Da cibo del popolo alle varianti gourmet, Napoli ed il mondo celebrano la pizza

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Non c’è nulla di più straordinario di un pezzo di pizza che si scioglie in bocca. Tra le tante portate e specialità gastronomiche che caratterizzano la tradizione culinaria italiana, la pizza occupa senza ombra di dubbio un posto di rilievo, soprattutto in Campania ed a Napoli. Non può essere definita come un semplice alimento, ma piuttosto come un vero e proprio culto. Una ‘religione’ in grado di unire a tavola persone provenienti da diverse parti del mondo. Proprio in onore di questa magnifica portata, infatti, si celebra il 17 gennaio la Giornata Mondiale della Pizza, nota anche come “World Pizza Day“.

Giorno assolutamente non casuale, in quanto coincide con la ricorrenza dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate. Si tratta del patrono napoletano dei cosiddetti ‘fucarazzi’ e di tutti i mestieri ai quali sono legati – tra cui spiccano i pizzaioli e i ristoratori. Infatti l’evento verrà inaugurato con l’accensione del forno di Sant’Antuono nella sede dell’Associazione Verace Pizza Napoletana AVPN a Capodimonte allo scoccare della mezzanotte. Inoltre rappresenterà un’occasione imperdibile per tantissimi pizzaioli sparsi in tutto il globo per narrare la pizza, con tutto il suo grande repertorio culturale.

La pizza patrimonio dell’Unesco 

Non sono pochi i Paesi a rivendicare la paternità della pizza. Ma soltanto l’Italia, e la Campania e Napoli in particolare, possono godere del riconoscimento Unesco come Patrimonio Immateriale dell’Umanità per “L’Arte del pizzaiuolo napoletano“. Del resto è proprio qui che nasce uno dei simboli del made in Italy, dalla storia secolare. La leggenda infatti vuole che sia stato Mastro Nicola l’inventore. Secondo la tradizione pare che sia stato lui a creare nel capoluogo partenopeo, agli inizi del Cinquecento, un singolare cerchio di pasta di pane. Un disco accompagnato dallo strutto – definito in dialetto ‘nzogna – una manciata di pepe, un’abbondante spolverata di formaggio grattugiato e una generosa quantità di basilico.

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Del resto, “la vera pizza è quella che parla di storia, della cultura e del territorio da cui proviene. Essa deve avere una sua narrazione, perchè ogni pizza ha origini diverse“, ha dichiarato Franco Pepe, insignito nel 2019 del premio Pizza Awards Italia. Il maestro pizzaiolo ha infatti avuto il grande merito di aver elevato un alimento di origini “povere” al rango della cucina stellata. E questo incredibile salto di qualità si è realizzato con Pepe in Grani, celebre pizzeria situata nel cuore della provincia casertana, a Caiazzo. Ma il concetto di pizza è stato rivoluzionato anche dal grande Francesco Martucci, definito da molti come “il re della pizza”. La sua pizzeria I Masanielli a Caserta ha vinto negli scorsi 12 mesi la celeberrima classifica 50 top pizza.

La tendenza dei pizzaioli a diventare influencer

Dunque, alla luce del fermento diffuso in tutto il mondo in attesa del Vera Pizza Day, emerge che pizza non è più una semplice pietanza, ma è diventata un vero e proprio fenomeno. In un’era nella quale il mondo virtuale e dei social sta crescendo sempre di più. Ed è naturale immaginare quanto ormai sia significativa la tendenza da parte di tutti i pizzaioli di diventare influencer. Il loro fine infatti consiste nello sponsorizzare e promuovere al meglio le proprie attività. Si fanno battaglia l’un con l’altro, a volte anche amichevolmente, con video promozionali divertenti per accaparrarsi sempre più followers. A volte, come accaduto con Sorbillo che ha proposto la pizza all’ananas o farina di grillo, le loro ‘uscite social’ hanno creato un vivace dibattito sulla metamorfosi del concetto di pizza, da quella popolare a quella contemporanea o gourmet. 

Concentrando lo sguardo sulla città di Napoli, basti pensare alle grandi campagne pubblicitarie condotte sui social da parte di alcune pizzerie. A partire dalle quali sono diventate quasi un simbolo della città. Attività che sono riuscite a mettere in piedi con il tempo delle vere e proprie catene, arrivando così ad aprire sedi in varie parti del mondo dove fino a qualche decennio fa non si sapeva nemmeno cosa fosse la pizza. Si pensi ad esempio a Enrico Porzio, Vincenzo Capuano, o ancora Da Michele alla Sanità, Lioniello a Soccavo, Di Matteo, e tanti altri pizzaioli non solo di Napoli ma anche del Casertano.

Un settore in costante crescita

Che intorno alla tonda ruoti un’economia in costante crescita è confermato da dati ben precisi. Basti pensare infatti che “in Italia ci sono 40mila pizzeriedi cui il 10% si trova in territorio campano – e 15mila nell’asporto, numeri importanti. Un settore in grande crescita ma non ancora ‘maturo’“, stando a quanto affermato il presidente Fipe Commercio Campania Massimo di Porzio, in occasione dell’inaugurazione dell’Osservatorio socio-economico della pizza napoletana. Questo strumento è nato da un progetto dell’Avpn – acronimo di ‘Associazione Verace Pizza Napoletana‘ – ed è frutto della collaborazione con Fipe Commercio Campania e con il Dipartimento Scienze Umane e Sociali Patrimonio Culturale dell’Università Parthenope di Napoli. Inoltre risulta essere di fondamentale importanza in quanto consente di orientare gli imprenditori sulle linee guida che il mercato sta assumendo.

Accanto a questi bilanci, significativi sono stati gli studi stimati dalla Confederazione Nazionale sindacale Coldiretti. I numeri delineano un fatturato che supera di gran lunga i 15 miliardi l’anno, e registrano un’occupazione nel settore pari a 100.000 addetti a tempo pieno, accanto ad altri 100.000 lavoratori nei fine settimana. Napoli la fa da padrone.

Per non parlare delle filiere costituite dalla collaborazione di milioni di produttori di farina, lievito, pomodori, mozzarella, olio, formaggi vari, salumi, pesce e verdure di stagione. Inoltre, degno di nota è stato anche l’incremento rilevato al termine degli ultimi dodici mesi delle consegne a domicilio. Infatti le statistiche del food delivery Just Eat hanno constatato un consumo di pizza che ha richiesto circa 5,12 milioni di chili, accanto a 14.000 chili ordinati al giorno. E tra i gusti più richiesti svettano la Margherita, la Diavola e la Capricciosa.

L’aumento dei costi 

Ma, nonostante la pizza abbia da sempre rappresentato un alimento tipico della cucina popolare, accessibile a tutti, forse oggi le cose non stanno ancora propriamente così. Non si può sottovalutare infatti che ormai il costo di un pranzo o di una cena in pizzeria è decisamente in ascesa, alla luce dell’inflazione e dell’innegabile aumento dei prezzi dei prodotti alimentari necessari per la preparazione. Del resto, in riferimento ai parametri nazionali elaborati da Altroconsumo, la spesa economica di un pasto in pizzeria è aumentato pressochè in tutte le città italiane. Ma ciò che salta più di tutto agli occhi riguarda l’incremento del 32% in soli tre anni proprio a Napoli, capitale indiscussa della pizza.

Dato sicuramente aggravato dal braccio di ferro sorto tra i “fortini della pizzitudine” napoletani per eccellenza, tra i quali non si possono non annoverare Enrico Porzio e Gino Sorbillo, e la neo apertura di Crazy Pizza a via Nazario Sauro di Flavio Briatore. Infatti non si dimentichino i numerosi mesi di polemiche, botta e risposta e proteste originate dalla considerazione dell’imprenditore piemontese secondo cui “spendere 4 o 5 euro per una pizza significa mangiare alimenti di scarsa qualità”. Così, nel capoluogo partenopeo si è sviluppata una vera e propria guerra tra i maestri dall’esperienza secolare nell’arte dell’impastare, e il menu che tocca i 65 euro a persona rilanciato dall’impresario.

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La stabilità dei prezzi della farina e del pomodoro

Tuttavia, stando ai listini realizzati dalla Borsa merci telematica italiana in vista del Vera Pizza Day 2025, la situazione sarebbe meno preoccupante. Per quanto concerne infatti i prezzi delle farine di grano duro degli ultimi 6 mesi, alla luce dell’assenza di tensioni per le quotazioni nei listini delle Borse Merci italiane, affiora una certa stabilità. Anzi, con qualche riduzione. Ad oggi, i prezzi della farina rispetto all’anno precedente sono in discesa del -4,7%. E rispetto agli ultimi 6 mesi del 2022, l’anno dei prezzi record incredibilmente elevati innescati dagli effetti del conflitto russo-ucraino, si registra un calo sostanziale del -20%.

Un eguale stabilità si rileva anche a proposito dei prezzi del pomodoro, nelle sue varianti di passata e polpa, nell’ambito delle quotazioni dei listini prodotti dalla Borsa Merci di Parma. Su scala annua, si è registrato una leggera riduzione del 6% per la polpa e del 4% per la passata, in particolare sia per le confezioni in scatola sia per quelle in bottiglia.

L’incremento del +5% dei prezzi della mozzarella

Lo stesso non può dirsi invece per la mozzarella fresca da latte vaccino. Infatti le analisi dei prezzi all’ingrosso del latticino registrano un significativo incremento del 5% rispetto a gennaio 2024. Tra le cause scatenanti di questo aumento figurano sicuramente gli incrementi dei costi del latte alla stalla, che non hanno conosciuto interruzioni specialmente negli ultimi 6 mesi, attestandosi al di sopra della media di 0,50 euro/kg.



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