soggetto una città con il suo dinamismo, così commenta il curatore: «E’ un lavoro che lui studia quando è a New York negli anni ’20/’30, realizza diversi bozzetti molto grandi, però quest’opera resta invenduta. Quando lui torna in America nel 1947 aveva da poco scritto quel libro, A passo romano, che lo rende inviso all’élite americana mentre invece prima era considerato un artista di grande innovazione, dopo questo fatto non riesce più ad esporre nelle grandi gallerie e viene relegato in centri minori, ma le sue mostre non le va a vedere più nessuno e questo aspetto ideologico è molto interessante, si era schierato». Ma al 900 i curatori ci fanno arrivare attraverso un passaggio da quell’800 che ha poi pre-figurato ciò che sarebbe venuto dopo. Così è il dipinto di Pellizza da Volpedo con quel contadino solitario, che guarda fisso il fuoco, e poi anche un famoso ritratto di Boccioni.

Da Monaco ad Agrigento

Al museo Pietro Griffo nella Valle dei Templi, la tappa d’obbligo è alla mostra Da Girgenti a Monaco, da Monaco ad Agrigento con i vasi della collezione Panitteri. Venduti da questo canonico, nel 1842, a Ludwig I di Baviera. Erano 47 vasi greci, di magnifica fattura, taluni a figure nere, e presero la via del mare da Porto Empedocle fino a Trieste (Ludwig per non pagare i dazi li fece trasportare su una nave militare) e poi messi su una carrozza fino a raggiungere la residenza del principe in Germania. Non tutti arrivarono indenni, e oggi fanno parte delle Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera. Per nove anni l’archeologa Maria Concetta Parello ha inseguito il sogno di riportarli almeno per una mostra dal luogo da dove provenivano (Agrigento) ricevendo sempre dei no dai vari direttori, finché, non arrendendosi, è riuscita a fendere questa cortina di ferro, ottenendone 10 in prestito. L’allestimento è quello di una piccola Wunderkammer dove ogni vaso racconta, per immagini, una storia mitologica. Eccezione fatta per uno straordinario esemplare, un vaso per rinfrescare il vino (oggi diremmo una glacette) che raffigura due poeti, Alceo e Saffo. «Quindi due persone realmente esistite. Fa riflettere questa committenza: un vaso di questo tipo, con questo tema, non viene fatto a caso», dice l’archeologa. «Il soggetto mitologico lo ritroviamo invece in questa raffigurazione di Ida e Marpessa, marito e moglie. Ma Apollo s’innamora di questa donna e la vuole per sé. Quindi inizia la contesa tra Ida e Apollo. Ma è Marpessa a decidere le sue sorti, dicendo: “Calmi tutti, voglio rimanere con mio marito. Non voglio stare accanto a un uomo che non invecchierà mai, mentre io sì”». La mostra dura fino al 18 maggio.

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19 gennaio 2025 ( modifica il 19 gennaio 2025 | 12:12)

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