Tutti i dubbi sulla tregua tra Israele e Hamas. Il Punto

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


di Raffaele Crocco

Inevitabilmente, il Risiko mondiale si concentra laggiù, sulla Striscia di Gaza e sul Vicino Oriente in generale. Ci si domanda: reggerà? A poche ore dalla tregua firmata a Doha e presentata trionfalmente al Mondo dopo 460 giorni di massacro, milioni di sfollati e affamati e quasi 50mila morti ufficiali, i dubbi sono saldi e troppi.

Certo, ci sono state raccontate le scene di giubilo a Gaza ed era inevitabile: le persone, le vittime vere di questa e di tutte le guerre, erano e sono sfinite. È altrettanto vero che in molti si sono intestati il merito dell’accordo, Donald Trump – futuro presidente statunitense – in testa. Ma nella mente risuonano le parole di un leader di Hamas, Khalil al-Hayya. Parlando alla televisione ha spiegato che, questo accordo dimostra come Israele non sia riuscito a raggiungere i propri obiettivi nella Striscia di Gaza. L’intesa sarebbe una sconfitta per lo Stato ebraico. “Il nostro popolo – ha detto – ha frustrato gli obiettivi dichiarati e nascosti dell’occupazione: oggi dimostriamo che Israele non sconfiggerà mai il nostro popolo e la sua resistenza”.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Dietro le parole c’è, evidente, la determinazione a proseguire nel tempo la lotta. Una determinazione che nasce dal fatto che l’intesa ferma il massacro, ma non chiarisce completamente il punto essenziale: la nascita di uno Stato libero e sovrano di Palestina. Certo, se tutti rispetteranno l’accordo, l’azione militare israeliana cesserà, ostaggi e prigionieri troneranno a casa e gli aiuti umanitari indispensabili ad evitare la strage entreranno a Gaza. Ma il punto centrale della guerra infinita resta: i palestinesi hanno diritto ad una loro terra. E questo diritto, per ora, non è riconosciuto da Israele, che occupa terre non proprie. Bisogna spostare l’attenzione, per capirlo: mentre l’esercito israeliano si ritirerà da Gaza – sempre che l’intesa venga rispettata – in Cisgiordania i coloni israeliani continuano nell’occupazione illegale di terre e i palestinesi, cacciati sotto minaccia in questi mesi, difficilmente potranno rientrare a casa loro.

Questo, manterrà vivi i presupposti per l’infinita guerra. Certo, l’ancora per poco Segretario di Stato statunitense, Blinken, ha annunciato l’accordo come un passo verso la pace, prefigurando un percorso che dovrebbe portare prima Gaza ad una amministrazione affidata all’Autorità nazionale palestinese e all’Onu, poi, alla nascita di uno Stato di Palestina. Ma Tel Aviv non ha sottoscritto nulla del genere e nei piani di molta parte delle forze politiche israeliane non esiste la possibilità di un futuro stato palestinese. Spesso, Israele ha usato gli accordi in modo tattico, per rifiatare, senza mai accettare l’idea che i palestinesi possano davvero diventare dei “vicini di casa”. Oggi, sul tavolo a Tel Aviv ci sono le questioni dell’incertezza sul futuro politico di Netanyahu, che sa di rischiare molto dal punto di vista penale se perde il governo e  dell’insediamento di una nuova e potenzialmente destabilizzante amministrazione Trump. Inoltre, il Paese ha bisogno di recuperare energie, impegnato com’e’ ad imporre la “pax israeliana” alla regione, con le azioni militari contemporanee in Libano e nella Siria post al Assad. Non dimentichiamo, poi, che Tel Aviv si dice pronta alla guerra contro l’Iran, che potrebbe attaccare in qualsiasi momento. L’aver congelato il fronte Hamas potrebbe essere funzionale anche a questo.

Insomma, sono troppi i fattori che ancora giocano contro l’ipotesi di una pace vera, utile e duratura. Non ultimo , c’è che Hamas non è morta e Hamas, ricordiamolo, oltre che organizzazione militare è un’organizzazione politica, che ha radicamento nel territorio e si alimenta proprio nella repressione decennale e nell’oppressione che i palestinesi subiscono. Non a caso, pochi minuti dopo aver dichiarato di aver accettato i termini dell’intesa con Israele a Doha, uno dei leader dell’organizzazione ha dichiarato che “a nome di tutte le vittime, di ogni goccia di sangue versata e di ogni lacrima di dolore e oppressione, diciamo: non dimenticheremo e non perdoneremo le sofferenze inflitte alla popolazione di Gaza durante la guerra”. A parlare così è stato sempre il capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya. Parole dure, che disegnano un futuro che sa di vendetta, non di pace.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale