L’occasione mancata della “Via della Seta” europea

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La strategia Global Gateway, lanciata dall’Unione Europea nel 2021, ambisce a competere con la Belt and Road Initiative cinese, proponendosi come un’alternativa per il Sud globale e come risposta al crescente ruolo geopolitico di Pechino e Mosca in Africa e Medio Oriente. Tuttavia, un recente rapporto di Oxfam getta ombre pesanti sul reale impatto di questa strategia, evidenziando come essa rischi di trasformarsi in un veicolo di profitto per le grandi imprese europee a scapito dei paesi beneficiari. Secondo il rapporto, su 225 progetti esaminati tra il 2021 e il 2023, almeno 25 hanno coinvolto grandi gruppi europei, spesso con forti legami lobbistici, come Siemens e Suez. Solo il 16% dei progetti si concentra su settori fondamentali come sanità, istruzione o ricerca, cruciali per il progresso dei Paesi in via di sviluppo. Ancora più controverso è il ruolo di alcune aziende del Business Advisory Group, che, pur contribuendo alla pianificazione strategica, sono anche beneficiarie dirette dei fondi europei.

La trasparenza che manca

La mancanza di chiarezza e controllo democratico emerge come una delle principali criticità del Global Gateway. Non esistono dati pubblici accessibili sui progetti, sui finanziamenti o sull’impatto in termini di diritti umani e ambiente. Questo alimenta dubbi sulla coerenza della strategia rispetto agli obiettivi dichiarati dell’UE di ridurre la povertà e promuovere uno sviluppo sostenibile, in linea con l’articolo 208 del Trattato sul funzionamento dell’UE. Oxfam denuncia inoltre che la strategia rischia di privilegiare gli interessi geopolitici ed economici dell’Europa, utilizzando risorse destinate agli aiuti allo sviluppo per rafforzare il peso economico e politico del continente. Così facendo, non solo si tradisce la missione originaria, ma si rischia di alimentare disuguaglianze e conflitti nei paesi destinatari.

Debito e disuguaglianze: il rischio di un boomerang

Una delle principali critiche al Global Gateway riguarda la sua struttura finanziaria, che favorisce i prestiti rispetto alle sovvenzioni. Questo approccio aggrava la crisi del debito in Paesi già fragili: 29 dei 37 Paesi più indebitati al mondo saranno coinvolti in progetti del Gateway, limitando ulteriormente la loro capacità di rispondere ai bisogni della popolazione. Un esempio eclatante riguarda i progetti di produzione di idrogeno in Namibia, Cile e Sudafrica, regioni dove la scarsità d’acqua è già una questione critica. L’estrazione di risorse su larga scala potrebbe inoltre avere impatti devastanti sulle economie locali e sull’ambiente. Intanto, aziende come Total ed Enel, legate ai combustibili fossili, continuano a beneficiare dei fondi del Gateway.

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Conflitti al posto dello sviluppo

Non mancano esempi di come i progetti possano aggravare le crisi locali. In Rwanda, la costruzione di una centrale idroelettrica minaccia di sfollare almeno 4.500 persone, mentre accordi per l’estrazione di materie prime sollevano timori di alimentare conflitti nella vicina Repubblica Democratica del Congo. La mancanza di rappresentanza dei Paesi partner e delle comunità locali rende ancora più evidente come il Global Gateway sia dominato dagli interessi delle grandi imprese europee, relegando gli attori locali a un ruolo marginale.

Un ripensamento necessario

Per evitare che il Global Gateway si trasformi in un altro esempio di neocolonialismo economico, è necessario un ripensamento radicale della strategia. Tra le proposte di Oxfam, spiccano l’introduzione di standard di trasparenza e la partecipazione attiva della società civile, delle istituzioni locali e dei Governi nei processi decisionali. Solo attraverso un vero partenariato pubblico-privato, che rispetti criteri di sostenibilità sociale e ambientale, sarà possibile orientare il Gateway verso uno sviluppo equo e giusto. Questa revisione è cruciale non solo per il futuro del Sud globale, ma anche per preservare la credibilità dell’Unione Europea come attore internazionale impegnato nella lotta alla povertà e nella promozione di uno sviluppo sostenibile.

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