In attesa del contratto a Musk, la presidenza del Consiglio taglia i fondi a Esa e Asi. Mentre collaboratori e consulenti peseranno per 22,5 milioni di euro: un record
Nell’attesa di accelerare sull’accordo con Elon Musk per i satelliti Starlink, con un’ipotetica spesa da un miliardo e mezzo di euro, il governo pianta una certezza nel bilancio preventivo di palazzo Chigi: il taglio agli investimenti sulla ricerca aerospaziale italiana.
La spesa, con il governo Meloni, scende a un miliardo e 268mila euro con un calo di 371 milioni di euro. Uno dei motivi, si legge nella nota preliminare del bilancio, è il «mancato rifinanziamento delle somme destinate alla partecipazione italiana al programma spaziale Artemis».
Peccato, però, che la spesa prevista per quel progetto, nel 2024, ammontasse solo a 20 milioni di euro. All’appello mancano comunque 350 milioni di euro, tra cui rientrano i 23,7 milioni tolti all’Agenzia spaziale italiana (Asi) e i 242 milioni previsti per i progetti di cooperazione internazionale portati avanti con l’European space agency (Esa).
Eppure proprio ieri, di buon mattino, la premier Giorgia Meloni ha gongolato sui social per «il lancio, avvenuto dalla base Vandenberg in California, del primo satellite per la costellazione nazionale Iride. Un risultato che consolida la leadership dell’Italia nel settore spaziale e testimonia l’efficace utilizzo dei fondi del Pnrr» e «proietta la nostra nazione sempre più nel futuro della ricerca spaziale».
Record per i consulenti
E mentre si fanno tagli cospicui alla ricerca per le politiche aerospaziali, guardando a Starlink, come ammesso alla Camera anche dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, c’è una voce che continua a salire con la destra al governo: i costi per gli uffici di diretta collaborazione, ossia gli staff di Meloni, dei due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, e dei vari ministri senza portafoglio e sottosegretari di stanza a palazzo Chigi, da Alfredo Mantovano a Giovanbattista Fazzolari. In un anno la previsione dell’esborso fa segnare un aumento di quasi un milione e mezzo.
Gli stipendi di collaboratori e consulenti graveranno infatti sulle casse per un totale di 22 milioni e 654mila euro. In confronto all’ultimo anno del governo Draghi la spesa è cresciuta di 3,8 milioni di euro e sono quasi 6 milioni di euro in più rispetto al Conte II. Se il raffronto viene fatto con gli esecutivi guidati da Matteo Renzi, il balzo va oltre i 10 milioni di euro: il costo per gli staff, con l’allora segretario del Pd a palazzo Chigi, si era fermato a poco più di 12 milioni di euro.
Ma non solo. Con il governo Meloni risultano in risalita pure le spese generiche per il funzionamento della presidenza, che arrivano a 423 milioni di euro, quasi 19 milioni di euro in più in confronto al precedente anno.
Il motivo, spiega la nota preliminare, è il «nuovo assetto organizzativo», voluto dagli uffici di Meloni. E ancora: sulle casse pubbliche pesano poi le strutture di missione – tra cui quelle per il Piano Mattei e della Zes unica – istituite. L’esborso ammonta a 27 milioni e mezzo di euro (+13,6 milioni di euro) per remunerare il personale di questi organismi.
Certo, il costo complessivo della presidenza del Consiglio cresce di poco meno di 2 milioni di euro, per una spesa complessiva di 5 miliardi e 391 milioni di euro.
Meno famiglia e poco sport
Ma contano anche gli equilibri. E il follow the money racconta molto bene come la propaganda venga tradita dalle scelte concrete. Il bilancio preventivo svela una serie di tagli a fondi per vari settori che, sulla carta, dovrebbero essere al centro dell’azione di governo. Su tutti il dipartimento della Famiglia, affidato alla ministra Eugenia Roccella.
Le risorse assegnate sono 141 milioni di euro con una flessione del 6,1 per cento. Tradotto: sono 9,2 milioni di euro in meno. In questa voce rientrano la riduzione di un milione e 300mila euro del fondo destinato all’adolescenza e all’infanzia e di 2 milioni e 800mila euro delle risorse previste per le adozioni internazionali.
La scure di Meloni si è abbattuta pure sulle politiche sportive nel loro insieme, guidate da Andrea Abodi. Lo stanziamento fa registrare un calo di 49 milioni di euro, legato principalmente «al venir meno dell’incremento di dotazione del fondo di 50 milioni di euro per la garanzia sui finanziamenti erogati dall’Istituto per il credito sportivo», spiega ancora la nota che accompagna il bilancio.
Nel calderone di questi definanziamenti spiccano i 6 milioni di euro in meno per il bando Sport e periferie, il progetto che punta a sviluppare l’attività sportiva nelle zone più disagiate.
A pagare dazio alle sforbiciate di Meloni a palazzo Chigi ci sono addirittura le iniziative a sostegno della gioventù. L’apposito dipartimento subisce una decurtazione dei fondi di quasi 18 milioni di euro, passando da 73,7 milioni a 55,8 milioni di euro. Calano drasticamente, inoltre, le somme destinate all’Agenda digitale, quasi dimezzate in confronto al 2024, passando a 115 milioni di euro.
E ancora: spariscono tanti altri capitoli di spesa, come lo sviluppo del sistema It-Alert, gestito dalla Protezione civile, per garantire un sistema moderno di allarme pubblico in caso di calamità. L’iniziativa avanza a rilento. Palazzo Chigi fa sapere che la questione è stata trasferita ad altri ministeri, che dovranno farsi carico delle spese.
Ma non ci sono comunque solo tagli. La nota di merito è il grande potenziamento degli investimenti sulle politiche per la disabilità, che fanno riferimento alla ministra leghista, Alessandra Locatelli, che arrivano a 433 milioni di euro (nel 2024 erano 231 milioni), così come crescono del 29,4 per cento quelli per le politiche sulle pari opportunità, raggiungendo la somma totale di 136 milioni e 400mila euro. C’è qualcosa di cui sorridere. A patto di non guardare allo spazio.
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