Rifiuti tessili, il sistema europeo di riutilizzo e riciclo sta crollando

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L’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili rischia di mandare in tilt l’industria europea del recupero, schiacciata da costi in aumento e ricavi in forte calo. Secondo FEAD ed EuRIC serve un urgente intervento finanziario a supporto degli operatori, anche utilizzando i fondi del Recovery and Resilience Facility


Utilizzare i fondi già disponibili sul Recovery and Resilience Facility per evitare il collasso dell’industria europea del riutilizzo e riciclo degli abiti usati e dei rifiuti tessili. È una delle proposte del piano d’intervento lanciato dalle due principali associazioni europee del waste management e del riciclo FEAD ed EuRIC per accompagnare il settore del fine vita tessile verso la piena entrata in vigore dei nuovi regimi di responsabilità estesa del produttore. Che nella migliore delle ipotesi cominceranno a vedere la luce tra 2026 e 2027 (l’Italia è in pole position con una bozza di regolamento nazionale) mentre già adesso la filiera industriale europea rischia di crollare. ‘Colpa’ dell’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata, scattato dal 1 gennaio di quest’anno – e in Italia già dal 2022 – che in teoria dovrebbe agevolare la gestione circolare dei tessili post consumo mentre nella pratica sta mettendo in ginocchio gli operatori del Vecchio Continente.

L’introduzione dell’obbligo di istituire sistemi EPR nel tessile, sancita da Consiglio e Parlamento Ue nell’intesa sulla revisione della direttiva quadro rifiuti, “è una misura essenziale”, premettono le associazioni. Obbligando i produttori a partecipare, anche economicamente, alla corretta gestione del fine vita di tessile e abbigliamento, l’EPR “incentiverà gli investimenti necessari sul fronte della raccolta, della selezione e del riciclo”, si legge, ma il problema è che lo farà troppo tardi. Dalla data di entrata in vigore della direttiva, infatti, gli Stati membri avranno 30 mesi per istituire gli schemi EPR, cosa che ne proietta l’orizzonte in un periodo compreso tra il 2026 e il 2029, mentre già oggi gli operatori del recupero “stanno affrontando una crisi che richiede un’azione urgente”.

Con l’obbligo di differenziata, scrivono FEAD e EuRIC, le quantità di tessili post consumo intercettate dai sistemi di raccolta aumenteranno, ma “la qualità dei tessuti usati raccolti continuerà a diminuire, in particolare a causa dell’ascesa dell’ultra fast fashion”. Cosa che si sta già traducendo in un’impennata dei costi di gestione delle frazioni non riutilizzabili, sia quelli per lo smaltimento vero e proprio che quelli per il riciclo, che a causa della scarsa domanda interna di fibre secondarie viene per lo più esternalizzata in India e Pakistan. Tutto questo, aggiungono le associazioni, a fronte di un mercato del riuso stagnante. I costi, insomma, corrono più dei ricavi e in questa congiuntura “l’intero ecosistema industriale, che è fondamentale per la transizione circolare, crollerà prima che l’EPR entri in vigore”.

Per questo le associazioni chiedono in sostanza di anticipare l’applicazione di una serie di misure che verranno poi messe a regime nell’ambito dei sistemi EPR. Sul piano della gestione dei costi FEAD ed EuRIC propongono l’istituzione di un meccanismo temporaneo di finanziamento a supporto delle attività di raccolta, selezione, riutilizzo e riciclo. L’idea è quella di usare le risorse residue sul Recovery and Resilience Fund, che ammontano complessivamente a circa 100 miliardi di euro, da recuperare successivamente con i contributi che i produttori verseranno ai futuri sistemi EPR per ogni capo venduto. Accanto a questo FEAD e EuRIC chiedono una revisione del quadro fiscale con agevolazioni IVA sul second hand e un’accisa sui filati vergini, in particolare sintetici, ma anche l’allineamento delle tariffe di smaltimento per gli operatori della selezione a quelle delle imprese del servizio pubblico e la temporanea sospensione degli eventuali oneri legati alla concessione dei servizi municipali di raccolta degli abiti usati.

Per evitare che l’ondata di rifiuti tessili travolga il sistema di raccolta, selezione e riciclo, secondo FEAD ed EuRIC serve però anche e soprattutto aumentare il livello di consapevolezza di tutti gli attori coinvolti. A partire dalle amministrazioni territoriali, che le associazioni invitano almeno in un primo momento a non “puntare a obiettivi di raccolta troppo ambiziosi” prima della piena attivazione dei sistemi EPR. L’invito, insomma, è a rispettare l’obbligo di differenziata ma con un approccio prudente e con “istruzioni chiare su cosa non deve essere inserito nella raccolta differenziata dei tessili, che possono potenzialmente ridurre direttamente i costi e migliorare le prestazioni del sistema”, avvertono le associazioni. Un appello lanciato nei giorni scorsi anche da Andrea Fluttero, presidente di UNIRAU (Unione imprese raccolta riuso e riciclo abbigliamento usato), che in un’intervista a Materia Rinnovabile ha chiarito: “Riteniamo che non sia il caso di spingere sull’aumento della raccolta differenziata fino a quando non entreranno in gioco sistemi di EPR (responsabilità estesa del produttore) con risorse adeguate per affrontare queste criticità”.





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