Mancano poco più di quattro mesi alla primavera, uno dei periodi più critici per le piogge intense che, solo a Faenza, hanno causato tre alluvioni in sedici mesi e che continuano a fare paura. In città ci si sta attrezzando per far fronte a nuove emergenze, mentre si attende ancora l’approvazione dei Piani Speciali, progetti ad ampio respiro da realizzarsi nei prossimi decenni, ma fondamentali per riprogettare il territorio in vista del cambiamento climatico in atto. Quello che serve, ripetono da mesi a gran voce gli amministratori locali, non sono solo risorse per riparare i danni, ma progetti e interventi per prevenirli. Di questo abbiamo parlato con il sindaco di Faenza, Massimo Isola.
Intervista al sindaco di Faenza, Massimo Isola
Sindaco Isola, partiamo dalla fine. Quali impressioni ha avuto dall’incontro con il nuovo commissario straordinario, Fabrizio Curcio?
Direi molto positive. La nomina di Curcio è il risultato di un dialogo tra istituzioni locali, regionali e nazionali. È una persona che conosce bene il nostro territorio e con cui abbiamo già lavorato durante la gestione emergenziale. Di fronte alla evidente criticità del sistema di ricostruzione, però, non ci ha portato nessuna nuova prospettiva, idea o progetto. Piuttosto, ha chiesto tempo per studiare la situazione. Peccato però che il suo incarico scada a fine anno. E’ un elemento critico, perché abbiamo bisogno di continuità, di tempi giusti per fare squadra, progettare e pensare almeno in un triennio le tappe della ricostruzione. Ci sono poi altre due questioni.
Dica.
Su due macro temi Curcio non ci ha dato le dovute rassicurazioni. Ad oggi non sappiamo infatti se il Piano Speciale verrà approvato in tempi ragionevoli. L’altra incognita riguarda il mantenimento del personale ad hoc per realizzare questi lavori, visto che il loro mandato scadrà a fine 2025.
Si è parlato di una presunta mancanza di fondi per i piccoli comuni. È vero?
No, non è corretto. Purtroppo l’alluvione è stata talmente dirompente da aver stressato il dibattito pubblico e questo porta spesso a battute fuori tono. Il problema non è l’assenza di finanziamenti, ma la difficoltà nella gestione delle risorse e la lentezza dei soggetti tecnici operativi preposti dallo Stato. Le faccio un esempio. Casola Valsenio e Brisighella devono realizzare oltre 30 milioni di euro di interventi in opere pubbliche, ma i tempi e la qualità del dialogo con l’azienda preposta sono assolutamente inadeguati. Preoccupa poi l’idea di utilizzare fondi Pnrr per la ricostruzione.
Perché?
I piccoli comuni sono letteralmente terrorizzati da questa ipotesi. I fondi del Pnrr hanno scadenze irrealistiche, troppo vicine nel tempo, che in molti non sono in grado rispettare.
Veniamo a Faenza. A che punto siamo con la riprogettazione delle fogne?
Con Hera abbiamo un confronto quasi quotidiano, spesso aspro. Il nostro compito è quello di stressare Hera, affinchè questa mole di progetti venga messa a terra nel più breve tempo possibile: qualche mese, si spera. Avremo incontri importanti nei prossimi venti giorni con la struttura operativa e il presidente. Ricorderemo di nuovo che Faenza ha bisogno di un livello di attenzione superiore, viste le tre alluvioni in sedici mesi. Non possiamo permetterci di perdere tempo. Stiamo spingendo per completare al più presto i bypass progettati in città e il collaudo delle idrovore già posizionate. Ce n’è una in via Renaccio, ad esempio, che non è stata ancora collaudata. E’ assurdo.
Veniamo al quartiere Borgo. Il muretto in via Cimatti è definitivo?
No, assolutamente. E’ un’opera realizzata nell’emergenza, che lascerà il posto a un rilevato alto 5 metri e lungo 22, parte di un progetto molto più ampio.
A che punto siamo con il progetto di messa in sicurezza del Marzeno?
Nel mese di febbraio andremo finalmente in consiglio comunale con la delibera definitiva che contiene l’acquisto di una ventina di ettari da parte del Comune da quattro proprietari diversi. Con il loro consenso i lavori sono già iniziati. Per ora espianto dei filari e pulizia di terra e detriti lasciati lì dall’alluvione. Nascerà nei prossimi mesi un’area di resistenza in grado di arginare portate d’acqua come quella di settembre 2024, per intenderci. Il progetto prevede l’abbassamento del livello del terreno di circa tre metri, la realizzazione del rilevato che sostituirà l’attuale muro provvisorio e un sistema di contro argini. Serviranno per mettere al riparo il Lamone da potenziali effetti collaterali, chiamiamoli così. Non vogliamo infatti pregiudicare la stabilità dell’argine del fiume, nè proteggere una parte della città a discapito di un’altra.
Entro quando sarà completato?
Contiamo di renderlo operativo dalla tarda primavera.
Possiamo dire quindi che a maggio potremo stare un po’ più tranquilli?
Si lo confermo. Vorrei aggiungere una cosa però.
Prego.
Questa operazione è stata fatta in un regime emergenziale, quindi stressando le abitudini amministrative del nostro comune, in quell’ottica di disobbedienza civile di cui si è già parlato. Significa che abbiamo svolto una funzione che di solito non è propria delle municipalità: sicurezza e rischio idrogeologico sono di competenza di altri enti. Noi abbiamo voluto a tutti i costi fare qualcosa, ma questo comporta un prezzo.
Quale?
La burocrazia prima di tutto, in ambiti in cui non c’è la consuetudine a collaborare con noi. Significa tempi lunghi per la realizzazione di documenti, materiali e studi per giustificare questa ‘invasione di campo’. Un comune che compra 20 ettari di terreno e fa un’operazione di questo tipo è un’operazione rivoluzionaria.
Barbara Fichera
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