Trump: «Sanzioni devastanti» se Mosca non accetta l’accordo

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In Ucraina lo scollamento tra militari e civili si accentua dopo i colloqui di Gedda. Se da un lato le forze armate sono impegnate a tenere testa all’avanzata dei russi nel Kursk, dove la situazione per le truppe gialloblu peggiora di giorno in giorno, dall’altro i vertici di Kiev si preparano alla risposta del Cremlino al piano per la tregua di 30 giorni proposto dagli Usa.

Oggi Steve Witkoff, l’inviato di Donald Trump per il Medio Oriente che ha assunto un ruolo di primo piano anche nelle trattative con la Russia, dovrebbe arrivare a Mosca per discutere con Vladimir Putin del cessate il fuoco. La notizia è stata confermata da più fonti, ma da Washington non hanno fornito informazioni definitive, dichiarando invece che il viaggio di Witkoff è atteso «in settimana». Ieri, intanto, la portavoce della Casa bianca Karoline Leavitt ha fatto sapere che un primo contatto ad alti livelli già c’è stato.

Il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Mike Waltz ha discusso con la sua controparte russa dell’ipotesi uscita dai colloqui in Arabia saudita. Il segretario di stato Rubio aveva preannunciato che un primo contatto sarebbe avvenuto dalla distanza, ribadendo che gli Usa sperano di avere una risposta positiva dal Cremlino e «sollecitano fermamente i russi a porre fine a tutte le ostilità». Rubio ha rispolverato un vecchio adagio che a un certo punto era stato pronunciato anche dall’allora capo di stato maggiore congiunto Mark Milley: «Non esiste una soluzione militare a questo conflitto».

PER DONALD TRUMP non ci sono dubbi: la tregua va accettata. Anche se persino il tycoon ha preferito rifugiarsi dietro un «no comment» alla domanda dei giornalisti che gli chiedevano che tipo di risposta si aspettasse da Mosca. «Abbiamo delle persone lì», ha dichiarato il presidente che, rispetto alla fiducia o meno nei confronti di Putin non si è sbilanciato: «Non ci abbiamo ancora parlato». In ogni caso, adattando il metodo del bastone e della carota che finora era stato riservato solo a Kiev, Trump ha chiarito: «Ci sono cose che si possono fare che non sarebbero piacevoli in senso finanziario, sarebbe molto male per la Russia. Ma non voglio farlo, perché voglio ottenere la pace». Ai microfoni della Bbc il capo di stato ha aggiunto che tali «questioni finanziarie» potrebbero rivelarsi «devastanti» per Mosca. Non poteva mancare la stoccata ai suoi predecessori: «Bush, Obama e Biden hanno rinunciato alla Georgia e alla Crimea», mentre al contrario lui «sta facendo di più».

LA RUSSIA si mostra cauta, non conferma e non smentisce l’imminente arrivo di Witkoff, non chiude le porte ad alcun contatto con gli Usa, ma prende tempo. Secondo la Tass il capo della Cia, John Ratcliffe, e quello dell’intelligence esterna russa (Svr), Serghei Naryshkin, hanno concordato al telefono di mantenere «contatti regolari» tra loro «allo scopo di contribuire a garantire la stabilità e la sicurezza internazionale, nonché a ridurre lo scontro nei rapporti tra Mosca e Washington». Ma, forse, la linea sui colloqui imminenti l’ha anticipata l’ambasciatore della Russia in Francia Alexey Meshkov: «Le condizioni russe per l’eventuale accettazione di un cessate il fuoco in Ucraina sono quelle del 2022, ovvero la non adesione dell’Ucraina alla Nato, il non dispiegamento delle truppe della Nato in Ucraina e nessuna esercitazione della Nato sul territorio ucraino».

A KIEV LO SANNO che quello della Nato sarà un punto dirimente e infatti ieri il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak ha dichiarato che «le garanzie di sicurezza sono importanti, non le discussioni sull’adesione alla Nato o meno». Dal canto suo Zelensky ha fatto sapere di aspettarsi «misure forti» da Washington se la Russia non dovesse accettare la tregua temporanea e che vuole che Trump capisca che c’è bisogno di un’alleanza con «l’Europa per costringere la Federazione russa a porre fine alla guerra». Il presidente è tornato sulle elezioni, secondo molti l’obolo che sarà richiesto da Putin per accettare una tregua permanente, e ha ribadito che si terranno solo «dopo la fine della guerra».

Intanto al fronte la situazione per i soldati di Kiev peggiora: la città di Sudzha, centro principale della parte del Kursk occupata dagli ucraini, sarebbe quasi caduta, tanto che i russi sono arrivati a issare la loro bandiera sull’edificio del comune. Il sintomo chiaro della sicurezza dei russi in questa fase è il fatto che il presidente Putin ieri si è recato in visita alle truppe impegnate nella controffensiva.
L’OBIETTIVO chiaro è quello di sottrarre a Kiev ogni possibile moneta di scambio territoriale ora che l’apertura dei negoziati sembra avvicinarsi sempre più rapidamente. L’unica buona notizia per gli ucraini, per ora almeno, è che le armi statunitensi hanno ripreso a transitare dalla Polonia e i satelliti Maxxar hanno ricominciato a condividere le informazioni con la loro intelligence.



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