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Come la notizia della scomparsa di Giovanna Ichino si è diffusa nella nostra comunità di magistrati democratici si è levato un coro di voci consonanti e appassionate: ricordi e apprezzamenti si sono accavallati nel tentativo di consolarci, come avviene in tutti i lutti, ricreando il calore che la nostra amica e collega ci ha sempre trasmesso. “Persona speciale”, “una grande giudice e una grande donna che ha unito rigore e mitezza”, “serietà massima e mitezza”, “sobrietà, compostezza, passione”, “sorriso gentile e attenzione con cui ascoltava tutti”, “intensa e profonda”, “la sua forza, la sua pacatezza, la sua capacità di fare, di capire, di aiutare”, “il suo sorriso dolce”, “una donna luminosa”, “intelligente luminosa dolcezza che sapeva trasmettere accoglienza”, “grande senso della misura”, “sobrietà, sorriso, sostanza”, “coraggio, grazia e gentilezza”. Mimma Miele l’ha ricordata nella seduta del plenum del CSM del 15 gennaio: «una delle magistrate milanesi tra le più stimate, esempio costante di equilibrio e rigore, un esempio fulgido di magistrato, una signora dal tratto elegante e distinto». Chi l’ha conosciuta da vicino, amici colleghi e compagni di strada, e chi l’ha incontrata nell’esercizio delle sue funzioni sa che queste parole la dipingono, la evocano, provocano una nostalgia palpitante che addolcisce ma non cancella il dolore. 

Nella sua lunga carriera, Giovanna è stata molte cose: avvocata, giudice, pubblico ministero, giudice ancora, ha presieduto processi importanti (tentativo di scalata di Unipol a BNL, compravendita dei diritti TV Mediaset, omicidio del fotoreporter Andrea Rocchelli e del suo interprete Andrej Mironov, campi di detenzione per migranti in Libia, …), ha dato il suo contributo all’autogoverno come membro del Consiglio Giudiziario di Milano. 

Ma per noi Giovanna è soprattutto la formazione. 

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Referente distrettuale per la formazione nella Corte d’Appello di Milano, componente del Comitato Scientifico presso la Nona Commissione del CSM – la gloriosa struttura che ha preceduto e preparato la creazione della Scuola -, docente nelle Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali, componente e Vicepresidente del primo Comitato Direttivo della Scuola, ove ha contribuito alla costruzione del sogno di molti, “la casa comune dei magistrati”. La Relazione del Comitato Direttivo della Scuola superiore della magistratura sull’attività svolta negli anni 2012-2015 racconta di questa epopea e ad essa si rinvia. Noi vogliamo ricordare soprattutto l’impegno di Giovanna per la formazione iniziale, la formazione internazionale, la formazione alla giustizia riparativa, espressione, pur sotto diverse angolature, di una visione armonica del ruolo della formazione giudiziaria in una società democratica e del modello di giustizia e di magistrato che la formazione concorre a delineare e a costruire. Conoscenza, apertura, spirito critico possono essere le parole chiave di un grande progetto formativo a cui la nostra collega ha concorso negli anni e che è sintetizzato nelle parole pronunciate dal primo Presidente della Scuola Valerio Onida il 15.10.2012, in occasione dell’inaugurazione della Scuola alla presenza del Presidente della Repubblica e dei Mot appena nominati, «una vera Scuola non è un luogo di trasmissione prevalentemente unilaterale di sapere … ma soprattutto un luogo ove docenti e discenti insieme costruiscono nuovi livelli di conoscenza della realtà e di consapevolezza dei problemi che in essa si manifestano»; il giudice non può ignorare quanto avviene nella società che esprime la domanda di giustizia, e per questo, «nella formazione che la Scuola è chiamata ad assicurare, la voce, le voci, della società esterna, e non solo degli operatori del diritto, devono avere spazio, alimentare il confronto e la riflessione, interpellare i magistrati».

La neonata Scuola si era trovata ad affrontare, accanto a enormi problemi pratici che spaziavano dalla mancanza di una sede funzionante all’iniziale perdurante impegno in funzioni giudiziarie dei componenti del CD, la questione centrale e pressante della formazione iniziale. Dovevano trovarsi risposte rapide ed efficaci a domande difficili: quale formazione per MOT che arrivano a superare il concorso dopo un lungo periodo di studio (università più SSPL) o un percorso misto di studio e lavoro o tirocinio? Quale formazione per quale modello di magistrato? Come realizzare la previsione di lunghi periodi di formazione residenziale presso la Scuola? Come conciliare formazione teorica e formazione pratica? L’enormità del compito si coglie a pieno quando si pensa che – mentre il nostro CD, 12 componenti, aveva ancora un ridotto staff di supporto e un luogo fisico di lavoro tutto da mettere in piedi – l’omologa francese, l’Ecole Nationale de la Magistrature, all’epoca, 2011, disponeva per la formazione iniziale di una sede a Bordeaux (3883 m2 per 730 persone, 2 anfiteatri, 17 aule, 1 centro di documentazione, 1 centro per la logistica, 1 ristorante e caffetteria) con un corpo di gestione, centro studi, servizi di stages e documentazione e un corpo insegnanti prevalentemente stabile. 

Giovanna è stata, assieme a Ernesto Aghina, responsabile in seno al CD della formazione iniziale, che ha interessato nel quadriennio tre selezioni di circa 350 giovani magistrati ciascuna. Si è trattato di «un percorso del tutto inedito ed irto di difficoltà», come Giovanna ed Ernesto ricordano nel loro contributo al numero 1/2016 della trimestrale dedicato a Formazione giudiziaria. Bilancio e prospettive. Sono state fatte scelte coraggiose: l’apertura ai saperi extragiuridici, l’introduzione di stages fuori dagli uffici giudiziari (presso Istituti penitenziari, l’Avvocatura dello Stato, la Banca d’Italia, Questure, Comandi Carabinieri, Agenzie delle Entrate, Enti locali, …), la valorizzazione di metodi didattici attivi, la creazione di forme innovative di raccordo tra tirocinio negli uffici e presso la Scuola. Scelte, non sempre pienamente comprese, ispirate alla convinzione che la formazione nella Scuola è «un’occasione unica, nella carriera di un magistrato, per affrontare e discutere con esperti e colleghi materie non approfondite per la preparazione al concorso (psicologia, biologia e genetica, scienze dell’investigazione, etica e deontologia, economia, cooperazione internazionale, ecc), per imparare a confrontarsi e a lavorare assieme». 

E’ in quest’ottica di apertura e di allargamento dell’orizzonte culturale del magistrato che si colloca anche l’intensa attività internazionale di Giovanna, con le sue collaborazioni strette col programma di formazione HELP del Consiglio d’Europa e con la Rete di Formazione Giudiziaria, con l’impulso ai programmi di scambio e ai tirocini e stage all’estero per i giovani magistrati, nella consapevolezza che la conoscenza dei sistemi europei aumenta la capacità di lettura della realtà, di individuazione di soluzioni efficaci, di protezione dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto. Un impegno internazionale che è continuato dopo la cessazione del mandato alla Scuola, quando Giovanna ha messo a disposizione di progetti internazionali (come il Twinning franco-italiano per l’Istituto di formazione della Tunisia) la sua grande esperienza e competenza.

Nell’impegno per la giustizia riparativa si colgono, forse più fortemente, i caratteri professionali e umani della nostra collega. Ricorda Riccardo De Vito: «Credo di aver avuto con Giovanna tra le più intense e profonde conversazioni sul senso della pena e del carcere. Ma questa profondità non era un fatto privato, riservato a chi ha avuto la fortuna di conoscerla meglio. Era una dote a disposizione di tutti, in maniera diretta, semplice e costante. Quella cultura e sensibilità erano anche il precipitato del meglio della cultura e dell’esperienza milanese sul tema: Valerio Onida, Carlo Maria Martini, Gherardo Colombo e tanti atri. Quella profondità l’ha portata dentro la scuola, insieme a Beniamino Deidda e Valerio Onida. Con loro sono stati messi su i primi corsi strutturati di sorveglianza, quando i MOT hanno potuto riprendere a fare il magistrato di sorveglianza. Entrarono nella Scuola sociologi, volontari, gente impegnata nel carcere… Beniamino, Giovanna e Valerio provarono a portare nella Scuola l’esperienza del libro dell’incontro: con i testimoni: la Faranda e Bonisoli con Agnese Moro. Purtroppo, quel corso fu amputato della presenza degli ex terroristi. Il direttivo, nel frattempo, era cambiato e la magistratura fornì una delle peggiori prove di chiusura».

Riflessione e tensione a rendere le idee progetti concreti e fattivi è stato il carattere distintivo di Giovanna nel suo impegno per la formazione decentrata, per la formazione iniziale, per quella internazionale, per i grandi temi che travagliano il giudice e la società. Nonostante si siano festeggiati i 10 anni della Scuola, molti nodi sono ancora quelli di allora. Tra questi, la mancanza di continuità nell’ideazione di modi nuovi di formazione dei giovani magistrati, l’incapacità di elaborazione su un periodo medio/lungo, il cedere sempre all’emergenza, la difficoltà di dialogo tra Scuola e altre istituzioni, in primis il Consiglio. In lunghe discussioni ne abbiamo parlato ideando soluzioni progettando il futuro.

La passione per i giovani e per la formazione, l’affetto per i MOT, la coscienza semplice e profonda dell’importanza dell’educazione sono stati presenti in tutta la sua carriera e si colgono da ultimo in un episodio non lontano, ricordato dal collega Patrizio Gattari. «In occasione del giuramento degli ultimi MOT, Giovanna ha donato la sua toga ad una giovane collega, ex  tirocinante che avevamo seguito nel percorso di preparazione al concorso. La giovane collega mi ha riferito commossa di non aver nascosto il suo imbarazzo e il timore di accettare un dono così importante e “impegnativo”, ma di averlo accettato con gioia quando Giovanna le aveva detto che sarebbe stata felice di sapere che la sua toga avrebbe continuato con lei e le aveva poi chiesto “in cambio” di accompagnare i suoi nipoti ad una udienza dibattimentale e di spiegare loro il processo».

La congiunzione tra l’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, nutrito da forti conoscenze giuridiche e da una cultura che abbraccia la società e il mondo, e lo sguardo comprensivo e accogliente rivolto a chi soffre (le vittime, gli esclusi, i migranti nei lager libici ma anche chi delinque e cerca una nuova via) erano la sua quintessenza. Ci mancherà.

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Per citare ancora Riccardo, «Spero che riusciremo a far valere il pensiero di Giovanna. Quel pensiero che era in ogni parola. Come invocava il Re, nel terzo atto di Amleto, “le parole senza i pensieri non raggiungono mai il cielo”. Le sue lo raggiungevano, eccome».

Ciao Giovanna, che la terra ti sia lieve.





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