Meloni e il Pd? «Due facce di una stessa medaglia». L’astensione crescente tra gli italiani? «Una manna per le elitè». L’Italia? «Un Paese a sovranità limitata, genuflessa alle cancellerie europee e agli Stati Uniti».
Diretto, caustico e ironico come sempre, Marco Travaglio è pronto a tornare in Umbria con lo spettacolo ‘I migliori danni della nostra vita’, giunto alla sua terza stagione, in cartellone venerdì 17 gennaio alle 21 al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti di Spoleto.
Del monologo, in cui tira le somme degli ultimi cinque anni di storia italiana, il direttore del Il Fatto Quotidiano parla con umbriaOn, con cui condivide in un’intervista alcune inevitabili riflessioni, oltre che sulla situazione nazionale e internazionale, anche umbra.
A incidere sulla vittoria del centrosinistra alle elezioni regionali, dice, «è stata Stefania Proietti, una candidata innovativa e credibile» e non il campo largo. Quanto a Stefano Bandecchi è solo «un prodotto dei media» che «ricorda Vannacci».
Travaglio, partiamo dal titolo del suo spettacolo. Quali e quanti sono i ‘danni’ a cui gli italiani negli ultimi anni hanno dovuto assistere, o meglio subire?
«Nello spettacolo lo sguardo è rivolto in realtà più indietro degli ultimi cinque anni, verso la metà dei primi dieci anni del nuovo millennio, quando la gente ha cominciato a votare contro le élite, come forma di ribellione contro l’establishment, alla ricerca di un cambiamento. Ma sono più di quindici anni che quando sembra apparire qualcosa di nuovo, regolarmente gli italiani si ritrovano frustrati nelle loro aspettative. Chi quel cambiamento lo ha promesso, che si chiami Berlusconi, Renzi, Salvini o Meloni, non lo fa. Oppure viene buttato giù, vedi Conte, a colpi di palazzo che creano solo rassegnazione. Così, chi ad esempio votava M5s o esprimeva un voto di opinione, è stato indotto a non andare più a votare. Ma l’astensione è una manna per le élite, perché chi continua ad andare a votare lo fa per mantenere proprio le élite, i vecchi partiti. È così che stravincono il Pd e la Meloni, due facce di una stessa medaglia, che dalla guerra, all’austerità, all’Europa votano allo stesso modo. Pensiamo anche alle porcate fatte da Berlusconi: il centrosinistra non ha fatto nulla per smantellare le leggi vergogna, anzi. È come quando giochi alla roulette, puoi puntare sul rosso o sul nero, ma se il banco è truccato….».
Un j’accuse, il suo, rivolto alla politica e della finanza, ma anche all’informazione. In un momento, tra l’altro, in cui l’attuale governo Meloni sembra godere di crescenti consensi anche a livello internazionale.
«Soprattutto all’informazione. Durante lo spettacolo alle mie spalle appaiono poche foto e molti titoli. I grandi giornali sono il braccio armato delle lobby, per questo perdono copie e basta. Il ‘Conticidio’, d’altronde, è stato annunciato dai grandi giornali che incitavano a buttare giù Conte per la restaurazione, rappresentata dal governo Draghi. Quanto al governo attuale, è paradossale che la Meloni si professava sovranista e invece l’Italia sia sempre a sovranità limitata. Tutti elogiano la premier perché si è messa a cuccia davanti alle cancellerie europee e agli Stati Uniti, in questo caso non fa differenza se prima con Biden e poi con Trump, che sono come cane e gatto. Prima era considerata una fascista, ora tutti la idolatrano perché obbedisca. Ma fino a che sei dalla parte ‘giusta’ va tutto bene. Non sono contrario a elogiare Meloni quando fa cose buone, vedi il caso di Cecilia Sala. Almeno quella, fortunatamente, l’ha azzeccata. Però il clima ‘va tutto bene’ non trova rispondenza nei fatti: gli indicatori economici ci dicono che i salari sono sempre più bassi, mancano gli investimenti, l’occupazione è cresciuta solo grazie al rimbalzo del Superbonus, mentre crolla la produzione industriale e il pil resta piantato. Alla fine in default ci andremo noi da soli e non Putin, che invece è l’unico che cresce».
Venendo all’Umbria, dopo cinque anni di governo del centrodestra, il centrosinistra è riuscito a riprendersi la Regione. Segno che il ‘campo largo’ funziona? E dall’altra parte della coalizione, che ne pensa del sindaco di Terni, Stefano Bandecchi?
«In merito alle recenti elezioni, penso che a incidere sulla vittoria non sia stata la coalizione, anzi per me parlare di ‘campo largo’ porta anche sfiga. È stata semmai una candidata innovativa e credibile come Proietti, come già avvenuto con Todde in Sardegna. Se invece ti presenti con un vecchio uomo di partito, come Orlando in Liguria, non c’è nulla da fare. Conta molto il nome, la dinamica locale. Prevale il voto di opinione, in cui tutti i discorsi valgono. A livello nazionale invece è completamente diverso, ma si continua a confondere le dinamiche. Quanto a Bandecchi, mi ricorda il generale Roberto Vannacci (europarlamentare della Lega, ndr). È un prodotto dei media, che stanno dietro alle sue mattane. Ma la sua consistenza, il suo peso politico, alle regionali abbiamo visto quello che è. Bandecchi è furbo, ha capito che più spari grosso e più parlano di te. E infatti tutti i giorni cerca di fare qualcosa per finire in prima pagina».
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