Effettua la tua ricerca
More results...
Belgrado, Serbia, Durante uno sciopero generale 2025 (foto M. Moratti)
Qual è il ruolo del sindacato degli insegnanti e il ruolo dei docenti nelle attuali proteste studentesche? Perché sempre più persone diffidano del sindacato? A colloquio con Dušan Kokot presidente del Sindacato indipendente degli insegnanti della Serbia (NSPRS)
(Originariamente pubblicato da Radar , il 21 febbraio 2025)
Pur avendo, nell’ottobre 2024, deciso di protestare per il trattamento che da anni ormai lo stato riserva agli insegnanti, pochi mesi dopo, all’inizio del 2025, i sindacati rappresentativi del comparto istruzione si sono lasciati manipolare dall’élite al potere, revocando lo sciopero in cambio di concessioni a dir poco controverse.
Il Sindacato indipendente degli insegnanti della Serbia (NSPRS) è rimasto invece irremovibile nelle sue richieste, sostenendo che lo stato di salute del sistema educativo non migliorerà fino a quando la corruzione che dilaga nel paese non sarà sconfitta. Il NSPRS ha appoggiato la battaglia degli studenti per lo stato di diritto, proclamando uno sciopero a cui stanno aderendo sempre più scuole. Dušan Kokot, presidente del NSPRS, in questa intervista spiega i motivi e le sfide della lotta dei sindacati indipendenti.
Il primo quadrimestre si è concluso in anticipo per poter, come ha spiegato il governo, “tutelare la salute, la sicurezza e il benessere di tutti i partecipanti al processo educativo”. Poi dopo le feste di Capodanno e Natale le lezioni sono riprese normalmente. Cosa è stato fatto durante il periodo natalizio per garantire la sicurezza nelle scuole?
Non è stato fatto nulla. Il primo quadrimestre si sarebbe dovuto concludere con le verifiche di metà anno, che però non sono state effettuate per via della sospensione delle lezioni. Quindi, in molte scuole non solo non è ancora iniziato il secondo quadrimestre, ma non è nemmeno ufficialmente terminato il primo.
Nel frattempo, il governo non ha preso alcuna decisione per garantire la sicurezza nelle scuole. Se la nostra sicurezza è ancora minacciata è colpa del governo. Siamo vittime di pressioni quotidiane, accuse e attacchi da parte dell’intera gerarchia politica, dal presidente della Repubblica alla ministra dell’Istruzione. Prima ci hanno accusato di essere spie, poi di essere mercenari al soldo degli stranieri, per poi insistere sul discorso secondo cui tutti quei mercenari dovevano essere licenziati.
Ad un certo punto però è avvenuta una svolta importante: gli insegnanti hanno finalmente alzato la testa, dimostrando di saper mantenere la propria integrità. Non abbiamo ceduto alle minacce di licenziamenti o riduzione degli stipendi, abbiamo sopportato tutto con stoicismo inviando un chiaro messaggio al governo: “Voi fate il vostro lavoro, noi facciamo il nostro”.
Abbiamo ormai passato il Rubicone e – pur capendo che gli insegnanti vorrebbero tornare in classe e che si sentono anche personalmente responsabili della sospensione delle lezioni e delle conseguenze che questo comporta per gli studenti – è chiaro che non avrà senso partecipare a quello che viene definito “sistema scolastico” fino a quando non sarà costruita una società sorretta da alcuni principi fondamentali. Quindi, lo sciopero continua.
Cosa accadrebbe invece se gli insegnanti dovessero fare un passo indietro?
Se tutti indietreggiassimo, saremmo schiacciati come scarafaggi. Ormai non si torna più indietro, come accaduto nel 2023 con le proteste contro la violenza.
Dopo i fatti di “Ribnikar”, il NSPRS aveva chiesto le dimissioni di Branko Ružić, l’allora ministro dell’Istruzione. All’indomani della strage Ružić aveva dato la colpa alle serie tv americane e ai videogiochi, rassegnando le dimissioni solo cinque giorni più tardi quando ormai erano emerse l’inerzia delle autorità e le lacune del sistema. Avevamo insistito affinché il ministro si dimettesse anche per le numerose modifiche legislative che gli avevano permesso di ignorare completamente le consultazioni pubbliche [in materia di istruzione].
Successivamente, ci siamo dimostrati pronti a collaborare e cercare soluzioni con il nuovo ministro. Questa però non è più una strada percorribile. Non si può cercare una via d’uscita insieme all’attuale leadership al potere che è di fatto parte del problema. Non puoi creare una squadra di pompieri con un piromane.
Serve una svolta per poter anche solo parlare del futuro della scuola. Una svolta che vada oltre il ministero dell’Istruzione, perché l’attuale maggioranza, invece di dare la priorità al criterio di competenza, sceglie i quadri in base all’appartenenza a determinati partiti politici.
Non negozieremo con il governo finché non avverrà una svolta sociale. Ci hanno mentito tante volte, sembreremo degli idioti se ora affermassimo: “Va bene, forse non torneranno come prima”. Certo che lo faranno. Sono sempre loro, nulla è cambiato.
Gli insegnanti che protestano hanno avanzato diverse richieste che sono sostanzialmente legate alla lotta studentesca. Ritiene che queste richieste possano essere esaudite anche senza un cambio di potere?
Non credo sia un’ipotesi realistica. Se le istituzioni iniziassero a fare il loro lavoro, quasi tutti gli esponenti dell’attuale élite al potere finirebbero dietro le sbarre.
Recentemente è stato arrestato Milorad Grčić [membro del Partito progressista serbo ed ex direttore dell’Azienda elettrica della Serbia]. È vero che [durante le perquisizioni] sono state trovate ingenti somme di denaro e gioielli, però è un pesce piccolo. Qualcuno davvero pensa che i pesci più grossi siano più onesti?
Per cominciare basterebbe che le emittenti a copertura nazionale iniziassero a fornire informazioni oggettive perché in alcune aree del paese la popolazione è ancora all’oscuro di quanto sta accadendo. Sulla scorta delle pressioni dell’opinione pubblica, la Radiotelevisione della Serbia (RTS) ha iniziato a riportare qualche notizia sulle proteste, ma non basta.
Recentemente, mia madre, che vive in un villaggio nei pressi di Kikinda, mi ha chiesto quali fossero le richieste degli studenti. Lei sostiene gli studenti, ma semplicemente non dispone di informazioni sufficienti perché mancano i mezzi di informazione indipendenti.
Un’analisi condotta dall’organizzazione CRTA ha dimostrato che tantissimi cittadini serbi sono venuti a conoscenza delle attività e delle proteste studentesche attraverso una comunicazione informale. Ora gli studenti in cammino vengono ovunque accolti come liberatori, come il re Petar nel 1918, con fiori, cibo, gioia… Una sensazione di libertà, siamo finalmente tornati a respirare.
Il governo ignora questa dinamica ed evidentemente non vuole capire che la logica di pressioni e divisioni è stata sconfitta. La leadership politica dovrebbe affrontare i problemi e cercare di trovare qualche soluzione. Invece il presidente della Repubblica afferma: “Sto scrivendo un libro scolastico su come ho schiacciato una rivoluzione”. Lui ha vinto! Quindi non abbiamo più nulla di cui parlare, noi abbiamo perso, e ora Vučić spiegherà a tutti i dittatori del mondo come dovrebbero agire. Questa strategia gli si ritorcerà contro. Resta solo da vedere quando e con quali conseguenze per tutti noi.
Come potrebbero queste dinamiche incidere sulla scuola?
A breve forse saremo costretti ad affrontare l’ipotesi di una chiusura anticipata dell’anno scolastico, perché sarà superata la linea rossa e non si potrà più fare un passo indietro. L’esame di maturità potrà essere organizzato a giugno solo se tutti gli studenti avranno più o meno la stessa possibilità di prepararsi.
Il primo quadrimestre si è concluso una settimana prima del previsto per volere del governo, e la sospensione delle lezioni si protrae ormai da mesi… Se non riuscissimo a recuperare, la soluzione più giusta sarebbe interrompere l’anno scolastico, tenere conto dei voti precedenti, saltare la maturità e gli esami di ammissione e iniziare il prossimo anno scolastico con nuovi piani. Serve però una seria revisione del programma e c’è ancora molto lavoro da fare.
Così torniamo alla domanda sulla possibilità di innescare una svolta senza un cambio di governo. Sono trascorsi due anni da quando i presidi di otto facoltà hanno denunciato la grave carenza di personale scolastico, proponendo anche una soluzione…
E nel frattempo il ministero non ha fatto assolutamente nulla. Invece di affrontare la carenza di docenti, hanno proposto una nuova legge sull’istruzione superiore. Quindi, anziché cercare di migliorare la scuola pubblica e garantire a tutti l’accesso all’istruzione, lo stato ha intrapreso una strada diametralmente opposta, quella della privatizzazione del sistema educativo. Da cittadino, lo ritengo assolutamente inaccettabile.
Va ricordato che sette anni fa Mladen Šarčević, proprietario di una scuola privata, era stato nominato ministro dell’Istruzione. È assurdo aspettarsi che una persona come Šarčević risolva i problemi dell’istruzione pubblica, a svantaggio dei propri affari.
La leadership politica ha una chiara agenda e non ha alcuna intenzione di rinunciare. Se resterà al potere, a breve rilancerà la proposta di privatizzare l’istruzione.
Il giorno dopo che il NSPRS ha proclamato lo sciopero generale, Vučić ha annunciato “migliaia di denunce da parte dei genitori contro le scuole”, mentre la ministra dell’Istruzione ha chiesto all’ispettorato di effettuare alcune misure che potrebbero portare al licenziamento degli insegnanti in sciopero. Lei come commenta questa situazione?
È la solita retorica del potere, fatta di pressioni, minacce e ricatti. La leadership politica non cerca mai di comprendere le ragioni di malcontento popolare, evita di affrontare i problemi e continua a reprimere ogni voce critica.
Guardate gli insegnati che da anni ormai vengono schiacciati umiliati, ingannati… e sono sempre rimasti in silenzio. Però di fronte alle minacce di licenziamento, hanno finalmente alzato la voce. Vučić afferma che non riceveremo stipendi. Ma come può decidere lui chi riceverà lo stipendio e chi no?
Credo che oggi più che mai emerga l’importanza dei docenti che insegnano ai ragazzi i valori su cui dovrebbe poggiare ogni società, come la responsabilità e l’integrità morale. Se mancano questi valori, ogni altra legge è inutile.
Qui sorge spontanea la domanda sull’impegno di altri lavoratori. I sindacati rappresentativi del comparto istruzione hanno revocato lo sciopero motivando tale decisione con la mancanza del sostegno di altri sindacati…
Questa è una fallacia logica. Prima devi alzare la voce e combattere, poi eventualmente puoi aspettarti di ricevere sostegno e aiuto. I primi ad appoggiare gli studenti devono essere i docenti. Se noi, che siamo direttamente legati a questi ragazzi, non siamo i primi a mobilitarci per sostenerli, come possiamo pretendere qualsiasi forma di solidarietà.
In passato gli insegnanti hanno raramente appoggiato altri lavoratori e noi vogliamo cambiare questa dinamica. Dobbiamo creare legami con tutti i cittadini che in qualche modo sono vittime, è così che si costruisce una società. Per questo è importante che i docenti sostengano gli studenti e le loro richieste per costruire una società democratica. Solo dopo aver deciso di alzare la voce e di combattere in prima linea, un docente ha il diritto di chiedere: “Dove sono gli altri?”.
Da anni viene alimentato un atteggiamento negativo nei confronti della politica, in particolare nei confronti dei partiti politici, e gli effetti di questa tendenza si ripercuotono anche sull’attuale movimento studentesco. Secondo lei, la delusione nei confronti dei sindacati rappresentativi del comparto istruzione, culminata nella firma di un contratto collettivo discriminatorio, rischia di screditare anche l’idea di sindacalismo?
Il sindacalismo è stato screditato ormai da tempo, e giustamente. Dove sono in questi giorni i due principali sindacati serbi, l’Unione dei sindacati indipendenti della Serbia e l’UGS Nezavisnost? Dragoslav Ljubičić del sindacato Nezavisnost è stato licenziato dall’EPS. La direzione del sindacato ha forse reagito? Ha proclamato uno sciopero?
Non c’è da stupirsi che i cittadini abbiano perso la fiducia nei sindacati. Se all’inizio di ogni anno scolastico i sindacati del comparto istruzione decidono di scioperare, significa che tutti gli scioperi precedenti si sono rivelati vani e che serve un nuovo approccio per evitare che i fallimenti diventino una costante.
In questi giorni assistiamo alla creazione di associazioni e reti di scuole che sostengono di non essere legate a nessun sindacato. In realtà molte di queste scuole aderiscono al nostro sindacato. Stiamo attraversando un periodo di transizione e, indipendentemente dai potenziali cambiamenti tettonici, i sindacati dovranno rinascere, così come dovranno rinascere i partiti politici. Non possiamo pensare ad un sistema completamente estraneo alle istituzioni, ad una vita politica che non coinvolga i partiti politici, o alla tutela dei diritti dei lavoratori senza un coinvolgimento dei sindacati. Si tratta di meccanismi riconosciuti da leggi e convenzioni internazionali in tutto il mondo civilizzato.
Dopo queste proteste sicuramente nasceranno nuovi sindacati, ci sono già alcuni segnali in tale direzione. Ora però è importante rimanere uniti, indipendentemente dall’appartenenza a sindacati e associazioni informali. Noi siamo pronti a fornire a tutti assistenza legale e ogni altro aiuto.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link