Foreste vetuste in Italia e in Europa, scrigni di biodiversità per un futuro green

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Una biodiversità multilivello e geolocalizzata, quindi, e amplificata dal potere rigenerativo del legno morto. Gentili spiega infatti che “quando gli alberi vecchi muoiono e cadono, creano spazi aperti e radure lasciando spazio ad altri e, allo stesso tempo, diventano loro stessi habitat per altri organismi”. Tra le specie che si possono trovare nelle le foreste vetuste italiane, ci sono l’orchidea maculata (Dactylorhiza maculata subsp. fuchsii), l’elleboro (Helleborus niger) e l’anemone trifogliato (Anemonoides trifolia), per esempio, ma molte sorprese possono arrivare anche dal mondo dei funghi.

Ovunque ci siano rami vecchi e marcescenti, ne proliferano di ogni tipo e anche “a sorpresa”, come lo scorso novembre hanno ricordato a tutti le foreste vetuste lituane. Grandi o piccoli, commestibili o meno, sono elementi preziosi, perché scompongono la materia organica, chiudendo il ciclo metabolico ed entrano in simbiosi con le piante, aiutandole a nutrirsi.

Chi protegge le foreste, ne usa altre?

Ad insistere sull’importanza dei funghi sono soprattutto i ricercatori che ne hanno scoperte 9 nuove specie nella foresta lituana di Moniškis, a est del Paese, non lontano da Bielorussia e Lettonia. Nessuno è commestibile e nessuno era stato fino ad ora registrato in Lituania: “conservandoli nei nostri erbari, possiamo offrire conoscenza e condividerla con scienziati di altre aree” spiega Reda Iršėnaitė, ricercatore micologo presso il Nature Research Center di Vilnius, intervistato da News Portal Delfi.

Alcune specie sono note ma inaspettate, come il Xerocomus ripariellus, amante delle zone umide con salici e ontani, il Parasola leiocephala, noto per avere vita breve, e l’Homophron camptopodum, tipico abitante dei pioppi in decomposizione. Altre non sono ancora mai quasi studiate, tanto sono rare,  ma ciò che ha più sorpreso i ricercatori è stato il grande numero di specie molto diverse trovate in tempo breve e in pochi metri quadrati. Il team lituano ha infatti fatto leva su questa notizia per insistere sull’importanza delle foreste antiche e “la loro proprietà unica di preservare la biodiversità, mostrando come potrebbero essere le foreste lituane se non le avessimo sfruttate così intensamente”.

Oltre a quella di Moniškis, il Paese non ne ha conservate molte altre secondo Rimanté Paulauskaitė-Digaitienė, a capo della Ancient Woods Foundation, “ma ora si stanno facendo ampi sforzi per proteggere aree con elementi tipici primordiali, perché diventino intere foreste in futuro”.  Le riserve sembrerebbero l’unico mezzo per assicurarlo ma oggi proteggono solo poco più dell’1% della superficie forestale lituana, il resto è continuamente minacciato dallo stile e dalle modalità di gestione adottati a livello nazionale. Come spiegato da News Portal Delfi, infatti, per tradizione si tende a “trattare le foreste come campi di grano”, pretendendo siano sempre in ordine e ripulendole da alberi caduti e sterpaglie, entrambi ingredienti chiave delle foreste vetuste.

L’altro problema è rappresentato dalla selvicoltura tradizionalenon sempre adeguata ai cambiamenti climatici e alla conseguente perdita di biodiversità”. Mindaugas Lapelė, botanico e naturalista lituano, sottolinea infatti che “l’80% delle foreste lituane sono considerate agricole, quindi produttrici di legname: incassiamo i profitti di qualche milione di sedie in più vendute all’Europa occidentale e spendiamo i nostri soldi per la riforestazione. Ci manca il senso della misura”. In senso completamente opposto, ma manca anche all’Italia, per lo meno in termini forestali.

Lo fa notare lo stesso Motta: “i due Paesi sono agli antipodi. Fin dai tempi degli Etruschi abbiamo usato le foreste in modo estremamente intensivo, per poi smettere quasi totalmente di farlo – spiega-  La Lituania al contrario in passato le sfruttava poco, ma negli ultimi decenni ha spinto molto, soprattutto per motivi economici. Oggi è più facile trovare in Italia, piuttosto che in Lituania, delle foreste non usate da un secolo”.  Chi troppo, chi poco, ma, soprattutto, chi sta usando le foreste di chi?

Questo articolo è stato prodotto nell’ambito di PULSE, un’iniziativa europea che supporta le collaborazioni giornalistiche transnazionali



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