Le Big Tech alla corte di Trump: chi partecipa alla cerimonia di insediamento e quanto hanno donato per l’evento

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Da Elon Musk a Mark Zuckerberg, passando attraverso il ceo di TikTok Shou Chew: tutti i grandi del settore saranno presenti all’inaugurazione. Le più importanti aziende della Silicon Valley hanno donato almeno un milione di dollari ciascuno per la cerimonia più finanziata nella storia americana

Tutti alla corte di Donald Trump, pronti a rendere i propri omaggi al nuovo presidente degli Stati Uniti e a offrire i propri doni. Lunedì 20 gennaio i potenti del mondo presenzieranno alla cerimonia di insediamento del tycoon. Potenti, ma non solo in senso politico. A partecipare, infatti, non ci saranno solo presidenti e capi di governo, ma anche i grandi della tecnologia che oggi più che mai hanno un’influenza sulla politica e sulla società.
Alcuni sono volti noti, nel senso che hanno supportato la campagna repubblicana sin dall’inizio. Altri, invece, hanno mostrato il proprio sostegno solo quando si è capito chi avrebbe vinto la partita elettorale. Tutti, comunque, hanno messo le mani in tasca e hanno donato cifre da capogiro per questo evento che è al giorno d’oggi la cerimonia di insediamento più finanziata nella storia statunitense.

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Chi sarà presente alla cerimonia di insediamento

Facciamo l’appello partendo dal primo della classe. Ovviamente Elon Musk sarà presente. Nuovo (o ennesimo) braccio destro di Trump, con un «ministero» a lui affidato (si chiamerà Doge, cioè il dipartimento per l’efficienza governativa) e un sostegno di lunga data alla causa del tycoon (avrebbe speso oltre 250 milioni di dollari durante la campagna elettorale).
Ci sarà anche il fondatore di Amazon Jeff Bezos a portare i propri omaggi a Donald Trump. Avversario storico di Musk (ma Bezos ha ricevuto i complimenti da questo per il lancio del razzo New Glenn), anche il rapporto con Trump non è stato sempre rose e fiori. Durante il primo mandato c’erano state diverse occasioni di scontro, come quando il Pentagono avrebbe sottratto un contratto miliardario ad Amazon per darlo a Microsoft, come rappresaglia del presidente a Bezos. Acqua passata, considerando il crescente supporto del tecnologo all’ultima campagna repubblicana culminata nel divieto al Washington Post (Bezos è il proprietario) di pubblicare l’endorsment a Kamala e considerando anche il suo pellegrinaggio post-elettorale a Mar-A-Lago, la residenza preferita di Trump.
Bezos non è l’unico ad avere fatto visita al futuro presidente in Florida. Anche Mark Zuckerberg si era presentato, così come presenzierà alla cerimonia del prossimo lunedì. Fin quando è stato possibile, il ceo di Meta ha mantenuto una certa distanza con la politica. Una distanza presto messa da parte dopo il 5 novembre, quando ha cominciato ad apportare una serie di modifiche alle proprie piattaforme (una fra tutte, quella sulla rimozione del fact checking) che strizzano l’occhio all’ala oltranzista repubblicana.




















































Fra i nomi degli invitati della Silicon Valley spiccano anche altri «big» di rilievo. Da Sundar Pichai e Tim Cook, rispettivamente ceo di Google e di Apple, fino a Sam Altman di OpenAI e Dara Khosrowshahi di Uber. Tutti a capo di aziende tecnologiche miliardarie che ogni giorno dettano l’agenda dell’innovazione. È bizzarro immaginare che in mezzo a questa folla di potenti, i riflettori siano puntati su un altro amministratore delegato, uno che arriverà direttamente da Singapore per partecipare all’evento americano. Si tratta di Shou Zi Chew, ceo di TikTok. Un invito, arrivato quasi all’ultimo, che porta con sé un senso di apertura nei confronti del social da parte dello stesso Trump. Ventiquattro ore prima rispetto all’insediamento, infatti, l’app verrà bloccata negli Usa perché TikTok si è rifiutata di venderla a un’impresa occidentale, come richiesto da una legge bipartisan firmata dall’uscente Joe Biden. Ma Trump, che forse promulgherà un ordine esecutivo per fermare il ban, sta già tendendo una mano a TikTok e questo invito all’insediamento lo dimostra.

Quanto hanno donato le aziende tech per la cerimonia

Non è solo una questione di chi ci sarà, ma anche di quanti soldi sono stati spesi per finanziare questo evento. Finanziamenti che arrivano anche dalle grandi realtà della tecnologia. Secondo il New York Times, già nella prima settimana di gennaio il comitato che si occupa della cerimonia ha raccolto 170 milioni di dollari e che addirittura alcuni donatori con finanziamenti a sei zeri già pronti sarebbero stati respinti proprio perché sono finiti i posti sul palco d’onore.
Secondo l’emittente CBC, Google, Meta, Microsoft e Amazon hanno donato rispettivamente un milione a testa. Anche Apple e OpenAI avrebbero messo un milione a testa, questa volta però dalle tasche dei rispettivi ceo. Uber ne avrebbe messi due, metà dei quali dai fondi privati dell’amministratore delegato. 
Già i numeri fanno impressione così, ma anche fare il confronto con le precedenti inaugurazioni fa comprendere il cambiamento nei rapporti di potere fra le big tech e il nuovo governo americano. Google, per esempio, ha triplicato la donazione rispetto a quello che aveva versato nel 2021 per Biden. Microsoft ha raddoppiato il proprio finanziamento. Apple non aveva mai donato nulla fino all’ultimo insediamento, quando comunque erano stati donati «solo» 43 mila dollari. E Meta, invece, è passata da zero al milione in uno schiocco di dita.

17 gennaio 2025 ( modifica il 17 gennaio 2025 | 11:56)

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